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Riflessioni sul tabù del Cannibalismo

LEGANERD 047196

Bevi Rosmunda dal teschio di tuo padre!

Molti di voi leggendo questo precedente articolo si saranno improvvisamente ricordati di due cose: che l’uomo non è affatto alla cima della piramide alimentare del pianeta e che ancora oggi esiste ed è accettata da alcuni la pratica dell’antropofagia, con diversi fini e mentalità.

Oggi andremo a riportare alla mente un’altra questione: la nostra società civile ha veramente abbandonato il cannibalismo?

Cosa intendiamo dicendo cannibalismo?

Per rispondere alla domanda, è doveroso riflettere sul termine e tutto quello che lo circonda. Fin da quando è stato coniato da Colombo, come già citato nello scorso articolo, le origini sono collegate al popolo dei Cannibi che praticava l’abominevole e misteriosa pratica del mangiare essere umani.

Immaginatevi gli amerindi semisvestiti, con le mani piene di carne umana, mentre lo sguardo degli eleganti colonizzatori si volta non riuscendo a reggere più a lungo.

Che bestie possono divorare e squarciare il corpo di un uomo, magari ancora vivo?

Oppure, che bestie ripudiano il divorare personalmente un uomo, e accettano tranquillamente, addirittura con gioia, l’uccidere e lo squartare un’uomo con i metodi più fantasiosi ed indegni?

Il cannibalismo è qualcosa che non riusciamo e non possiamo comprendere finchè non ci siamo dentro. La nostra cultura, il nostro patrimonio storico ci ha sempre visto vicini ad alcune pratiche particolari, eppure ripudiamo a priori e segniamo questo atto come se fosse un tabù peggiore degli altri. Un tabù mostruoso, solo di chi è capace di cose orribili e disumane.

Oggi cannibalismo significa divorare un essere della propria specie, cosa molto comune in zoologia per alcune variabili, e poco comune nella nostra, per altre variabili (quelle umane le abbiamo gia viste nello scorso capitolo, quelle animali le vedremo nel prossimo).

Ma al giorno d’oggi il termine ci collega ad un significato più ampio oltre al nutrirsi attraverso la carne, ovvero a quello di collegare due elementi con una connotazione talvolta positiva e talvolta negativa.

Dire che oggi il termine cannibalismo è abusato è illogico: nel tempo, viene utilizzato per indicare contesti diversi in cui il termine si adatta e calza a pennello, e ciò indica come la parola si spalmi sulla pagina dei nostri costumi etici e si posi su quello in cui si identifica.

Cannibale è un affarista che approfitta di un momento di incertezza del proprio avversario per impossessarsi del proprio patrimonio, cannibale è chi a capo di un esercito compie una strage di civili, cannibale è chi propone una copia migliorata dello stesso prodotto, cannibale è chi ruba un’idea e la copia, e così via.

Quello che siamo riusciti a capire…

Ma sono tutte pratiche che non possiamo minimamente avvicinare a chi divora un uomo, lo taglia a pezzi, lo cucina, e lo digerisce!

Dobbiamo avvicinarci di più a quel cannibalismo rituale di cui abbiamo parlato molto senza approfondire, ed iniziare a fare dei collegamenti importanti ed essenziali.

Fin dall’antichità è un evento comune a più culture, ne abbiamo prove in reperti, incisioni, dipinti e scritti. Abbiamo citato già gli esempi magico-rituali, dandone solo una spennellata rapida e veloce; abbiamo compreso le motivazioni del gesto? no.
Oggi la nostra cultura si è evoluta, la nostra tecnologia è cresciuta e ha generato il credo della scienza. Non abbiamo spazio per la magia, non riusciamo a crederci. Quello che ci limitiamo a fare è descrivere le pratiche con uno studio che non riuscirà a farci comprendere al 100% questa pratica misteriosa.

Allora iniziamo a stabilire se si tratta di Esocannibalismo, dove la vittima non appartiene al gruppo che pratica l’atto ma ne è estraneo, come un nemico, o di Endocannibalismo, quando la vittima è un elemento della propria comunità, come un defunto, un reietto, un deforme.

Studiamo la metodologia, tutte le fasi della pratica: la tribù si riunisce per piangere il defunto, o la folla è galvanizzata dallo sciamano che invoca morte per favorire gli dei, o il clan punisce un clan nemico.

E poi assistiamo alla pratica del banchetto, integrale o selettivo, in base al culto.

Nessuno si rifiuta, nessuno è turbato, nessuno appartenente a quelle piccole sfere culturali si sottrae dalla pratica, perchè non è disgustosa, non è ripugnante e non è un tabù.

Ovvero, non è nè disgustoso nè ripugnante perchè non è un tabù.

Non possiamo stabilire cosa sia meglio o meno, non possiamo dare nessuna graduatoria, perchè ancora cadremmo vittime del nostro punto di vista e della nostra morale attuale. Eppure etichettiamo questo costume come se fosse una pratica legata solo a popoli primitivi, incapaci di raggiungere il nostro stesso livello tecnologico.

..e quello che non riusciamo a metterci in testa

La realtà è un po’ diversa, e semplicemente la rifiutiamo, in quanto il nostro non conoscere ghettizza immediatamente le realtà scomode ad un mondo lontano dalla civiltà che ci nobilita così tanto.

Tutti proviamo quegli impulsi “emotivi” che possono portare al nutrirsi di un uomo. E se ci soffermiamo su noi stessi, possiamo veramente stupirci. Quello che escludiamo come “elemento magico” è in realtà un momento di grande passione, di eccitamento, che può veramente avvenire in una società come la nostra in casi isolati e volendo potrebbe anche essere reso legale!

Tecnicamente, tutti ci nutriamo di nostri simili: iniziamo con il cordone ombelicale, nutrendoci del cibo che genera la nostra stessa madre, e veniamo allattati con il latte del suo seno. E quella della nutrizione, insieme all’atto sessuale, è una delle più grandi fonti di appagamento emotivo dell’uomo.

Nonostante vi sia molta critica attorno agli studi Freud, dobbiamo concordare sul fatto che molte teorie, per quanto non ancora provate a livello biologico al 100&, risultino molto convincenti e ci introducano alla riflessione su alcuni collegamenti di avvenimenti: Freud stesso definisce una fase orale del bambino dove sperimenta il mondo circostante attraverso la bocca. Si succhia un dito, succhia dal seno della madre, si infila in bocca qualsiasi cosa. Poi cresciamo, proviamo affetto e diamo baci, abbracci. Siamo passionalmente coinvolti in atti sessuali, con fantasie e corpi a confronto, tra morsi, giochi di lingue.
Come ci avviciniamo alle pratiche sempre più eccitanti, più possiamo trovare gli elementi alla base della pratica del cannibalismo.
Le perversioni sessuali, che sicuramente non appartengono solo ad assassini ed ai ghettizzati della società, sono solo un velo di fronte a due corpi nudi e sudati che eseguono un rito comune a tutti i popoli.
NSFW MORE:
[more]Le pratiche del pissing, la coprofagia, l’onanismo, la fellatio e tutto quello che potete trovare su wikipedia dal punto di visto tecnico o su youporn da quello pratico non sono altro che rifiuti del disgusto imposto e la liberazione degli istinti animali dell’uomo, che prova un grande piacere in queste situazione di contatto con un proprio simile,al di là del sesso. Come il sudore risulta disgustoso nella vita di tutti i giorni, con la pratica sessuale è un ingrediente fonte di eccitamento. [/more]

Nutrirsi di carne umana è una pulsione legata ad un evento, sia un caso estremo di sopravvivenza, sia una ritualità coinvolgente, sia una pulsione mirata al piacere.

E se l’atto sessuale è limitato e vincolato poichè visto da una tradizione o una religione, non dobbiamo meravigliarci se mangiare carne umana sia peccato.

