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C’eravamo lasciati con un sogno. Quello di un argentino che, sotto i colpi della repressione militare, capisce che la giustizia non può  conquistarla attraverso la politica.
O quello di un cubano in esilio che vuole tornare nel suo paese per dimostrare che l’indipendenza di Cuba è possibile. O ancora quello di un intero popolo che di governi fantoccio è stanco e vuole voltare pagina una volta per tutte, definitivamente.

E’ il capodanno del 1959 e la giovane Cuba, quasi fosse un bambino qualsiasi, in questi sogni ci crede.

La nazione è nelle mani di un gruppo di barbuti maleodoranti, un manipolo di uomini che non ha la minima intenzione di ripiegare la divisa verde oliva in favore dei soliti e conformisti abiti di rappresentanza.

Anche se sono considerati da molti come un’ Armata Brancaleone prestata alla politica, ci sono tante persone che, in quel verde oliva, vedono un nuovo modo di concepire il mondo.

 

 

 

La campagna di espropri

Il governo rivoluzionario, con a capo Urrutìa e molti eroi della rivoluzione nei ruoli chiave, sognava da anni questo momento: una grande carta bianca su cui scrivere la riorganizzazione di un’intera nazione.

Prima però ci sono le operazioni urgenti, quelle necessarie per cambiare volto ad una nazione che per troppi anni ha fatto rima con “perdizione”.

Allo stato attuale, l ’eccellenza di Cuba è il vizio: se gli yankee avessero voluto coniare uno slogan al riguardo, l’ideale sarebbe stato

Lo sogni in Usa e lo soddisfi a Cuba

L’ Isola Grande non ha più spazio per questi turisti e meno ancora per chi, questi turisti, li ha fatti proliferare. Le attività del settore vengono espropriate e smantellate, i titolari più fortunati sono allontanati dall’ isola.

Se invece ti sei macchiato di stupro o tortura c’è un proiettile che ti aspetta.

Sì, ma come diamo lavoro a tutti? La ricetta di Guevara è come sempre estremista. Ma inattacabile, sotto molti punti di vista. Il concetto di latifondo è contrario alla teoria Marxista che trova nell’ argentino un accanito sostenitore.

Così alla difficile richiesta di fornire lavoro, il nuovo dirigente dell’ Inra, l’ Istituto Nazionale per la Riforma Agraria (No, non ho detto Shinra, smettetela!) dà una risposta da informatico:

Prendiamo le risorse disponibili e le dividiamo per n

Cuba espropria quindi tutti i latifondi sopra i 400 ettari, indennizzando i proprietari (principalmente statunitensi) con buoni di pagamento ventennali. Le terre così ottenute sono affidate a un migliaio di cooperative agricole in rapporto diretto con i contadini.

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Per quanto invece riguarda gli ex latifondisti, sono liberi di fare ciò che vogliono:

sia chiaro però che i tempi d’oro dei fazenderos, quelli raccontati da Jorge Amado in capolavori come Sudore o Cacao, sono finiti.

Siamo negli ultimi mesi del 1959 quando si capisce che Cuba non guarderà in faccia a nessuno:

C’è la storia da scrivere! sembra urlare Guevara.

Le prime reazioni internazionali

Una storia che Eisenhower, in piena campagna elettorale contro JFK, vuole vedere scritta diversamente. Agli espropri della nuova Cuba, che riconosce e tratta con il mondo socialista, il presidente americano risponde con la sospensione degli acquisti di zucchero.

Il principale bene dell’isola, che da solo rappresenta il 50% delle esportazioni, non ha più un compratore: il gioco si fa serio.

Poco male dice Fidel Castro. C’è qualcuno che farebbe carte false per avere quello zucchero. Quel qualcuno è l’ Unione Sovietica e, oltre all’ interesse per il materiale, ha anche il peso politico sufficiente per decidere il prezzo della transazione.

Kennedy nota che, paradossalmente, la mossa di Eisenhower ha sortito l’effetto contrario: non solo l’isola ha subito trovato un nuovo compratore ma ha scelto il più pericoloso sulla piazza!

Così, quando pochi mesi dopo arriva nella stanza ovale, JFK non va per il sottile e invoca un intervento militare: è chiaro a tutti che i rapporti tra le due nazioni si sono fatti troppi tesi per poter tornare indietro.

E’ ormai la fine del 1960 e in quel capitolo di storia, quello che lentamente stanno scrivendo a Cuba, vogliono metterci becco pure russi e americani.

Gettiamo le maschere.

l’affaire della cuota azucarera è indubbiamente costoso per l’isola ma viene visto come un sacrificio indispensabile verso la piena libertà economica e ideologica.

E’ comunque già pronto un rimedio: si espropriano anche i latifondi di dimensioni inferiori al previsto e si punta alla totale nazionalizzazione della produzione.

Nell’ ottobre del 1960 l’ Inra espropria quasi 400 imprese private, tra cui banche, distillerie e multinazionali.

Questa volta le vittime sono illustri: si va da Esso a Texaco, da Shell a Coca-Cola.

A Kennedy però la cosa non piace: la dottrina Monroe non prevede anomalie, tanto più di questo tipo.

Una dottrina è una dottrina – dice il presidente – e se trova sulla strada delle anomalie semplicemente le cancella.

E’ l’aprile del 1961 quando 1.500 uomini (ex proprietari terrieri diranno successivamente dei periti cubani) attraccano a Playa Giròn dando vita ad uno sbarco che diventerà famosissimo, quello alla Baia dei Porci.

Nei tre giorni del tentato golpe le forze statunitensi (battenti bandiera cubana per fare pensare ad una controrivoluzione) inanellano un insuccesso dietro l’altro.

