Ci sono volte in cui si rimane colpiti, estasiati ed increduli di fronte a ciò che l’ingegno umano ha reso possibile.

Qualche tempo fa sono stato vittima di uno di questi momenti, quando mi sono imbattuto in quello che ritengo essere uno dei progetti più affascinanti ed ambiziosi di tutta la storia dell’aviazione: lo sviluppo del mitico SR-71 “Blackbird”.

Uno dei progetti più affascinanti ed ambiziosi di tutta la storia dell’aviazione.

Credo che ognuno di noi abbia sentito parlare almeno una volta di questo super-velivolo, nato in un’epoca in cui l’ingegneria era ancora dominata da penna, riga e carta millimetrata e che ancora oggi è un mito ed una leggenda per una nutrita schiera di addetti ai lavori, appassionati e curiosi.

Vagando alla ricerca di informazioni sul titanio e le sue leghe mi sono imbattuto in un paper, pubblicato da mamma Nasa, riguardante le origini e lo sviluppo del Blackbird.

Da lì al passare ore ed ore nell’internetto alla spasmodica ricerca di altre curiosità il passo è stato fin troppo breve.

Sono rimasto talmente impressionato dalla storia e dalla tecnica che riguardano questo progetto che mi son deciso a provare a condividere qui con voi, dal basso della mia ignoranza, ciò che ho scoperto.

L’idea è quella di proporvi una serie di articoli che raccolgano un po’ di informazioni e curiosità sui Blackbird, la loro storia, i loro record, i loro creatori e piloti.

Per cominciare vorrei prenderla un po’ alla larga e andarvi a raccontare le ormai lontane origini del progetto che ha portato alla realizzazione del jet più veloce di sempre…

Fasten your seat belt…

 

 

 

Hot ‘n Cold War

Siamo nella prima metà degli anni ’50, i rapporti fra Stati Uniti e Unione Sovietica non sono proprio dei migliori e la tensione fra le due superpotenze va crescendo di anno in anno.

cold war bomb shelter 2

Entrambi i governi vivono nella costante paranoia di una escalation nucleare e la priorità, sia dal punto di vista bellico che industriale, sembra essere quella di essere sempre un passo avanti al rivale.

Alla spasmodica ricerca di informazioni tattiche.

Da parte americana (ci concentriamo su di loro, poichè è lo Zio Sam a farla da padrone in questa storia) questa necessità si riflette nella spasmodica ricerca di informazioni tattiche come la posizione dei siti produttivi e missilistici dei suoi avversari.

E all’epoca, così come oggi, non esiste metodo migliore per procurarsi tali informazioni se non sorvolare le zone limitrofe al territorio “nemico”, o addirittura oltrepassarne i confini, con un mezzo da ricognizione.

Ovviamente un velivolo in grado di ricoprire un simile ruolo deve essere necessariamente non rintracciabile o intercettabile da contraerea o caccia nemici.

A riguardo Le stime di molti degli addetti ai lavori convergono su un singolo requisito fondamentale, ovvero l’altitudine operativa almeno superiore ai 18 km, quota che nessun caccia dell’epoca è in grado di raggiungere e che garantisce, almeno per qualche anno, invisibilità ai radar.

 C’è bisogno di una nuova piattaforma aerea da ricognizione

Ma con questo obiettivo in mente sia l’USAF che la CIA guardano nei propri hangar e, non trovando nessun velivolo adatto, si rendono conto di aver bisogno di una nuova piattaforma aerea da ricognizione.

Dopo aver vagliato varie alternative, vanno a bussare alla porta di una loro vecchia conoscenza, l’ormai famosa Lockheed Corporation (dal ’95 diventerà “Lockheed Martin”).

 

 

 

Lockheed in pillole

Fra i vari dipartimenti della Lockheed ne esiste uno in particolare dedicato alla progettazione di veicoli militari per così dire “estremi”, ovvero che necessitano di un grado di innovazione e segretezza unico.

Lockheed’s Advanced Development Project Division.

Tale dipartimento delle “missioni impossibili” prende il nome di Lockheed’s Advanced Development Project Division, con sede a Palmdale, CA.

Forse qualcuno di voi lo avrò sentito nominare con l’altro suo nome ufficiale di “Skunk Works”, nome che deriva dalla storia particolare che vi racconterò fra poco.

Skunk Works
Ingegneri e tecnici coordinati da un’elite di poche persone.

Tale “dipartimento” è in realtà costituito da numerosi ingegneri e tecnici coordinati da un’elite di poche persone, le uniche realmente al corrente dei veri obiettivi di ciascun progetto e le vere responsabili del processo di design e progettazione.

