Mitos: Xifote e la spada del deserto

Messidoro (Luglio) 1798

La pioggia si faceva sempre più intensa e le onde nel mare, sempre più grandi, facevano ondeggiare paurosamente il piccolo e agile brigantino.

Una persona, coperta interamente da un grande mantello, non smetteva di fissare l’orizzonte dal quale la nave si stava allontanando.

L’uomo stava sfidando la sorte. Stava lasciando tutto, dietro di lui. E per cosa? Per una profezia? Lui non era di certo un uomo che si basava sul quel genere di cose. Quello che era successo qualche giorno prima, però, lo aveva impressionato.

«Merda.»

«Che c’è ora?»

«Come che c’è ora? Non senti che caldo? E questa maledetta sabbia? Mi è entrata perfino dentro il…»

«Ti prego, Jacques. Sei un uomo di scienza.» lo aveva interrotto l’uomo di fianco sorridendo, mettendogli una mano sulla spalla.

«Forse» aveva continuato «faresti meglio a goderti il panorama. In fondo è il tuo lavoro, no?» gli aveva scosso la spalla e si era allontanato, camminando verso una tenda non molto lontana dai due.

Il geografo Jacques Antoine Bertre, in effetti, aveva dovuto ammettere che il panorama che gli si era presentato davanti era suggestivo. In lontananza, le dune del deserto si fondevano con il cielo e il caldo asfissiante faceva tremolare l’orizzonte. Più vicine, mille palme si addossavano sulle rive di un immenso corso d’acqua, le cui sponde verdi, dove la vegetazione era lussureggiante, contrastavano con l’ambiente arido del deserto poco lontano. C’era però qualcos’altro, in quel panorama, qualcosa di imponente: tre immense costruzioni dominavano senza dubbio la scena.

Tutto il reparto di ricerca scientifica dei “sapienti”, del quale Jacques faceva parte, era rimasto senza parole quando aveva potuto vedere, da vicino, le Piramidi. Un onore che non era stato concesso al resto dell’armata francese, che non si era spostata di molto dal teatro della cruenta battaglia che era avvenuta, solo qualche giorno prima, a pochi chilometri di distanza, sulle sponde del Nilo. Sì, un panorama davvero suggestivo, ma che non era riuscito a conquistare Jacques, che non smetteva di pensare al bel clima tiepido della sua École Polytechnique non troppo distante da Parigi.

«Capitano?»

Non avrebbe dovuto accettare quella spedizione.

«Capitano?»

Si era girato, vedendo che un soldato lo stava chiamando.

«Smettetela di chiamarmi capitano, non sono un militare.»

«Signore, abbiamo avuto disposizioni di riferirci…»

«Non mi interessa come mi dobbiate chiamare, dannazione. Che c’è?»

«Capit… Monsieur Bertre, abbiamo trovato una tomba, pensavamo che lei ci potesse aiutare.»

«Una tomba? Un’altra tomba, vorrai dire. Comunque io non sono un egittologo.»

«Si, monsieur, ma pensavo che ci avrebbe potuto aiutare a fare qualche rilievo iniziale.»

“È pur sempre un ingegnere” doveva aver pensato il soldato. Jacques aveva sbuffato, rispondendo di malavoglia.

«Facciamo questo rilevo, allora. Fammi strada.»

I due si erano diretti verso la zona archeologica, dove un piccolo numero di soldati era stato preso in prestito dall’armata principale per aiutare le operazioni di ricerca. Ricerche che producevano di giorno in giorno numerosi reperti, testimonianze di un passato prezioso, a cui Jacques era totalmente disinteressato. Arrivarono di buon passo davanti ad altri quattro soldati, che stavano togliendo dei detriti da un cavità nella roccia.

“Un’altra stupida tomba. Maledizione.”

Jacques si era ormai convinto che c’erano più tombe nei dintorni delle Piramidi che teste calde a Parigi, in quel periodo.

«Cosa avete trovato?»

«Per ora, signore, sembra una normale tomba come le altre che abbiamo scoperto in questi giorni. Non sappiamo quanto sia grande all’interno e avremmo bisogno di una stima di stabilità di queste pareti, prima di entrare.»
Jacques aveva dato un’occhiata veloce all’ingresso della tomba. Sembrava un’apertura decisamente solida.

«Ma quale stima, passatemi una torcia e andiamo.»

“Se queste pareti hanno retto tremila anni pensate che crollino proprio ora?”

«Ne è sicuro, capitano?» aveva detto dubbioso un soldato, porgendogli una piccola lanterna ad olio e non notando il fastidio che quell’ultima parola aveva dato al geografo.

«Sì, muoviamoci.»

Jacques era entrato prudentemente nello spazio totalmente oscuro. Il posto sembrava abbastanza piccolo, era composto da circa quattro locali separati da grandi aperture di pietra. I muri presentavano spesso geroglifici e segni di antichi dipinti, i cui colori erano stati dissolti dal tempo. «Non sembra la tomba di una persona particolarmente ricca.»

