La regista Eleanor Coppola incontra la stampa nell’ottava giornata del Biografilm Festival a Bologna, per presentare il suo primo film di finzione, Paris Can Wait, e per ritirare il Celebration Life Award a nome di tutta la famiglia Coppola.
Arrivato giovedì 15 Giugno nella sale italiane con il nome Parigi Può Attendere, Paris Can Wait è il primo film di finzione, come regista e sceneggiatrice, della poliedrica Eleanor Coppola, moglie del famoso maestro italo-americano Francis Ford Coppola.
A differenza del marito Francis, la carriera di Eleanor Coppola è stata costellata da documentari, storie reali e di vita vissuta, trovando in questa forma d’arte la sua più naturale espressione. Ma, all’età di 81 anni, Eleanor Coppola dimostra di aver ancora voglia di far cinema, abbracciando per la prima volta una storia di finzione, con degli espliciti omaggi all’amata Europa e, ovviamente, alla propria famiglia.
E.C.: È vero c’è un gustoso senso del passato come una certa nostalgia per questi paesaggi che scorrono sullo sfondo, ma la mia reale intenzione era quella di rappresentare come la vita tende a scorrere velocemente. Siamo tutti di corsa, il nostro tempo sembra essere continuamente scandito da un cellulare e non ci rendiamo più conto di tutto il resto, di quello che abbiamo attorno.
È una sorta di memento che cerca di assaporare la forza della vita, goderla ogni istante. La protagonista, appunto, ha un marito con il quale non è sempre felice, ma la soluzione non vuole essere quella di scappare con un francese carismatico. Ciò che è veramente importante, per il personaggio, è arrivare alla fine sapendo di poter fare delle scelte.
La consapevolezza di poter fare delle scelte, di poter decidere cosa fare e cosa non fare, esprime moltissima energia. Non è un uomo, una donna o qualsiasi altra persona a determinare la nostra felicità, gli unici e soli responsabili siamo noi. .
Esempio molto simpatico, per esempio, nel “lungo viaggio” a Cannes a Parigi, Anne (Diane Lane) mette sul proprio iphone una canzone dei Phoenix, stanca della musica classica di Jacques, chiedendo all’uomo se per caso li conosce, considerando che sono dei suoi connazionali.
Anne, inoltre, rivela anche che i Phoenix glieli ha fatti conoscere proprio sua figlia. E tra musica e figlia che si nasconde l’omaggio, infatti, Thomas Mars, voce del gruppo, è il marito della figlia Sofia, con la quale ha due bambini.
Eleonor, seguendo anche la sua natura da produttrice, non manca di fare dell’ironia sulla musica, affermando:
E.C.: Sicuramente volevo rappresentare con Anne il presente, la velocità e l’innovazione, mentre con Jacques il passato, l’antico, e ho voluto farlo fin dai gusti musicali. Ma, in effetti, utilizzando quella canzone dei Phoenix sapevo che non avrei avuto troppi problemi con il diritto d’autore.
I rimandi e gli omaggi non mancano di manifestarsi in tanti altri elementi che, in realtà, caratterizzano moltissimo l’interno film di Eleanor Coppola, quasi come se fosse un proprio album di fotografie e di ricordi.
E.C.: Si, ci sono molti elementi che ricordano la mia famiglia, ma anche le persone vicine a noi. Ad esempio, il signore che vedete vendere le fragole è il papà di Thomas, il marito di Sofia. E mentre, la donna che si vede nel finale, nel ruolo della portinaia dell’appartamento di Parigi, è un’attrice francese, moglie di Dean Tavoularis, production design di mio marito stesso.
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La storia di Paris Can Wait si sviluppa attorno al personaggio di Anne, donna forte, americana e che, da quando la figlia diciottenne ha iniziato il college, segue il marito, famoso produttore, nelle sue trasferte.
Anne è sempre sta fedele al marito Micheal (Alec Baldwin), ma non sempre felice, e cerca di sfogare qualche frustrazione nella fotografia, nel gusto della scoperta, ritrovando una se stessa sepolta da tempo nello stravagante viaggio fatto da Cannes a Parigi con Jacques.