All’interno di questo gruppo elitario esistono delle regole rigide su come lavorare ed interfacciarsi gli uni con gli altri e soprattutto con il committente, essenzialmente basate sulla trasparenza delle comunicazioni e sulla semplicità dei report tecnici.

 

Clarence_Kelly_Johnson_1Alla guida degli Skunk Works fin dalla loro fondazione (avvenuta nel 1938) troviamo uno dei progettisti forse più brillanti di sempre, tale Clarence L. “Kelly” Johnson, la mente dietro ai progetti di gran parte dei velivoli di punta dell’aviazione statunitense di quegli anni, nonché creatore delle regole citate e dell’intero “modus operandi” del gruppo.

Per avere un’idea delle capacità del team e di quanto il tipico lavoro di squadra potesse essere effettivo, si pensi che gli Skunk Works sono stati gli artefici del primo caccia a reazione americano P-80 Shooting Star, progettato, realizzato e consegnato in soli 143 giorni nel 1943.

 

 

 

L’origine degli “Skunk Works”

L’origine del soprannome del gruppo è parecchio curiosa e merita due righe di approfondimento.

Come prima cosa bisogna sapere che negli anni ’40 e ’50 era estremamente popolare negli Stati Uniti la comic strip Li’l Abner, opera del fumettista Al Capp, nella quale compariva un’industria abbandonata denominata “Skonk Works“.

SkonkWorks-1

Per ragioni non meglio chiarite, secondo il fumetto in questa fabbrica venivano prodotti barili e barili di “skonk oil“, ottenuto dalla lavorazione di un’improbabile miscela di puzzole triturate (in inglese “puzzola” è “skunk” da cui tutto prende il nome) e scarpe vecchie.

Immaginate anche che ai tempi dei primi progetti della divisione Lockheed la sede sorgeva nei pressi di un’industria che trattava materie plastiche, dalla quale fuoriuscivano fumi maleodoranti.

Addirittura un dipendente si era presentato una mattina con una maschera antigas.

Secondo i racconti di gran parte del personale la cosa era talmente fastidiosa che in molti nell’azienda avevano cominciato a lamentarsi e ad abbinare scherzosamente le loro condizioni di lavoro al nome della fabbrica della comic strip.

Addirittura un dipendente si era presentato una mattina con una maschera antigas.

Ma la chicca migliore doveva ancora arrivare.

Durante lo sviluppo del P-80 ciascun membro del personale era tenuto alla massima segretezza anche nelle conversazioni telefoniche, avendo l’obbligo di non nominare mai direttamente il progetto o le persone in esso coinvolte.

Un giorno una chiamata proveniente dal Dipartimento della Marina, che voleva prendere contatto con i vertici Lockheed riguardo allo stato del progetto, venne passata accidentalmente ad uno degli ingegneri “minori”, tale Irv Culver.

Abituato alle ordinarie chiamate fra colleghi Culver rispose alla sua solita maniera, ovvero:

Skonk Works, inside man Culver“.

skunk worksInutile dire che dall’altro capo rimasero piuttosto perplessi.

In un’intervista lo stesso Culver ricorda che una volta venuto al corrente della cosa il direttore Kelly Johnson era andato su tutte le furie licenziandolo, cosa che però “era solito fare almeno due volte al giorno”…

Da allora il termine è entrato definitivamente nel gergo aziendale ed è stato addirittura adottato come nome ufficiale e marchio registrato, modificandolo in “Skunk Works” per ragioni legali, in gran parte del mondo.

 

 

 

 

Il Progetto Acquatone

Ma torniamo alla nostra storia. Il team d’eccellenza dal nome curioso viene incaricato dai vertici della difesa di realizzare un mezzo adatto alla ricognizione in alta quota.

u-2-1linedoc

Johnson e colleghi dopo un periodo di “gestazione” piuttosto tribolato arrivano a creare uno degli aerei più versatili del dopoguerra, mezzo che verrà impiegato in una miriade di teatri d’operazione e che rimane ancora oggi attivo, utilizzato ad esempio nell’invasione di Iraq e Afghanistan.

Si tratta dell’U-2, un ricognitore monoposto e monomotore capace di volare a circa 21 km d’altezza, con una bassa velocità e caratterizzato da una scarsa manovrabilità dovuta alla progettazione al limite.

lockheed-u2-pilots-in-full-pressure-suits

Nel 1955 nella base di Groom Lake nel Nevada (ebbene sì stiamo parlando della famosa Area 51) vengono assemblati e testati i primi prototipi di U-2.

 

 

Le note dolenti

Il neonato U-2 si rivela essere una piattaforma aerea estremamente valida in missioni ordinarie, ma i vertici dell’ intelligence cominciano da subito a dubitare delle sue potenzialità nelle zone più “calde”.

