Il Giappone è un grande paese. Lo scorso settembre ho avuto la fortuna di visitarlo per due settimane, rimanendo affascinato dalla loro cultura, dalla loro storia e dal loro vivere quotidiano. Nei miei approfondimenti post-vacanza mi sono imbattuto in un aspetto più celato, forse anche volutamente, quello del misterioso popolo degli Ainu.
Chi sono? Da dove vengono?
Possono essere considerati a tutti gli effetti una popolazione differente sia rispetto ai giapponesi, che ai vicini Russi.
Gli Ainu (アイヌ) sono un gruppo etnico isolato che abita nel nord dell’isola di Hokkaidō e, in parte, sull’isola di Sakhalin, situata nella parte più ad est della Russia. Possono essere considerati a tutti gli effetti una popolazione differente sia rispetto ai giapponesi, che ai vicini Russi. Questo non solo dal punto di vista delle origini, ma anche della fisionomia: rispetto allo “standard” nipponico essi sono mediamente più bassi, con arti più corti, di costituzione più robusta e con pelle più chiara.
Un altro punto che li distingue è quello linguistico. In quanto sempre in minoranza, non esiste una lingua ufficiale Ainu, ma una serie di dialetti incrociati ora con le parlate regionali giapponesi, ora con quelle proprie dell’estremo oriente della Russia continentale, tutti quanti con una radice comune della quale si ignora l’origine, tanto che la “lingua Ainu” (termine con cui si identifica, appunto, questa radice) viene dai più considerata una lingua isolata. La tradizione di tramandarla oralmente, essendo assente un sistema proprio di scrittura della stessa, ha portato a traslitterla principalmente in katakana o in cirillico e, raramente, in alfabeto latino.
La loro origine non è ancora del tutto chiara alla scienza e si perde nei meandri del mito e delle leggende
Ainu significa umani. La loro origine non è ancora del tutto chiara alla scienza e si perde nei meandri del mito e delle leggende (per i quali si fa riferimento ad alcuni testi propri dello shintoismo, ovvero il Kojiki ed il Nihonshoki, spesso erroneamente considerati come i testi sacri di tale religione [tnx @Clarissacap]). Una teoria molto condivisa li vede come antiche popolazioni venute dalla Siberia (il famoso Kamtchatka del Risiko), mischiatesi poi con i cacciatori e agricoltori locali. Recenti studi, invece, dimostrerebbero che, probabilmente, è proprio negli Ainu che si dovrebbe cercare la fisionomia del giapponese “originale” (inteso come abitante dell’isola del Giappone, ovviamente), e che i tratti attuali deriverebbero da un’ondata migratoria dalla Corea avvenuta a partire dal quarto secolo. (anche per questo grazie @Clarissacap).
Quel che è certo è che la loro presenza nel nord del Giappone ha radici antichissime, a dimostrazione dei molti nomi di luoghi che ancora conservano la dicitura in lingua Ainu, pur essendo scritti con Kanji che ne ricalcano solo il suono e non il significato (esempio illustre: il monte Fuji).
Come vivono?
Gli Ainu sono sostanzialmente un popolo di pescatori e cacciatori
Gli Ainu sono sostanzialmente un popolo di pescatori e cacciatori, con una particolare propensione alla caccia all’orso, considerata un vera e propria forma di sport, con tanto di cani addestrati a stanare il povero animale in letargo. Vivono in case dal grosso tetto in paglia in una società a struttura tipica delle tribù, seguendo una religione di tipo animista che vede in tutto la presenza di un kamuy (spirito). In una struttura di questo tipo la personalità più importante del villaggio è ovviamente lo sciamano, guida della comunità e unico autorizzato a comunicare con gli spiriti, interpretandone i messaggi.
Una difficile convivenza
Le necessità della popolazione giapponese, in costante crescita, soprattutto a partire dal 1400, li spinsero sempre più verso nord, occupandone i territori e riducendoli ad uno stato di semi-schiavitù.
Gli Ainu, come molte minoranze, non fanno eccezione per quanto riguarda il difficile rapporto con la “madrepatria”. Le necessità della popolazione giapponese, in costante crescita, soprattutto a partire dal 1400, li spinsero sempre più verso nord, occupandone i territori e riducendoli ad uno stato di semi-schiavitù, in quanto considerati “essere inferiori”, un po’ come è successo dall’altra parte del pacifico ai nativi americani.
Da quel momento in poi glI Ainu subirono costanti oppressioni e discriminazioni da parte dei loro “cugini”, che li usavano anche come materia di studio per i loro interessi.
A questo proposito, per sottolineare la reputazione di cui godevano gli Ainu agli occhi dei nipponici, si ricorda un episodio conseguente all’occupazione di Taiwan da parte del Giappone (1895): chiaramente i giapponesi non supponevano che i locali accettassero pacificamente l’occupazione e guardavano con attenzione a possibili ribellioni.
Vista la prevalenza tra i Taiwanesi di gruppi sanguigni 0, tipologia scarsamente presente tra i “sottomessi” Ainu, e la credenza che il tipo di sangue determinasse anche il carattere di una popolazione, si pensò che i Taiwanesi dovessero essere forzati a sposarsi con donne giapponesi, riducendo il “pericoloso” gruppo 0; ciò avrebbe “senza ombra di dubbio” limitato lo spirito ribelle.
Il governo provò a dare qualche segnale di apertura nei loro confronti con il periodo di restaurazione Meiji (fine 1800), quando venne approvato un atto di protezione della comunità (l’Atto di Protezione Aborigena dell’Hokkaido – 1899), il quale però di fatto aumentò le discriminazioni ufficializzando una distinzione etnica che li definiva come “aborigeni”.
Il vero riconoscimento da parte della madrepatria si ebbe solo nel 1991, con l’avvio dell’iter che portò, nel 1997, con la “Culture Promotion Law”, nel quale si riconosceva agli Ainu il diritto a mantenere le proprie credenze e le proprie tradizioni.
Gli Ainu oggi
A 16 anni dalla Culture Promotion Law sopravvivono ben poche comunità Ainu che vivano secondo le tradizioni
La popolazione Ainu si concentra principalmente in piccoli centri dell’Hokkaido e mentre ormai circa 150.000 i “purosangue” rimasti, non sono più presente madrelingua Ainu, il cui ultimo rappresentante si è spento circa vent’anni fa. Quest’ultimo aspetto deriva dal fatto che molti Ainu, per evitare potenziali discriminazioni, hanno cercato di integrarsi il più possibile con i giapponesi, assimilandone usi e costumi.
A 16 anni dalla Culture Promotion Law sopravvivono ben poche comunità Ainu che vivano secondo le tradizioni e, per lo più, in centri per turisti appositamente creati. Sono molti, tuttavia, gli sforzi del governo giapponese (nel quale sono presenti anche delle rappresentanze Ainu) per conservare e ripristinare lingua e cultura.
Fonti e approfondimenti: