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La conquista del Polo sud: The Race!

La conquista del Polo sud

Brrr… Che è ‘sto freddo? Chiudete la fines… Tah-dah! Eccoci all’ultima puntata della trilogia sulla storia della conquista del Polo sud. La cosa si annuncia come promesso piuttosto scoppiettante (e anche lungherrima).

Men wanted for hazardous journey. Low wages, bitter cold, long hours of complete darkness. Safe return doubtful. Honour and recognition in event of success.

Annuncio attribuito spesso ad Ernest Shackleton nella ricerca di uomini per la sua prima spedizione al Polo.

Per prima cosa una breve digressione (in spoiler) sulla storia del misterioso continente e i precedenti tentavi di raggiungerlo.

Forse non tutti sanno che fino al 1800 l’esistenza stessa dell’Antartide non era stata ancora dimostrata.

Forse non tutti sanno che fino al 1800 l’esistenza stessa dell’Antartide non era stata ancora dimostrata. Ancora più curioso è il fatto che prima di quella data lo troviamo segnato (anche con una strana precisione) su moltissime mappe. Il motivo è che gli antichi cartografi ipotizzavano (o davano per scontato) che là sotto ci dovesse per forza essere un grande continente misterioso per “equilibrare” tutte le terre al di sopra dell’equatore. Fece eccezione il navigatore James Cook, che per primo (1773) navigò al di sotto del circolo polare Antartico e vide con i suoi occhi una terra da cui venne affascinato e terrorizzato, tanto che scrisse:

E’ talmente grave il pericolo che si corre nel riconoscere una costa in questi mari gelati e sconosciuti, che io oso asserire che nessuno potrà mai penetrare più in là di quanto mi venne concesso e le terre che possono trovarsi al sud non saranno mai toccate da piede umano

Ma si sbagliava. Non aveva fatto i conti con la testardaggine di certi tizi a cui la vita piace “on the rocks”. Così negli anni seguenti ci furono diverse incursioni “mordi e fuggi” da parte di francesi e russi, ma colui che davvero aprì la strada alle esplorazioni del continente “più bianco che più bianco non ce n’è” fu James C. Ross che nel 1839 esplorò la Terra Vittoria riportando campioni biologici e geologici. In seguito ci fu il nostro amico Scott che fallì nell’arrivare fino in fondo alla sua prima spedizione di cui abbiamo già parlato.
Abbiamo lasciato i nostri eroi all’inizio della loro impresa.

Siamo alla prima metà di settembre del 1911: Amundsen ha parcheggiato la gloriosa nave Fram nella baia di Ross, come Scott, ma più a est, facendo riferimento ad una nuova traccia. Scott invece si trovava ad Hut Point, la base creata da lui nella spedizione precedente contando di utilizzare la strada tentata con Shackleton anni prima.

Amundsen tenterà una percorso più breve (di quasi 100 km), meno conosciuto e secondo lui più semplice. Come con molta semplicità ha organizzato la sua spedizione: 52 cani da slitta della Groenlandia altamente selezionati (i migliori del mondo) e quattro slitte.

Quando alcuni uomini di Scott visitarono il campo di Amundsen (che li trattò con garbo e offrì loro aiuto con i cani) all’inizio volle addirittura andare da lui per discuterci, poi evitò e decise di affrettarsi.

Da subito le motoslitte che si era portato crearono enormi problemi e divennero subito inutilizzabili per le condizioni del ghiaccio. Il viaggio cominciò sotto i peggiori auspici: alla prima tappa ebbe difficoltà anche solo a creare il deposito di viveri (One Ton) per il ritorno e si rese conto che i cavalli pony che aveva portato erano totalmente inadatti allo scopo. Il socio che li aveva comprati era stato ingannato (erano vecchi e malati), e avevano lasciato a casa le racchette da neve per gli animali. Molti vennero abbattuti subito e altri lasciati al deposito.

Amundsen, nel frattempo, dopo una falsa partenza, era in viaggio anche lui.

Ma le cose andarono diversamente, il tempo era buono e l’enorme esperienza acquisita in passato nella gestione delle mute da slitta gli permetteva di macinare più chilometri di Scott ogni giorno.

Aveva un sistema piuttosto semplice, man mano che avanzava uccideva i cani della muta e li usava per nutrire gli uomini e gli animali della spedizione risparmiando fatiche per la gestione delle riserve di cibo.