Per ironia del destino, proprio nei primi anni di vita operativa dell’U-2, uno studio commissionato dalla CIA mette in evidenza risultati non troppo incoraggianti, andando a delineare quelle che sono le tre caratteristiche fondamentali per un aereo spia virtualmente invulnerabile:

  • Velocità elevata – capacità di sostenere un volo di crociera in regime abbondantemente supersonico.
  • Altitudine elevata – almeno pari a 20 km
  • Impronta radar ridotta – (d’ora in poi chiamata con il suo acronimo inglese di RCS) ovvero ciò che di più vicino si può ottenere alla completa invisibilità ai radar.
herTj

Come ci si aspettava il caro U-2, nonostante il nome attira-artisti, vola sì parecchio alto (supera i 20 km), ma non è proprio un fulmine e non è progettato per eludere i radar di nuova generazione, come imparerà a sue spese Francis Gary Powers a seguito della famosa “crisi degli U-2” del maggio 1960.

Alla luce di ciò i vertici della Difesa decidono che, parallelamente alla flotta di U-2 da usare nei compiti di “routine”, farebbe estremamente comodo disporre di un aereo spia molto più performante e sicuro, da utilizzare nelle missioni più critiche.

 

 

 

La genesi di un mito

In preda alla paura di poter essere surclassati sul piano tecnologico dal “nemico” i vertici militari bandiscono quindi una gara fra le aziende leader nel settore e, a parte un progetto interno dell’esercito subito scartato, due sono i concorrenti principali: Convair e Lockheed.

 

 

Una piccola premessa

Per comprendere meglio il susseguirsi dei progetti e l’obiettivo che ci si pone, è necessario fare un’introduzione sui tipi di motori di cui si parlerà più avanti.

Non sono un esperto in materia e non è necessario scendere nei dettagli, ma per non perdersi fra sigle e nomi strani facciamo una prima distinzione fra:

  • motori turbojet – fra i motori più “anziani”, nei quali si comprime l’aria in ingresso tramite un compressore (you don’t say?) e la si indirizza in una camera nella quale viene aggiunto del combustibile che, bruciando, permette di espellere un getto d’aria di velocità maggiore rispetto a quella in entrata.
  • motori ramjet – essenzialmente un motore turbojet privato del compressore, in cui l’aria viene compressa grazie alla sola velocità del veicolo sul quale è montato.
Un motore turbojet è più pesante e complesso rispetto ad un ramjet, ma può operare anche da fermo.

Come avrete già capito un motore turbojet è più pesante e complesso rispetto ad un ramjet, ma può operare anche da fermo.

Un motore ramjet d’altraparte può raggiungere velocità superiori dato che non ha organi in rotazione al suo interno, ma richiede che il mezzo sul quale è montato abbia raggiunto in qualche modo una velocità elevata (generalmente superiore a Mach 2) per poter funzionare.

Come vedremo, farà la sua comparsa anche una versione ibrida dei due motori precedenti, detta turboramjet, che ne combina le caratteristiche, e di cui avremo modo di parlare.

 

 

 

Convair: il progetto Fish

La proposta Convair ed è piuttosto impressionante. Si tratta di un velivolo dotato di due ramjet e interamente rivestito da PyroCream, un ceramico con espansione termica praticamente nulla.

Fish (1958)

Il mezzo però, data la natura dei suoi propulsori, andrebbe portato in quota agganciato ad un ben più tradizionale B-58, accelerato fino a circa Mach 2 e poi sganciato per la seconda parte della missione, nella quale avrebbe poi raggiunto Mach 4.

Nelle fasi finali del volo il pilota avrebbe dovuto “estrarre” dalla fusoliera due motori classici turbojet GE J85 per poter manovrare alle basse velocità.

Gli ingegneri Convair si rendono conto che il progetto è un tantino esagerato come costi, logistica e realizzazione.

Come avrete capito, gli ingegneri Convair si rendono conto che il progetto è un tantino esagerato come costi, logistica e realizzazione e provano a realizzarne una versione meno avveniristica, adoperando due soli motori turbojet P&W J58 e ribattezzandolo KINGFISH.

Il nuovo velivolo, almeno secondo i calcoli dei progettisti, sembra poter abbinare una velocità di punta di Mach 3.25 ad un’altitudine massima di 36 km, mantenendo una RCS ridotta.

 

 

 

 

Lockheed: il progetto Archangel

Mentre gli ingegneri Convair si stanno concentrando su un solo tipo di design, cercando di raffinarlo man mano, in Lockheed si respira un’aria decisamente diversa.

Kelly Johnson comincia a lavorare a un grande numero di progetti.

