The Beekeeper, la recensione: l’eroe del cinema operaio di David Ayer

The Beekeeper

David Ayer è uno a cui sono sempre piaciute le storie che parlano di famiglia, clan, outsider e, soprattutto, di lavoratori, sia quando ha partecipato in produzioni nel ruolo di sceneggiatore sia quando ha partecipato nel ruolo di regista. Una qualità che aveva portato la DC a sceglierlo per mettere in scena quel film impossibile che era Suicide Squad, che ha quasi fatto capitolare uno dei maggiori specialisti di cinecomics contemporanei quando ci ha rimesso mano con il suo remake di qualche anno dopo. Ayer, tradito dal flop al quale ha reagito con “snyderiano orgoglio” (la storia delle varie director’s cut), è tornato ad occuparsi delle storie proletarie a cui è stato sempre affezionato. Un’idea cinematografica fulgidamente e dichiaratamente rappresentata dal film di cui stiamo per parlare.

Nella recensione di The Beekeeper, nelle sale dall’11 gennaio 2024 con 01 Distribution, vi parliamo del ritorno alle origini di Ayer, alla sintesi del suo pensiero filmico in termini di scrittura e di messa in scena. Un action movie fuso insieme al revenge revanscista (che va molto di questi tempi) con al centro uno degli attori che più sa fare in questo genere di pellicole lavorando per sottrazione fino allo stremo.

David Ayer è uno a cui sono sempre piaciute le storie che parlano di famiglia, clan, outsider e, soprattutto, di lavoratori, sia quando ha partecipato in produzioni nel ruolo di sceneggiatore sia quando ha partecipato nel ruolo di regista

Jason Statham è quanto di più vicino esiste quando si pensa ad un attore che intende la recitazione come se fosse uno sport professionistico. I livelli che ha raggiunto per quanto riguarda la presenza scenica, il phisique du role sono impensabili per qualsiasi altro interprete contemporaneo che si cala in un registro action. Sa essere autoironico, elegante, intoccabile, umano, spietato, trash e anche generoso quando si tratta di buddy movie. La sua prova in questo caso è quasi hardcore, dato che non si racconta mai in nulla, non cambia mai faccia e non ha praticamente quasi mai un confronto.

A raccontarlo ci pensa Jeremy Irons, che qui fa l’Alfred della versione di Bruce Wayne truffaldina, drogata e saccente con il volto di Josh Hutcherson, il figlio di papà (anzi, di mamma) per eccellenza e cattivone che ha causato l’ira di Statham e quella del personaggio di Emmy Raver-Lamp, ormai specializzata nei film d’azione in cui fa la donna emancipata, tutta d’un pezzo e alla stregua ricerca di far valere la legge (o era la giustizia? Scusate, la metafora non è mai chiara).

“Protect the hive”

Esiste una rete di intelligence al di fuori di qualsiasi tipo di controllo e al di fuori di qualsiasi tipo di protocollo, che sia nazionale o internazionale. Uno spietato corpo di uomini e donne super addestrati che fanno passare per stupidi bambocci qualsiasi mercenario o membro dell’FBI o della CIA che sia. Un tipo di uomo come Adam Clay (Statham), un agente proletario in grado di raggiungere chiunque si reputi intoccabile.

Si chiamano “beekeepers” (apicoltori) e la sfiga più grande che si può avere nella vita è inimicarsene uno. Cosa che accade al rampollo d’America, Derek Danforth (Hutcherson), che tramite uno dei suoi call center truffaldini fa un danno di troppo, causando il suicidio della vicina di casa di Clay, una signora buonissima e l’unica a cui sia mai importato dell’apicoltore in pensione. Voglio dire, quella faccia sorrideva solamente al pensiero di portarle un barattolo di miele.

Esiste una rete di intelligence al di fuori di qualsiasi tipo di controllo e al di fuori di qualsiasi tipo di protocollo, che sia nazionale o internazionale.

Jason Statham

Scoperta la tragica scomparsa, Adam comincia una crociata personale che diviene man mano metafora di un giustiziere che per proteggere l’alveare (alias la parte giusta, limpida, buona e corretta degli Stati Uniti) deve arriva ad uccidere anche la regina (scoprirete voi qual è), come ci viene brillantemente spiegato da una sceneggiatura che ci teneva a far sapere che aveva un’idea di partenza. Ci mancherebbe altro – detto tra noi – dato che c’è solo quella.

La crociata vivrà però di un dualismo, dato che viene raccontata sia dal punto di vista di un uomo che non si fa problemi ad uccidere o tramortire chiunque sulla sua strada e un agente dell’FBI (Raver-Lamp) che prova a fermarlo e a fare le cose per bene, nonostante ella sia anche la figlia della donna che con la sua morte ha innescato gli eventi.

La sintesi del cinema di Ayer

Ci sta un tipo di cinema che in America non tramonta mai, perché talmente essenziale da poter essere applicabile per veicolare un messaggio sempre contemporaneo. Gli action movie sono così, specialmente nella loro versione revenge, perché possono trattare di questioni familiari, sociali, politici, storici e anche sentimentali. Basta adoperare la metafora cinematografica adatta.

Ayer prova farlo pensando un po’ a tutto questo, trovando in Statham l’interprete perfetto per affidargli la pratica mentre lui si dedica alla teoria, conscio di avere sempre una presa sul pubblico tale da non perderlo fino alla fine della storia. Il regista dell’Illinois si permette anche di portare nella messa in scena delle trovate effettistiche da b-movie e degli inserimenti estemporanei di elementi da cinefumetto, tanto poi ci pensa la credibilità del suo protagonista (vestito sempre da lavoratore americano con eleganza british) a far quadrare tutto.

the beekeeper

Ci sta un tipo di cinema che in America non tramonta mai, perché talmente essenziale da poter essere applicabile per veicolare un messaggio sempre contemporaneo.

Il problema di The Beekeeper non sta quindi né nella scrittura, né nell’interpretazione, né nella parte teorica in generale, ma nella parte registica, ovvero nella messa in scena action, che è la parte in cui invece Ayer ha fatto di tutto per poter essere libero di puntare. Invece la direzione sembra piuttosto pigra, non regalando neanche soluzioni particolarmente ludiche, con tutta la bontà dell’idea di stare sempre molto vicini ai personaggi e privilegiare delle coreografie per far risaltare la capacità sorniona di Statham di passare in mezzo a corpi, coltelli e pallottole senza colpo ferire e senza (quasi mai) essere toccato. In fine di conti però rimane un po’ poco.

The Beekeeper è al cinema dall’11 gennaio 2024 con 01 Distribution.

60
The Beekeeper
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

The Beekeeper è il nuovo film di David Ayer con protagonista assoluto un sempre perfetto Jason Statham, accanto a lui Jeremy Irons, Josh Hutcherson e Emmy Raver-Lamp. Si tratta di action / revenge movie revanscista in cui un agente lavoratore misogino, ma marxista, da uno spunto personale inizia una crociata solitaria contro la parte oscura dell'America, rappresentata da un ricchissimo rampollo figlio di mamma che truffa i bravi proletari. Tutto funziona molto bene dal punto di vista teorico, meno invece dalla messa in scena d'azione, un po' pigra e scontata. Peccato perché invece il regista aveva organizzato tutto per essere libero di dedicarcisi.

ME GUSTA
  • Jason Statham è perfetto.
  • La parte teorica del film è molto azzeccata.
  • Gli elementi più originali, anche se estemporanei, ci stanno molto bene.
FAIL
  • La direzione dei momenti action è un po' pigra.
  • Non c'è molta fantasia neanche dal punto di vista coreografico.
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