Il giorno in cui l’Auditel non funzionò


Quarto video estratto da HABEMUS CAPA
Regia di Marco Pavone

Leggo oggi sul Corriere questo articolo di Aldo Grasso che, oltre a rinfrescare la memoria sulla funzione di Auditel, ne evidenzia le principali criticità: in primis il non essere più rappresentativa dell’effettiva fruizione della televisione da parte degli italiani (in senso esteso, sia per quanto riguarda “televisione” che “italiani”).

Come funziona l’Auditel (Wiki):
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La società AGB Italia, per conto di Auditel, ha installato nella casa di circa 5.200 famiglie italiane (corrispondenti a 14.000 individui) un piccolo apparecchio, detto meter, collegato ad ogni televisore della casa e alla linea telefonica, che registra su quale canale è sintonizzato il televisore. Il campione, rappresentativo della popolazione italiana con più di 4 anni, detto panel, è aumentato nel tempo: dalle poco più di 600 famiglie dei primi mesi successivi all’avvio delle rilevazioni, si è passati alle 2.420 famiglie del 1 gennaio 1989, alle 5.070 del 1 agosto 1997, numero che si è mantenuto sostanzialmente invariato fino ad oggi. Ogni membro della famiglia deve segnalare la propria presenza davanti al televisore tramite un particolare telecomando: in questo modo il meter registra sia quale programma è visto, ed anche da chi è visto. Il meter è composto da 3 unità: il monitor detection unit (MDU), che rileva lo stato di accensione e spegnimento dell’apparecchio televisivo, il canale su cui esso è sintonizzato; l’handset (“telecomando”), attraverso il quale la famiglia-campione seleziona il numero di persone che guardano la televisione; il meter vero e proprio, unità centrale di memoria, che trasmette i dati degli MDU provenienti dai vari televisori della famiglia-campione alla centrale attraverso la linea telefonica. I dati vengono poi elaborati al computer centrale di Milano e pubblicati la mattina seguente poco dopo le ore 10.
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L’articolo nasce dal fatto che Auditel, causa upgrade SW malriuscito, martedì 1 marzo non ha funzionato e non ha generato il report sugli ascolti che ormai è l’ossigeno per chi lavora nella televisione: unico e insindacabile criterio di merito delle trasmissioni.

Una giornata particolare, una giornata senza dati d’ascolto. Martedì 1 marzo, per un aggiornamento del software non sono usciti i dati Auditel. Immaginiamo quanti addetti ai lavori siano stati in fibrillazione per tutta la giornata, ormai addicted di share. Ormai l’ascolto è l’unico criterio di giudizio per chi fa tv: non un criterio, sia pure importante, fra altri criteri, ma il solo. E dunque un alibi; secondo alcuni l’alibi perfetto per l’assassinio della buona tv.

In questi ultimi anni, la tecnologia ha fatto passi da gigante e forse Auditel avrebbe bisogno di una bella revisione, a partire dalla struttura della società stessa. Com’è noto, la proprietà della società è divisa in quote del 33% per le tre componenti fondamentali: televisione pubblica (Rai), emittenza privata (reti nazionali e locali), aziende che investono in pubblicità (Upa) con agenzie e centrali media (AssoComunicazione, Unicom); il restante 1% è della Federazione italiana editori giornali (Fieg). I costi vivi sono a carico di Rai e Mediaset e quindi ci troviamo nella classica situazione italiana in cui i controllori sono anche i controllati.

Per affrontare lo spaesamento in cui si sono trovati gli operatori senza i loro fondamentali dati di share, il buon Grasso propone un momento di riflessione:

Il campione di 5.187 famiglie (quelle che hanno installato in casa il meter, equivalenti a circa 14mila individui) è statisticamente un ottimo campione, specie per una tv di tipo tradizionale. Auditel, però, non rileva la tv fuori casa (quella delle seconde case), la tv via web (ormai i giovani vedono soprattutto quella) e l’ascolto differito (che è un plus della pay tv). Inoltre c’è in ballo anche la questione degli stranieri: il panel di Auditel è formato esclusivamente da cittadini italiani iscritti nelle liste elettorali, mentre dati della Caritas attestano che ormai sono circa cinque milioni gli stranieri residenti in Italia.
Senza entrare troppo nei dettagli tecnici e nella complessa metodologia della stima degli ascoltatori, una giornata di silenzio è utile a tutti: controllori, controllati e control-labili.

Il primo pensiero è il solito: possibile che nessuno che conosco sia, sia stato o conosca direttamente una “famiglia Auditel”?

Eppure io per la AGB Italia io c’ho pure fatto un colloquio… quindi esiste… ;-)

Il secondo è che probabilmente Grasso ha ragione: Auditel è purtroppo solo una parte di un sistema, la televisione generalista pubblica e privata, che ha bisogno di una pesante revisione nei modi e nei contenuti.

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