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La storia dei sindacati

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La nostra storia parte nella prima metà dell’ ottocento. Il mondo sta rapidamente cambiando, sposando sempre di più l’industrializzazione e portandosi in dote la simpatia per il capitalismo.

Questo articolo nasce da un lavoro a quatto mani con @nicholas volto a capire e spiegare nel nostro piccolo, per carità! una volta per tutte il ruolo storico ed economico dei sindacati in Italia.
Così oggi vi beccate la parte storica, alla quale seguiranno nei prossimi giorni le considerazioni economiche di @nicholas.

Al termine di questo, come sempre succede nelle conferenze della società-bene, Coffee-Break e Q&A Session da preambolo alle conclusioni.

A seguire aperitivo.

 

L’ Italia di quegli anni (e purtroppo anche a venire) non verrà certo ricordata per essere all’ avanguardia di questo processo.

La falce è decisamente più grande del martello

L’economia rurale la fa ancora da padrone: facendo un parallelo con quello che sarà il mondo del lavoro secoli dopo, la falce è decisamente più grande del martello.

La cosa in fondo non deve meravigliarci se pensiamo a quanto è lontano quel periodo. Già perchè si fa presto a dire “inizio ottocento” ma pensiamoci bene:

  • l’Italia, politicamente parlando, non esiste ancora. Garibaldi è ancora un bambino, senza nemmeno un pelo di quella barba che lo consegnerà alla storia.
  • Il mondo più evoluto ha le mascelle spalancate per il telegrafo, il resto del globo si porta ancora piccioni viaggiatori appresso per fare avere proprie notizie.

In questo difficile contesto la società cerca di capire (senza fretta, per la verità) che regole dare ad un mondo, quello del lavoro, che ancora fatica a riconoscere cosa sia la classe operaia.

 

 

Le prime associazioni

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Così nei poli industrializzati del Belpaese (quindi principalmente in quello che diventerà il triangolo industriale: Milano , Torino, Genova) nascono le prime forme embrionali di sindacati:

il loro nome è società operaie di mutuo soccorso (SOMS). La realtà dei fatti è che non hanno alcun potere se non quello di materializzare nel concreto la classica espressione

Mal comune mezzo gaudio

Dalle Società Operaie alle Camere del Lavoro

Facendo un esempio concreto, queste associazioni sono un covo di futuri comunisti che, seduti attorno ad un tavolo, si spiegano reciprocamente quanto non capiscano un cazzo i loro rispettivi capitani d’industria.

Nel contempo nasce un’importante distinzione a livello organizzativo:

  1. associazioni orizzontali: il loro scopo è di raggruppare le varie unità nel territorio a prescindere dal settore di impiego.
  2. associazioni verticali: raggruppano tutti i lavoratori di un determinato settore.

Se, come abbiamo visto, nel primo caso si parla di SOMS, nel secondo parliamo di leghe.

Gli anni passano e insieme a loro le riunioni: nascono così le Camere del Lavoro. Queste sono sostanzialmente delle forme più evolute di associazioni e leghe (alle quali adesso agli operai si sono aggiunti i braccianti) ma con una grossa e importante differenza: la presenza di una rappresentanza del datore di lavoro.

 

 

Il nuovo secolo

Siamo arrivati all’inizio del  ‘900 e la situazione ha un’ ulteriore evoluzione.

Le Camere del Lavoro riscuotono sempre più consenso tra i “pezzenti” e questo permette loro di avere più potere.

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Compaiono così le prime conquiste operaie:

Le Camere del Lavoro riscuotono sempre più consenso tra i “pezzenti”
  • Concordati di tariffa
  • Giurisprudenza dei probiviri

I primi, come si può intuire, sono i padri degli odierini contratti collettivi.

Riguardo invece alla giurisprudenza dei probiviri (termine latino traducibile con “uomini onesti”) si può dire che sia una forma embrionale di Tribunale del Lavoro.

A questi “onestoni”, composti da esponenti della parte operaia e da rappresentanti del mondo industriale era affidato il compito di risolvere le controversie lavorative in maniera equa e soddisfacente.

Bene, gli ingredienti ci sono tutti: abbiamo i lavoratori sfruttati che si uniscono, gli sgherri del capo e i parrucconi che fanno i processi; tutto è pronto.

 

 

La nascita delle confederazioni sindacali

E’ il 1909 e i tempi sono ormai maturi: i socialisti d’Italia si uniscono.