E.C.: Avevo bisogno di i piccoli dettagli e caratteristiche per definire il personaggio di Diane e ho usato alcune mie qualità e interessi all’interno del personaggio di Diane.
Ad esempio, la passione per fotografare i particolari è una mia caratteristica. All’inizio pensavo di scattare proprio io le fotografie che si vedono all’interno del film, ma poi sarebbe stato troppo complicato.
Da Francis Ford Coppola alla promettente Sofia Coppola, passando per i cugini Nicolas Cage e Jason Schwartzman, circa venti membri della famiglia Coppola lavorano all’interno dell’industria cinematografica; infatti, la regista statunitense, viene premiata al Biografilm Festival con il Celebration Live Award, a nome di tutta la famiglia.
Eppure, a differenza del grande maestro Francis Ford Coppola, Eleanor si confida non essere una vera e propria cinefila, quanto più un’appassionata.
E.C.: Si, non sono una cinefila. Preferisco molto più leggere, perché sei tu che dai un’immagine a quello che stai leggendo. È un modo per sprigionare molto di più l’immaginazione. Ci sono, però, dei film che ho amato moltissimo, come per esempio Lezioni di Piano di Jane Campion.
Mi innamorai immediatamente delle immagini, infatti impazzisco per quella scena di Amanda Sandrelli nel film di Bernando Bertolucci, Il Conformista, dove l’attrice, seduta sul divano, viene colpita dalla luce del sole filtrata dalle tapparelle.
Ammetto che sicuramente, rispetto per esempio a Francis, vedo molti meno film. A volte guardo solo un pezzo, l’inizio o la fine, a volte vedo film più vecchi o film più nuovi.
Non ho mai un criterio, non ho nemmeno una conoscenza come quella di Francis. Lui è capace di parlati, in modo approfondito, di qualsiasi epoca cinematografica. Non ho la stessa passione.
E così come Michael, a volte, rappresenta una persona oppressiva per la personalità di Diane, ci si domanda quanto il successo e la fama di un uomo come Francis Ford Coppola, abbiamo influenzato il suo rapporto con Eleanor.
E.C.: Devo dire che nella vita quotidiana io non penso mai a quanto sia famoso mio marito. Me ne rendo conto quando vediamo la gente che lo aspetta magari in hotel o dopo un evento, ma nella vita di tutti i giorni per me è, banalmente, l’uomo che prepara la colazione.
Lui è sicuramente una persona interessante e sempre carismatica. Me ne accorgo anche nei piccoli momenti, come quando beviamo un caffè. Potremmo fare delle conversazioni per ore e lì mi rendo conto che con nessun altro, almeno nel North America, potrei fare delle conversazioni così.
Paris Can Wait, in Italia Parigi Può Attende, è il debutto alla regia di finzione di Eleanor Coppola.
E.C.: Io sono per natura una sostenitrice delle storie del reale e fare documentari è qualcosa che si confà perfettamente alla mia personalità. Qualcosa che richiede il mio modo di naturale di essere, però mi sono espressa in tante modalità artistiche e non solo nel documentario. Ho fatto mostre fotografiche, installazioni.
Ho cercato di esprimermi in molti modi e l’ho fatto ogni volta che sentivo l’esigenza di dare vita a un’idea attraverso una determinata forma d’arte. è ciò che chiede la mia natura. Però mi sono espressa in molte modalità artistiche.
Infatti, è un po’ difficile descrivere quello che mi spinge verso qualcosa, direi che è più una passione che io seguo incondizionatamente. Sono contenta quando queste passioni mi vengono a trovare e mi piacere seguirle, perché è come se fosse una vocazione ed è quello che è successo con questo film.
Sicuramente questo è un film che rappresenta una svolta. Volevo un po’ uscire dall’ombra della mia famiglia. Cimentarmi in un progetto nuovo, anche se questo non vuol dire che sto dando il mio addio al cinema o che sto iniziando un nuovo percorso.
Semplicemente era una scelta che avevo bisogno di fare. Avere la consapevolezza di poter fare anche questo, seguendo, appunto, una passione.