Prometheus è il prequel di Alien? Non ancora!
Prometheus è l’ennesimo film di fantascienza? No, assolutamente!
Prometheus è un capolavoro? Parliamone!
Prometheus è un bel film? Sicuramente!
E allora cos’è Prometheus?
E’ dal mio rientro da Londra, splendida città che ancora una volta mi ha permesso di vedere in anticipo ciò che a noi italiani verrà riservato solo a fine ottobre (sebbene i rumors parlino di un anticipo al 14 settembre), che mi pongo questi interrogativi.
Come al solito siamo alla fine della catena cinematografica di tutto il mondo, e allora è più che corretto domandarsi perchè si sia voluto lasciare così tanto tempo tra l’uscita in anteprima del film e la proiezione nel Bel Paese.
Forse le major hanno temuto che questo polpettone fantafilosoficoreligioso potesse essere surclassato dagli europei di calcio o dai supereroi che affollano le sale cinematografiche quest’estate, per potersi meritare una visione contemporanea ai Paesi ove è già stato proiettato.
Ma tralasciamo queste inutili e ahimé sterili polemiche per parlare del film.
Prometheus è il prequel di Alien?
Non ancora!
Secondo il mio personale parere non si può dare una risposta completa a questa domanda.
Già dalla prima inquadratura ritroviamo le atmosfere fosche e inquietanti che avevamo visto sull’LV-426, il pianeta dove l’equipaggio dell’astronave Nostromo attracca finendo col subire l’nfestazione del più celebre dei parassiti! Questo di per se anticipa allo spettatore lo stretto nesso stilistico tra le due pellicole.
C’è molto Alien anche negli interni della nuova astronave, che tradiscono gli oltre trent’anni di differenza rispetto al primo film mostrando una tecnologia indubbiamente più evoluta (sebbene sia ambientato a distanza di poco tempo) giustificata dal fatto che si è su una nave di ricerca mentre la prima era una nave cargo e quindi il paragone è tra una mercedes superaccessoriata e una renault kangoo adibita a furgonato!
In Promethes c’è molto Alien perchè c’è molto Scott, ciò significa che siamo di fronte ad una pellicola sci-fi vecchio stile, con scenografie vere, ben costruite, davanti alle quali si muovono attori illuminati da luci dirette il tutto filmato in un 3d utlilizzato non per stupire ma per dare maggiore profondità alla scena (ma di questo parlerò dopo).
Nonostante queste affinità sarebbe sciocco parlare di prequel ancorpiù se consideriamo che con molta probabilità siamo di fronte ad un primo capitolo che per il momento non fa altro che innestare un’autonoma storia all’interno di quella realtà che è già stata protagonista dell’universo di Alien accennando solo in minima parte alla presenza del parassita.
Prometheus è l’ennesimo film di fantascienza?
No assolutamente.
Probabilmente il mercato odierno non è più abituato a riflessioni profonde sull’esistenza e ed è questa la pecca più evidente mostrata dal film.
La pellicola di Scott col pretesto di riprendere il più celebre dei fanta-horror di sempre finisce col creare un ricamo parallelo, un film filosofico-fantascentifico in cui le poche scene horror, oltre ad essere telefonatissime, risultano palesemente attinte dal primo capitolo.
Fortunatamente a far da corollario a queste pecche troviamo una realizzazione tecnica a dir poco maniacale e una sceneggiatura che, nonostante la voluta lentezza, che in parte ricorda l’altro capolavoro di Scott Blade Runner, per i primi 40 minuti riesce a stimolare davvero lo spettatore sollevando non poche curiosità.
Prometheus è un capolavoro?
Parliamone!
A sorreggere molto bene il climax che pian piano viene a costruirsi troviamo un più che discreto cast all’interno del quale spiccano le figure di Noomi Rapace e Charlize Theron capaci di relegare gli ottimi attori che le affiancano al ruolo di comprimari probabilmente anche a causa di ruoli poco sviluppati in sede di script.
Lo studio e l’assegnazione dei ruoli non è certo dei più originali, e non si può nemmeno dire che, a livello di sceneggiautra, si sia fatto lo sforzo di nascondere i lati reconditi delle palesi personalità che scaturiscono dal look di certi personaggi come quello interpretato da Sean Harris che dalla prima inquadratura, con la sua cresta punk e il tatuaggio ultratechno fa già la figura dello schizzoide pronto ad impazzire.
