Godzilla e la paura della paternità

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Ho affrontato la visione in anteprima del nuovo Godzilla, reboot di un reboot di un remake dello storico kaijū giapponese, affidandomi solo alla memoria per meglio ricordare le emozioni che la prima visione del mostro giapponese mi diede.

(e ciò c’entra pochissimo col fatto che nel weekend mi fosse arrivato Titan Fall e che quindi non avessi neanche il tempo di aprire Wikipedia)

Della versione statunitense con cui sono cresciuto ricordavo solo vagamente che si inseriva tra il primo ed il terzo Jurassic Park e che quindi avevo circa 15 anni: mi ricordo gli straordinari effetti speciali per l’epoca, il continuo susseguirsi di palazzi crollati e folle in fuga, che è stato praticamente l’ultimo film di quel feticcio degli anni 80-90 che è stato Matthew Broderick, nonché la scena finale delle uova di Godzilla a perdita d’occhio: uno dei legami più scontati e comunque perfetti per un sequel, a cui da quel momento in poi ho paragonato tutti gli agganci per i sequel. Sequel mai venuto, peraltro, nonostante le promesse infinite. Fino ad oggi.

Andare alla prima italiana sfruttando l’invito di Lega Nerd senza alcuna informazione contribuiva peraltro ad aumentare l’aspettativa per l’evento

Andare alla prima italiana sfruttando l’invito di Lega Nerd senza alcuna informazione contribuiva peraltro ad aumentare l’aspettativa per l’evento: ci sarebbe stato Zerocalcare? Cosa avrei fatto se avessi incontrato Bryan Cranston? Sarei riuscito a confessargli la mia stima indefessa per aver creato un personaggio che rimarrà tatuato per sempre nella mia mente?

L’incredibile interpretazione offerta nel telefilm che ha segnato un’epoca, Malcom in the Middle? Nonché per la recitazione in Breaking Bad? Dopo Jurassic Park, Pacif Rim, Cloverfield e, in parte, Transformers ed I vendicatori (ho invece specificatamente dimenticato King Kong di Peter Jackson) c’è ancora da emozionarsi per le battaglie tra grandi mostri e/o alieni e/o robot in città destinate ad essere rase al suolo?

Questa, d’altronde, è la principale attesa del nuovo Godzilla: deluderà o no quel quattordicenne stordito da mostri e dinosauri?

E la risposta ha questa domanda è un sonoro e rigoroso “nì”.

Nel nuovo Godzilla di Gareth Edwards vi sono due specie di mostri: Godzilla e Muto.

A differenza del precedente americano, nel nuovo Godzilla di Gareth Edwards vi sono due specie di mostri, Godzilla e Muto, che non sono il frutto degli esperimenti nucleari di Mururoa, ma che anzi hanno origini molto più antiche dell’uomo: già una volta sono sorti dalle profondità dell’abisso e hanno minacciato l’umanità, ma proprio le bombe atomiche lanciate su Bikini hanno contribuito a sconfiggerli.

il film rispetto al precedente risulta diverso anche a livello narrativo.

A parte questo episodio sepolto nel passato, l’uomo si trova quasi impotente davanti allo strapotere dei mostri, in grado anche di spegnere tutti i sistemi elettronici grazie ad un attacco EMP; il film, poi, rispetto al precedente risulta diverso anche a livello narrativo: Edwards sceglie di prendersi tutto il tempo necessario per raccontare e preparare l’entrata in scena dei mostri.

Certo, mancano le battute da citare alla Bruce Willis, nonché quelle che in Boris chiamano le cosce, ma a parte questi particolari sono diversi gli ingredienti per non deludere quel ragazzino che ha visto il film negli anni novanta: c’è l’aumento dei mostri, tipico dei sequel anche se sequel non è, ci stanno combattimenti e botte da orbi (anche se siamo ben lontani dallo strapotere di cafonaggine di Pacific Rim), ci sono nuovi poteri e tipi di attacchi, c’è il più famoso attore giapponese (Ken Watanabe) al servizio della pronuncia accentata di Godzilla (che fa pensare immediatamente al bambino asiatico di South Park).

 

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C’è poi la consapevolezza che anche quel bambino del ’98 è cresciuto, ha conosciuto ed amato H.P. Lovecraft e ne sa apprezzare le influenze, ha visto altri film con battaglie tra grandi mostri e/o robot e/o alieni in città destinate ad essere rase al suolo e può andar quindi oltre alle logiche più banali del genere. E, soprattutto, ormai ha trent’anni ed intorno a lui gli amici si sposano e fanno figli come se non ci fosse la crisi, il precariato, il trasferirsi all’estero, le missioni di Galaxy Defender da finire e la lega di Blood Bowl.

Sono i bambini a fare
da filo conduttore.

Così – in maniera del tutto paradossale – dall’inizio del film che coincide con la festa di un papà fino ai titoli di coda (niente scena post titoli, per inciso) sono i bambini a fare da filo conduttore: il protagonista, Aaron Taylor-Johnson, è un bambino da proteggere, poi diventa a sua volta un padre che protegge un bambino.

I bambini vedono le cose prima degli adulti, vengono salvati per primi, e al contempo anche i mostri hanno il bisogno di maternità… e proteggono le proprie nidiate tanto che i combattimenti  ad un certo punto rischiano di diventare una sorta di intermezzo. D’altronde, anche la partecipazione di Bryan Cranston, col suo personaggio di padre tormentato e la sua stanza piena di libri di chimica, sembra strizzare l’occhio a quel pubblico di circa-trentenni.

E Godzilla? Lui c’è e il film in ogni caso è consigliato.

E Godzilla? Lui c’è e il film in ogni caso è consigliato. Anche per portarci i bambini. Non delude coi suoi ruggiti e la sua imponenza, ed anzi è il padre di tutti, il Dio che veglia sui suoi pargoli, misericordioso.

Trollface-A.M-godzilla

p.s. Il 3D è assolutamente trascurabile.
p.p.s. Zero Calcare c’era.

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