Peccato” aveva detto tra sé Jacques, pensando che se avesse trovato qualche piccolo manufatto d’oro sarebbe riuscito facilmente a nasconderlo ai soldati e magari a farsi un prezioso regalo. Conosceva qualcuno, al porto di Alessandria, che gli avrebbe reso facile una fuga da quella nazione piena di sabbia. La tomba, però, sembrava essere abbastanza spoglia. Eppure, Jacques si era scosso subito alla vista di qualcosa di strano.

«Che c’è lì?»

Una fievole luce sembrava provenire da uno di quegli ambienti che i soldati non avevano ancora visitato. Jacques la indicò a uno di loro e subito quel soldato le andò incontro, mentre il geografo rimase cautamente pochi passi indietro.

«Signore» la voce del soldato sembrava piena di stupore. «venga a vedere.»

Quando Jacques fece qualche passo in avanti, vide la causa di quella luce e fu subito estasiato per un secondo.

“Ecco il mio regalo.”

L’uomo era immerso nei suoi pensieri. Quando aveva visto per la prima volta quell’oggetto luminoso era rimasto incuriosito, ma di certo non pensava che sarebbe stato qualcosa in grado di cambiare i suoi piani, la sua vita. Era in fondo qualcosa di carino da tenere in un museo, ma nulla di più. Eppure, c’era stato quel bambino. Sicuramente un Tuareg, o di qualche altro popolo del deserto, come mostravano i vestiti che aveva indossato quando, all’improvviso, gli era comparso di notte, nel suo accampamento.

«E tu chi sei?» gli aveva chiesto. «Questa è una domanda priva di importanza» gli aveva risposto lui con voce squillante, fissandolo con i suoi magnifici occhi simili a smeraldi «ma se proprio vuoi puoi chiamarmi Shu. Tu hai scoperto qualcosa. Qualcosa di grande.»

«Non capisco, a cosa ti riferisci?»

Il bambino aveva indicato la luce che proveniva da un’altra parte della tenda nella quale erano i due.

«Quell’oggetto» aveva continuato «ha dei poteri che trascendono la tua comprensione, ma è arrivato fino a te. Ti donerà gloria infinita.»

L’uomo si era subito fatto più curioso.

«È una sorta di portafortuna?»

Il bambino aveva sorriso.

«Tu non credi nella fortuna, francese. E nemmeno io. Prendila e permettimi di dimostrarti quello di cui sto parlando.»

L’uomo, colpito da tanta sicurezza, si alzò e prese l’oggetto luminoso.

«Non senti qualcosa? Non senti l’energia incredibile al suo interno?»

L’uomo la sentiva, effettivamente. Sembrava essere più forte, più lucido, più intelligente. Gli oggetti più piccoli attorno a lui avevano iniziato a levitare, magicamente, facendogli gelare il sangue.

«Che sorta di stregoneria è mai questa?» aveva detto, gettando l’oggetto a terra, impaurito.

Allo stesso tempo, tutti gli oggetti sospesi per aria caddero verso il pavimento.

«Non esiste stregoneria, francese. Usa il suo potere saggiamente.»

Un oggetto straordinario, che l’uomo aveva con sé, ora, su quel brigantino.
Una spada di vetro, con i tagli luminosi. Tra sé e sé, pensò come interpretare le parole del bambino, quel “ti donerà gloria infinita”. Magari quella spada gli avrebbe fatto avere una qualche promozione.

Un marinaio gli si avvicinò.

«Il tempo peggiora, le consiglio di scendere in coperta, generale Bonaparte.»

 

 

Nota storica: nel 1798 il futuro Imperatore Napoleone Bonaparte è solo uno dei vari generali che appaiono nella rivoluzione francese, che da un paio d’anni sta sconvolgendo la Francia e, in definitiva, tutta l’Europa. La decisione di una campagna militare in Egitto fu motivata dalla volontà della Francia di intaccare l’impero dei loro eterni nemici, gli inglesi e, di conseguenza, la loro egemonia navale sul Mediterraneo (e oltre). Di notevole importanza è il fatto che la spedizione militare venga accompagnata da una spedizione scientifica, composta da 150 tra i migliori scienziati francesi (e.g. il celebre matematico Fourier). Verranno fatte notevoli scoperte archeologiche, come la Stele di Rosetta.

Gli esiti delle battaglie tra l’esercito napoleonico e le forze inglesi, tra le cui fila spicca l’eterno rivale di Napoleone, l’ammiraglio Horatio Nelson, sono altalenati e nel 1799 il generale francese deciderà di tornare a Parigi: le sue truppe si arrenderanno nel 1801.

L’immagine usata è il quadro “Bonaparte davanti alla Sfinge a Giza” di Jean-Léon Gérôme. Per approfondire, guardate le pagine Wikipedia della Campagna d’Egitto e di Napoleone Bonaparte

 

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