Tra i ruoli più azzeccati troviamo invece Michael Fassbender nei panni dell’androide David mentre tra quelli meno riusciti non si può fare a meno di menzionare quello di Guy Pierce che interpreta Peter Weyland.
E guardando a quest’ultimo non ci si può esimere dal porsi una fondamentale domanda: ma quale mai diavolo di senso può avere truccare Guy Pierce da vecchio con una vistosissima maschera di gomma se poi non lo si vede mai nei panni di se stesso da giovane?
Voglio dire, in Capitan America, l’ultimo vendicatore son riusciti a far apparrie quel manzo di Cris Evans un’acciuga grazie alla CGI e tutto per poter mostrare il prima e dopo.
Qui invece smobilitano Guy Pierce e gli fanno girare il primo viral del Film con la sua faccetta da bullo, poi lo coinvolgono nel film per interpretare un vecchiaccio che pare uno degli sgommati…mah!
Questa però è l’unica nota dolente di tutto il comparto degli effetti speciali, perchè il resto è davvero mozzafiato.
Già perchè, come anticipato prima, quel che si nota dell’impronta scottiana, è l’autenticità delle location e delle creature mostrate che tutto sommato brillano per la finezza che, ancora una volta il Maestro H.R. Giger ha saputo infondere al loro look, senza però avere nulla di pretenzioso.
Prometheus è un bel film?
Sicuramente!
Sebbene a conti fatti Prometheus sia un bel film, la mia complessiva impressione non è del tutto positiva.
Sono uscito dal cinema chiedendomi se tutto il viral marketing che ha accompagnato la pellicola non abbia finito col minare le aspettative dei milioni di fan che hanno atteso dapprima quello che si preannunciava come il nuovo capitolo di Alien, poi come il prequel di Alien, poi come una pellicola che parla solo lontanamente di Alien e alla fine visto il film, hanno finalmente compreso cos’è davvero il lavoro di Scott.
E allora cos’è Prometheus?
Prometheus è semplicemente un film di un regista ormai settantenne che trentanni fa ha avuto una geniale idea: combinare sapientemente la fantascienza più pura all’horror più violento e che, con lo stile di allora, ma con i mezzi di oggi, ha scelto di raccontare una storia parallela, attingendo qua e là dall’universo che aveva già messo in scena anni or sono.
Purtroppo non è bastato interpellare Damon Lindelof, co-sceneggiatore della serie Lost, per evitare di cadere nel più banale degli errori, quello dei buchi di sceneggiatura.
La prima parte del film è spettacolare, un lento incalzare di aspettative che forse subisce un’interruzione con la prima scena di stampo horror, troppo scontata e priva di senso, per poi man mano arricchirsi di trovate sempre più assurde che fanno completamente crollare la trama negli ultimi 20 minuti.
Sembra quasi che alcune scelte di sceneggiatura siano frutto di un’altra mente rispetto a quella che ha concepito l’inizio del film, biechi stratagemmi incollati alla meno peggio con lo scopo di scuotere un attimo lo spettatore per prepararlo ad una bizzarra e frettolosa catarsi finale che finalmente mostra allo spettatore ciò che attendeva dall’inizio del film.
Nonostante queste pecche la pellicola di Scott merita sicuramente di essere vista e ciò sia per la precisione e l’impegno mostrati dal regista nella realizzazione tecnica sia per l’estremo coraggio di aver scelto di portare sul grande schermo l’enorme interrogativo filosofico-religioso dell’origine della vita mascherato da colossal sci-fi.
Da acerrimo nemico del 3D mi permetto infine di dire che tutto sommato l’odiata tecnica stereoscopia può anche dare un’aggiunta alle di per se già spettacolari scenografie che adornano il film. Per un fan di Giger è comunque piacevole poter ammirare i lavori dell’artista in un’ottica più concreta, e un ulteriore merito va riconosciuto a Scott che pur girando l’intero film con questa tecnica non ha mai abusato delle inquadrature.
Prometheus è un film capace di trasmettere davvero la dimensione del colossal al pari di un Ben Hur o di un Titanic, sensazione che ad esempio non ho provato nel guardare le spettacolari ma palesemente posticce ambientazioni del pianeta Pandora.
Nell’era del digitale credo che una pellicola simile meriti una visione oltre che per l’esetetica anche per la profondità che, con non poche pecche, si è comunque riusciti a dare ad una storia fantascientifica.
Niente a che vedere con 2001 Odissea nello spazio, ma comunque di ottima fattura.
Pubblicato in contemporanea su schermosplendente