E’ così che nasce, su iniziativa di leghe, Camere del Lavoro e centinaia di piccoli sindacati sparsi su tutto il territorio, la Confederazione Generale del Lavoro (CGdL).

Quel che è certo è che storicamente siamo ad una svolta

Quel che è certo è che storicamente siamo ad una svolta perchè per la prima volta, in maniera ufficiale, il potere sindacale si fonde al potere politico.

la CGdL, fondata da Rinaldo Rigola, è di stampo fortemente socialista e risponde così alla classica domanda posta da ogni membro del PDL:

Perchè un sindacato deve essere politicizzato?

Se io fossi in Susanna Camusso a questa domanda risponderei in un solo modo:

Studiati la storia e lo scoprirai!

Come sempre in questi casi (mi viene in mente il caso più eclatante, il matrimonio Cuba – Urss nel post rivoluzione ) si può a lungo discutere sulla convenienza o meno di questa unione.

Il mio pensiero, in questo caso, è che sia stata  semplicemente inevitabile:

da una parte abbiamo i lavoratori che si uniscono per fare valere i propri diritti, dall’ altra abbiamo il partito storicamente nato per tutelarli.

Che il matrimonio derivi da amore o da convenienza non ci è dato saperlo, ma sono nati uno per l’altro.

 

 

Le alternative ai socialisti

Ma diventare una bandiera non sempre è la soluzione migliore per tutti.

Alceste De Ambris, sindacalista di spicco, crede che queste organizzazioni debbano essere indipendenti da politica e Stato: la sua decisione fa capo al concetto di Sindacalismo rivoluzionario nato in Francia pochi anni prima.

Sbatte così la porta e se ne va fondando Unione Italiana del Lavoro (UIL) , una confederazione indipendente che risponde unicamente ai lavoratori.

Il mondo dei lavoratori si divide in tre

Pochi anni dopo, siamo nel 1919, nasce un’ altra confederazione storica: la Confederazione Italiana dei Lavoratori (CIL).  E’  promossa dalla Chiesa su spinta di un’ enciclica papale della fine dell’800 ( per l’esattezza la “Rerum Novarum” pubblicata da papa Leone XIII nel 1891) che spinge il cattolicesimo verso una sorta di “assistenza sociale” verso i lavoratori.

Il mondo dei lavoratori si divide così in tre e tale rimarrà fino ai giorni nostri: chi crede nella fatina dei denti si iscrive alla CIL, chi mangia i bambini a CGdL e i bombaroli a UIL.

 

 

 

La clandestinità

Con la nostra storia siamo ormai arrivati al ventennio fascista e, come si può facilmente intuire, per i sindacati ci sarà da sudare.

Di quello che succede in questo periodo ci sarebbe da scrivere per ore e ore, quindi mi limiterò a farne un breve riassunto.

In maniera (almeno per me) del tutto inaspettata, delle tre categorie di cui sopra Mussolini simpatizza per quella dei bombaroli.

In pieno contrasto con il concetto stesso di sindacalismo rivoluzionario Mussolini dà così le linee guida per la creazione del nuovo ed unico sindacato fascista:

Il paradosso del sindacato fascista

la Confederazione Nazionale delle Corporazioni Sindacali.

Dovrà basarsi sulle idee del sindacalismo rivoluzionario ma con un occhio di riguardo verso il bene della nazione.
Come le due cose possano andare d’accordo è ancora oggi un mistero.

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E’ il 24 gennaio del 1922 quando nasce ufficialmente il nuovo organo: per dargli credibilità Mussolini prende un paio di esponenti di spicco del sindacalismo rivoluzionario: la faccia ce la mette Edmondo Rossoni che avrà il difficile compito di  garantire l’indipendenza del nuovo sindacato rispetto all’ onnipresente Partito Nazionale Fascista.

Come diretta conseguenza tutte le sigle sindacali non riconosciute vengono sciolte entrando così in clandestinità.

L’unica grossa sigla che avrà così un’attività (benchè minima) tra il 1922 e il 1944 sarà la CGdL.

Contrariamente a quanto si può immaginare l’esperimento del sindacato fascista funziona. Se tralasciamo i mezzi i risultati sono infatti stati ottimi:

in questo periodo si vedono conquiste importanti come le ferie pagate o la conservazione del posto in caso di malattia o gravidanza.
Sulla questione del congedo di maternità la storia è controversa: wikipedia afferma che nasce nel periodo fascista, altre fonti (più precise in verità) che verrà riconosciuta solo grazie ad una legge che vedremo successivamente.

 

 

 

La rinascita

il 3 Giugno del 1944, con il patto di Roma, nasce la CGIL che tutti conosciamo. Non proprio quella odierna però perchè il suo scopo è quello di riunire socialisti, comunisti, cattolici e repubblicani sotto un’unica sigla.

Come conferma recentemente il PD tutto funziona a meraviglia solo fino a quando si gioca a scopa.

L’attentato a Togliatti del 1948 fa saltare il banco

Dalla scissione nascono così le sigle sindacali che oggi tutti conosciamo:

  • CGIL (dalle ceneri di CGdL) per gli amanti del garofano
  • CISL (dalla precedente CIL) per i creduloni credenti
  • UIL (qui manca la fantasia e il nome è rimasto lo stesso) per gli indipendentisti

Con queste macro-categorie si arriva agli anni ‘60, il periodo che sarà ricordato come l’apice della lotta operaia in Italia.

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Le grandi riforme degli autunni caldi sono riassumibili in 3 voci:

  1. Abolizione delle gabbie salariali
  2. Legge n. 300/1970
  3. Legge n. 1204/1971

 

 

Le gabbie salariali

Una nota vale più di mille parole:

Le gabbie salariali nascono con un accordo firmato il 6 dicembre del 1945 tra industriali e organizzazioni dei lavoratori, per la parametrazione dei salari sulla base del costo della vita nei diversi luoghi. Entrate in vigore nel 1946, inizialmente sono previste solo al nord, e solo successivamente estese a tutto il paese. Inizialmente la divisione era in quattro zone, ciascuna con un diverso calcolo dei salari.

(fonte Wikipedia)

Avete presente quando un leghista frescone vi dice:

A Milano dovrebbero pagare di più perchè la vita costa tanto !

 

Ora potete rispondergli che si sa da 60 anni questa fregnaccia e che la storia l’ha bocciata senza appello.

 

 

Legge n. 300/1970

E’ questa la legge che passerà alla storia con il nome di “Statuto dei lavoratori”. Frutto dei famosi “autunni caldi” degli anni ‘60 ha il fine di regolamentare molti aspetti del lavoro: Malattie professionali, libertà di ideologia, diritto allo sciopero.

sciopero

Si può dire che gran parte degli attuali diritti dei lavoratori siano frutto di questa normativa.

la legge n. 1204/1971

Emanata per tutelare le madri lavoratrici questa legge assicura loro la conservazione del posto i e definisce il congedo di maternità come oggi lo conosciamo (2 mesi prima del parto e 3 successivi oltre a permessi speciali per malattia del bambino). Come detto precedentemente il problema della maternità era già stato trattato anni prima durante il regime fascista. A dirla tutta credo più in questa riforma del 1971: non per ideologia ma perchè in questo caso ho trovato leggi di riferimento, nel caso precedente solo alcune righe su Wikipedia.

Fuori da queste categorie possiamo segnalare altre 2 conquiste ovvero le 40 ore lavorative e la scala mobile.
Se riguardo il primo c’è poco da spiegare, il secondo è un meccanismo volto ad aumentare il salario per compensare la perdita di valore dello stesso dovuta all’ inflazione. Verrà abrogata nel 1992 dal governo Craxi perchè accusata (verità o gomblotto??) di spingere l’inflazione al rialzo.

A seguire arrivano  le 150 ore e una serie di norme dedicate alla tutela della salute. Ci sarebbe da parlare un sacco sul secondo argomento (qualcuno ha detto Ilva?) ma ho promesso a me stesso di essere sintetico.

 

 

I sindacati oggi

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Dal punto formale più nulla cambia dagli anni sessanta ad oggi. Le moderne sigle sindacali mantengono la distinzione ideologica che abbiamo visto in precedenza e combattono battaglie talvolta unite, talvolta contrapposte (il caso più recente e famoso è la querelle Fiat-sindacati del dicembre di qualche anno fa).

La storia dei sindacati finisce quindi, per quel che mi riguarda, agli anni ’70:

un po’ perchè mi piace lasciarli all’apice, un po’ perchè questo articolo vuole solo darvi un’anteprima storica per affrontare e integrare i futuri deliri economici di @nicholas.

 

Fonti

 

 

 

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