Vestiva abiti tipici degli Inuit (migliori di quelli di lana di Scott) e pose moltissimi depositi ben forniti sulla strada.

Scott trovò invece mille difficoltà.

Scott trovò invece mille difficoltà. Come se non fossero bastati gli enormi FAIL organizzativi trovò un tempo infernale. Avanzavano arrancando trascinando slitte tirate da loro stessi per la perdita degli animali e delle motoslitte. Tutto sembrava andargli male e quando finalmente arrivò al Polo il 17 gennaio 1912, con suo sommo sgomento e delusione, trovò ad aspettarlo la bandiera norvegese, una tenda e lettere autografe di Amundsen.

Una squadra di 5 persone e 16 cani guidata dal norvegese aveva raggiunto, il 14 dicembre 1911 (5 settimane prima), il Polo sud geografico per la prima volta nella storia dell’uomo ed erano rientrati con successo.
Amundsen aveva vinto, ma per Scott non era finita lì.

Un’Odissea di ghiaccio si profilava per lui e i 4 uomini rimasti per l’ultimo tratto

La cosa più atroce fu per l’inglese il viaggio di ritorno. Un’Odissea di ghiaccio si profilava per lui e i 4 uomini rimasti per l’ultimo tratto (Edward Wilson, Henry Bowers, Lawrence Oates e Edgar Evans). La prima parte andò bene, nonostante il tempo avverso, ma arrivati alla barriera di Ross la situazione precipitò. Evans fu il primo a morire di stenti e nonostante il tempo peggiorasse ancora, la morsa del freddo, la cecità da neve, la fame e la stanchezza la marcia continuava forzatamente.

Oates fu il secondo ad andarsene: una vecchia ferita di guerra lo rese quasi impossibilitato a camminare, così il 16 marzo uscì dalla tenda e si allontanò per morire da solo e non essere di peso; le sue ultime parole furono

I am just going outside and may be some time

20 miglia dopo, il 19 marzo, I tre sopravvissuti piantarono il loro ultimo campo. Non riuscirono ad avanzare oltre per il tempo avverso (stava cominciando l’inverno). Scott scrisse le sue ultime parole sul suo diario

Last entry. For God’s sake look after our people

Scrisse inoltre delle lettere per I suoi famigliari e una breve apologia pubblica per raccontare l’eroismo dei suoi uomini, le avversità incontrate e le sfortune del suo viaggio (sorvolando su ogni sua responsabilità) che in patria lo rese un eroe per molto tempo oscurando addirittura l’impresa di Amundsen. Si presume sia stato l’ultimo a morire il 29 marzo del 1912.

La tenda con i tre corpi congelati venne ritrovata ad ottobre da una squadra di soccorso

La tenda con i tre corpi congelati venne ritrovata ad ottobre da una squadra di soccorso, venne ricoperta di neve e fu piantata una croce. Ironia finale del destino volle che si trovassero a soli 18 km dal deposito che li avrebbe salvati ma, ancora peggio, 38 km oltre il punto dove originariamente sarebbe dovuto sorgere il campo. Per futili motivi e contro la decisione del resto della spedizione, durante il viaggio di andata Scott aveva fatto piantare il deposito qualche decina di chilometri più a nord di quanto deciso in precedenza.

Le strade seguite dalle due spedizioni con i punti salienti:

La conquista del Polo sud

Solo dopo molto tempo la figura leggendaria di Scott venne debitamente ridimensionata e si riconobbero le sue responsabilità che insieme alle grandi sfortune portarono al completo fallimento della sua missione. Ma la questione è ancora oggetto di discussioni.

Così è come oggi vengono ricordati al Polo Amundsen e Scott.

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Negli anni successivi Amundsen riuscì a coronare il suo sogno originario sorvolando il Polo nord insieme a Umberto Nobile a bordo del dirigibile Norge. Infine morì nel 1928 in un incidente aereo avvenuto sopra i cieli del Mare Glaciale Artico. Informato dell’incidente del dirigibile Italia, era andato generosamente in soccorso dello stesso Nobile (che alla fine si salvò) e del suo equipaggio. Il suo velivolo si inabissò e non è stato tutt’ora mai ritrovato.

Fonti: come sempre liberamente tradotto, sintetizzato e reso LegaNerd Compatiblle© da me da qui, quae, quod, quorum e quarum

Breve gallery su come appare oggi il Polo, la squadra di Amundsen, quella di Scott e un grosso esemplare faunistico tipico del Polo (!)

 

 

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