Facebook citato in giudizio negli USA: “non ha limitato le bufale sul Covid-19”

Il procuratore generale dello Stato di Washington D.C., Karl Racine, ha citato in giudizio Facebook. Il giudice vuole vederci chiaro: al social la richiesta di condividere documenti e dati interni, in modo da determinare se Facebook ha realmente fatto quello che aveva promesso, ossia combattere la disinformazione sul COVID-19 e sui vaccini.

Negli USA la campagna di vaccinazione procede a gonfie vele, la nazione è stata una delle prime al mondo a raggiungere dei traguardi significativi, ma una porzione di popolazione – relativamente rilevante – rimane ostile all’idea di vaccinarsi. Secondo alcune ricerche, scrive Axios, sarebbe proprio la disinformazione veicolata attraverso i social network a rendere più inclini le persone a non vaccinarsi.

Racine vuole alcune informazioni chiave, utili per comprendere il reale perimetro delle azioni di Facebook contro le bufale sul Covid-19:

  • Una ricerca interna di Facebook sugli utenti novax. Ne ha parlato un’indagine del Washington Post, ma i risultati del report non sono mai stati divulgati al pubblico
  • I documenti che identificano gli account e i gruppi usati per diffondere disinformazione sul vaccino.
  • I numeri precisi sul volume di contenuti rimossi da Facebook dall’inizio della pandemia, in quanto in violazione delle nuove policy introdotte per combattere la cattiva informazione sul Covid-19
  • I dettagli sulle risorse umane ed economiche impiegate da Facebook dall’inizio della pandemia per combattere la disinformazione.

Facebook in pubblico sostiene di aver preso tutte le azioni necessarie per affrontare la proliferazione dei contenuti falsi o fuorvianti sul Covid-19 e sui vaccini, eppure il social si rifiuta di divulgare al pubblico i risultati dei suoi sforzi

ha detto un portavoce del procuratore generale di Washington D.C.

Con una nota, Facebook ribadisce il suo impegno per combattere la disinformazione, sottolineando di aver connesso “2 miliardi di persone con le risorse delle autorità sanitarie, anche attraverso il COVID-19 Information Center”, ossia un hub informativo creato ad hoc dopo lo scoppio della pandemia. Il social ha anche detto di aver già rimosso “18 milioni di contenuti da Facebook e Instagram”, segnalando “167 milioni di contenuti come falsi o fuorvianti” grazie al lavoro dei suoi fact-checker.

A maggio un report di Markup Citizen Browser aveva evidenziato i limiti dell’azione di Facebook contro la disinformazione, rivelando come fosse ancora molto semplice accedere e frequentare gruppi appositamente creati per condividere notizie false sui vaccini. Sempre a fine maggio, dopo che il Governo e alcuni quotidiani avevano riaccreditato questa teoria, Facebook ha anche scelto di non contrastare più la controversa – ma plausibile – teoria che collega il Covid-19 al famigerato laboratorio di Wuhan.

 

 

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