In sostanza, gli ingredienti del cannibalismo sono gli stessi dell’atto sessuale, o dell’omicidio, e la digestione del risultato dipende semplicemente dalla mentalità e dalla cultura storica della civiltà soggetto.

Oltre la carne

Nel 1979 viene distribuita la pellicola Cannibal Holocaust, che riesce a farsi definire come un

opera contraria al buon costume e alla morale

dove oltre alle cruenti scene truci(non spoilero nulla, guardatelo e meditate, eretici!) è abbinata una morale finale, una forte critica ad una civiltà cannibale che non è quella degli indios antropofagi ma la nostra, che non si fa scrupolo di nulla per perseguire le proprie ambizioni nei confronti di chi è considerato inferiore, nel film i protagonisti che sacrificano una tribù e i propri amici pur di avere tutto impresso su pellicola. Sono quindi loro i cannibali, come lo sono i giornalisti oggi, che per di assicurarsi lo scoop sensazionalistico per primi sono pronti a nutrirsi delle disgrazie delle persone, disgrazie di cui a loro volta si nutrono i telespettatori, altri cannibali, che non seguono più la vicenda per informarsi, ma per sentirne e sentirne ancora, preferendole ad altre, forse più utili.
In questi ultimi anni la cronaca nera è diventata da supplemento a vera fonte di audience, e noi continuiamo a nutrirci delle storie e dei particolari, al di là della risoluzione del caso, priorità di facciata.
Siamo circondati da cannibali e non ce ne rendiamo conto, relegando il significato alla presenza della carne.

Conclusioni

Tiriamo le somme: la nostra società considera un tabù il nutrirsi di carne umana.
C’è un motivo reale? Uccidere una persona per mangiarla è tipica degli assassini cannibali, nelle civiltà che oggi lo praticano esiste una motivazione che viene accettata.
E se fosse un morto? Rimane un tabù radicato, genericamente disgustoso, legato ad altri fattori, come il rispetto per il defunto o la questione dell’anima, che però viene tranquillamente bruciato e distrutto, oppure smembrato per donare gli organi, aperto per verificare autopsie ( a tale proposito ricordo a tutti una scena di Mondo Cane, dove eseguono una autopsia su un uomo riempito di sacchi di eroina per contrabbandarla).
Dimentichiamo spesso anche quegli elementi della cultura fumettistica: Chi non ha nell’immaginario i Vichinghi di Asterix che bevono la “cranica” dai teschi dei vinti? E chi è rimasto disgustato dalla scena? Nessuno! Saturi come siamo da rappresentazione di vampiri che bevono sangue umano, o degli zombie che mangiano cervelli e carne umana, che non destano neanche paura, abbiamo completamente spostato ed accumulato le idee sul lato “tanto è tutta finzione” che appena spunta l’argomento nella vita reale generiamo le idee di un gesto orribile di cui sono capaci solo i mostri. E l’industria cinematografica ancora una volta insegna l’adattamento, introducendo il concetto di snuff movie, facendoci cioè credere che la pellicola sia una ripresa reale di fatti orribili realmente accaduti, dove qualcuno ci lascia le penne in maniera brutale (per maggiori info, leggete l’articolo apposito di @webdatabank )

Ovviamente è molto più “tollerato” l’omicidio, atto di cui questa società è satura, nonostante sia peggiore nella scala di valori basata su dei valori “oggettivi”, o la guerra, dove miliardi di persone sono sempre coinvolte in situazioni che con il proprio mondo civile non trovano nessun riscontro.

Rimane quindi un tabù, e rimarrà tale fino al momento dell’esigenza alimentare: non si fa altro che parlare della sovrappopolazione, di come stiamo uccidendo il pianeta ecc ecc. Che ci vuole ad immaginare un futuro distopico dove l’unica fonte di cibo rimasta per la sopravvivenza è un allevamento di uomini?

Per fonti e Approfondimenti:

Qui
Quo

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