Si parte con il fallimento dell’ operazione Puma, quella che doveva bombardare l’isola e fare passare il tutto come un ammutinamento della marina militare.

Si prosegue con lo sbarco vero e proprio quando, calpestato di nascosto il suolo cubano, un militare spara senza motivo una raffica di mitra contro una pattuglia locale.

La copertura è saltata.

Quando anche via mare i “finti cubani” vengono sconfitti, si capisce che forse la decisione più saggia è la ritirata.

Il conteggio delle perdite è imbarazzante per il più potente stato mondiale: quasi 1200 prigionieri, 3 navi e 9 bombardieri sono nelle mani cubane.

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Sembra che a quell’ anomalia, per quanto assurda, gli Stati Uniti si debbano abituare.

Ma non è solo la sconfitta a impensierire Washington: l’imperialismo stellestrisce ha gettato la maschera nel modo più maldestro possibile ed è ormai chiaro agli occhi del mondo.

Fidel Castro prende la palla al balzo così Il primo maggio del ‘61 anche Cuba mette le cose in chiaro:

La nostra rivoluzione non è solo Cubana – dice Fidel Castro – è anche socialista.

Questo combattuto capitolo di storia tra dottrine, maschere ed anomalie, continua a parlare lingua sudamericana.

Lo sguardo all’orizzonte

E’ evidente ormai a tutti che la rivoluzione, se vuole proseguire, deve difendersi dal nemico statunitense. A seguito del fallimentare sbarco a Playa Giròn, JFK impone l’embargo all’ isola: “el bloqueo” lo chiameranno i cubani.

Questa volta non è solo lo zucchero a non avere un compratore.

Al governo rivoluzionario non rimane che una soluzione, per quanto osteggiata più volte dall’ ala indipendendista del governo, quella che vede in Guevara la figura di riferimento.

Poco importa l’avversione dell’argentino, il matrimonio con i sovietici si deve fare e pure in fretta.

Tanto, dice Fidel, a volte più dell’ amore conta la dote.

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Una dote che pesa tonnellate, fisicamente e politicamente. Ovvero delle testate nucleari da montare in direzione Washington.

quei missili devono spiegare agli americani cosa provo ogni volta che guardo l’orizzonte, verso la Turchia – sembra dire Nikita Krusciov.

La guerra fredda è al proprio apice, mai prima di allora le due superpotenze si erano minacciate, reciprocamente, così da vicino.

Questi pochi giorni, quelli che vanno dal 14 al 28 ottobre del ‘62, saranno infatti ricordati per sempre come la “crisi dei missili cubani”.

Comincia la trattativa tra i due blocchi e si trova un accordo. Tutti i missili, dal fronte turco a quello cubano, vengono ritirati.

Ma per gli Stati Uniti non è finita, secondo l’accordo devono infatti rinunciare ad ogni ambizione all’ Isola Grande.

Per Cuba la vittoria è doppia: da una parte non devono più ospitare sul territorio nazionale degli armamenti che definire spinosi è riduttivo, dall’ altra il nemico più pericoloso è finalmente reso innocuo.

Questo però sulla carta.

Perchè c’è chi dice che anche Cuba, alleandosi in maniera così stretta con i sovietici, abbia conosciuto la sconfitta.

Una di quelle sconfitte che non paghi con  morti o feriti ma con la libertà.

Contraddizioni

Siamo arrivati al 1965 e sono ormai passati diversi anni dalla rivoluzione.

Anni che però non hanno chiuso il cerchio attorno a quei sogni di cui parliamo fin dall’ inizio.

Guevara non ha digerito la fuga a est e ha il timore che i russi, oltre allo zucchero, si siano comprati la rivoluzione. E poi questo sogno rivoluzionario va avanti da troppo tempo e stona con la sua concezione realista del mondo:

Un sogno dura poco, perchè a un certo punto si realizza oppure finisce – pensa l’argentino.

Così dopo alcuni impieghi nel nuovo governo, del quale è stato anche capo della Banca Nazionale, Guevara mette la parola fine alla sua avventura politica.

Scomparirà per qualche tempo senza lasciare traccia, si verrà successivamente a sapere della sua partenza per il Congo verso un’avventura incredibile e per molti versi assurda.

Ma di questo, forse, parleremo un’altra volta.

 

La Historia me absolveràLa conseguenza diretta è che, senza più i grandi detrattori del matrimonio con i sovietici, sull’ isola nasce il primo partito comunista del quale si sentirà parlare per anni.L’abbandono di Guevara unito alla morte di Cianfuegos, il “signore dell’ avanguardia ” che alcuni anni prima perde la vita in un incidente, lascia il paese nelle mani di Fidel.

Una tappa fondamentale per la storia del sudamerica, dice colui che è diventato il Leader Maximo cubano.

Ah già, ma che fine ha fatto quel capitolo di storia? Fidel, quasi a voler mettere le mani avanti, ne è ormai ossessionato a tal punto da farlo scrivere ovunque:

La historia me absolverà

Ecco, nell’ ambiguità di quel motto c’è tutta la contraddizione della Cuba moderna:

A voi la scelta, è un augurio per il futuro o una minaccia per il presente?

 

 

Note e fonti

Innanzitutto ringrazio il mio amico Max per avermi fornito le foto delle sue vacanze a Cuba.

Poi come al solito mi paro le chiappe su eventuali errori o imprecisioni storiche, come detto nel mio articolo precedente sono ormai passati anni da quando ho letto la storia di Cuba e ai fatti, sicuramente, ho aggiunto alcune idee al riguardo.

Segnalate ogni cosa vi possa sembrare sbagliata!

Per quanto riguarda le fonti ve le elenco in ordine sparso: