Visto il “successo” che ha ricevuto la recensione a Drive, mi occupo personalmente di quella che reputo una piccola perla in campo cinematografico, giusto per sfruttare il momento.
Il treno per il Darjeeling (The Darjeeling Limited) è un film di Wes Anderson, già conosciuto per lavori quali i Tenenbaum o Le avventure acquatiche di Steve Zissou (interpretato da un magistrale Bill Murray) e, come tale, si distingue.
Tutto il film, infatti, è una vera e propria opera stilistica più che di narrativa, al cui interno possiamo ritrovare diverse caratteristiche comuni al regista americano.
Partiamo dal primo punto, ovvero i colori. Vivi come non mai, sono il filo conduttore cinematografico del film e delle opere di Anderson. Spesso si rimane letteralmente accecati dalla bellezza dei luoghi, dai contrasti cromatici (come ad esempio all’interno del villaggio indiano, il cui colore delle case si oppone fortemente alla drammaticità della scena che si sta vivendo) e di vera e propria ricercatezza dei dettagli. Indimenticabili le valigie utilizzate dai protagonisti, disegnate da Tom Ford per Louis Vuitton, che seguono i tre dall’inizio alla fine del film, quasi ricordandoci, racchiudendo l’essenza del viaggio al loro interno.
Le scene sono il secondo punto da prendere in esame: le inquadrature, spesso simmetriche, ci permettono di constatare in ogni minimo particolare ciò che sta avvenendo sullo schermo. Ogni singolo fermo immagine è carico di senso e significato, difficile trovarne anche solo uno che, preso in esame, non potrebbe essere una vera e propria fotografia dotata di un proprio valore semiotico e comunicativo.
Vi è poi un’altra parte da tenere in esame, cioè il sapiente utilizzo del rallenty. Non serve ad ornare semplicemente il film, non è un modo per farci notare con maggior attenzione una scena. Non è, insomma, utilizzato per mera scelta stilistica. É invece un modo sapiente per porci davanti al momento, per farci riflettere, pensare, ragionare. Quasi come se il regista volesse mettere il film in pausa e dirci “Ehi, osserva bene e pensa. Il film ora non è importante, i tuoi pensieri lo sono”. Impeccabile.
Infine un plauso agli attori. Owen Wilson, Adrien Brody e Jason Schwartzman sono tutti ai massimi livelli, perfettamente a loro agio nei loro grotteschi e quasi caricaturali ruoli. Un vero piacere osservarli e altrettanto poterli apprezzare in un ruolo così differente dalla maggior parte dei film in cui hanno recitato.
Sottolineo anche il cortometraggio girato dallo stesso Anderson, Hotel Chevalier, vera e propria perla stilistica che fa da prologo al film appena citato. Da vedere anche solo per la presenza di Natalie Portman.
E così sono giunto alla fine. Come dite, non ho parlato della trama? Beh, quella non è importante. L’interpretazione del viaggio è prettamente personale e, come tale, potrei solo darvene una visione soggettiva e non oggettiva, portandovi fuori strada e non facendovi assaggiare la vera e propria essenza del film.
Vi consiglio, semplicemente, di guardarlo.
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