Difatti, dopo un iniziale progetto, subito accantonato, di un velivolo a propulsione a idrogeno (CL-400 “Suntan”, che pone involontariamente le basi della tecnologia dei moderni razzi vettori per lo spazio), il direttore Kelly Johnson comincia a lavorare a una serie di prototipi, dal nome in codice Archangel, che vedono la luce fra il 1958 e il 1959.

 

Fun Fact: il nome deriva dal fatto che il nuovo velivolo doveva volare più alto e più veloce dell’ U-2, identificato allora fra gli addetti ai lavori con il nickname di “Angel”.

 

Questi modelli, anche se raggruppati in un’unica famiglia, presentano quasi tutti delle grosse differenze di progetto gli uni dagli altri, nella spasmodica ricerca di combinare tutti i requisiti richiesti.

Vediamoli in una rapida carrellata:

  • A-1:  Primo prototipo dalla forma di un convenzionale caccia, spinto da due motori turbojet J58.
  • A-2:  Seconda serie di prototipi, caratterizzati da quattro motori, due J58 vicino alla fusoliera e due ramjet addizionali sulla punta delle ali per le velocità superiori.
  • A-3: Una versione ridotta dell’ A-2, per cercare di avvicinarsi ai requisiti di peso e RCS.
  • A-4:  Prototipo a tre motori, due ramjet esterni ed un unico J58 centrale.
  • A-5:  Uno dei più complessi. Prevede l’utilizzo di due JT-12 turbojet per le manovre a basse velocità, un enorme ramjet centrale con presa d’aria ventrale, abbinato ad un razzo tradizionale a propellente liquido. Eccessivamente complesso.
  • A-6:  Prototipo dalla forma triangolare con stabilizzatori laterali, spinto da tre motori, due ramjet inseriti nella fusoliera ed un singolo J58 centrale.
  • A-7:  Una sorta di ritorno alle origini verso l’ A-1, con dimensioni minori, un singolo J58 nella fusoliera e due ramjet sulle ali.
  • A-8/A-9: Variazioni sullo stesso modello.

 

Archangel Story

 

Più ci si spinge in una direzione, più ci si allontana dall’altro obiettivo.

Nonostante gli sforzi profusi dai ragazzi degli Skunk Works, anche con la nona incarnazione degli arcangeli non si è ancora riusciti a conciliare le performance in esercizio con i requisiti di ridotta RCS e anzi, più ci si spinge in una direzione, più ci si allontana dall’altro obiettivo.

Ed è proprio in questa situazione di stallo che emerge l’autorità e il “fiuto” di un progettista fuori dal comune come Johnson, che si assume la responsabilità di modificare i requisiti di progetto. Difatti, rendendosi conto che con la tecnologia di allora era praticamente impossibilie conciliare RCS con il resto, decide di concentrarsi esclusivamente sulle performance di velocità ed altitudine.

Con questa semplificazione in mente il team si rimette al lavoro ripartendo quasi da zero e sforna gli ultimi due prototipi, in una corsa contro il tempo con la scadenza del bando.

  • A-10: Prototipo dal nuovo design, con una fusoliera molto lunga cilindrica “schiacciata” alle due estremità, ali a delta e timone convenzionale. Spinto da due turbojet GE J93-3.
  • A-11:  Versione raffinata dell’ A-10, con fusoliera allungata ulteriormente ed al posto dei J93 due ormai classici J58.
Archangel story 10-11

E con questi ultimi due bozzetti che vanno ad aggiungersi ai precedenti nove si completa il fascicolo che Lockheed andrà a presentare alla commissione congiunta di USAF e CIA.

 

 

 

 

Conclusione?

Tutti, compresi i vertici aziendali Lockheed, sono convinti che il progetto con più possibilità di trasformarsi in realtà sia il prototipo Kingfish di Convair, ma l’inesauribile Johnson ha in serbo ancora un asso nella manica da giocare…

Sappiamo tutti che alla fine chi la spunterà sarà proprio il progetto Archangel… Ma il come lo andremo a scoprire nella prossima puntata!

Stay tuned!

 

 

Note e fonti

Una piccola precisazione. La gestazione di questo e dei prossimi articoli è stata un po’ tribolata dato che le fonti a riguardo non sono numerose e soprattutto non sono organizzate.

Esistono una miriade di documenti e testimonianze di addetti ai lavori sparpagliate per internet ed anche la stessa Wikipedia è lacunosa su molti punti (e comprensibilmente gran parte del materiale è il lingua inglese).

Ho cercato di fare del mio meglio per dare un ordine a ciò che ho trovato e spero di non aver commesso errori, non sono un esperto in materia, ma un semplice appassionato.