Egitto: scoperto un “nuovo” edificio funerario

L’Egitto non finirà mai di stupire ecco perché gli archeologi continuano a studiare e scavare in quella terra: consci di poter scrivere di continuo una nuova pagina di storia. E’ il caso degli archeologi che hanno scavato nel sito di Garza nella città egiziana di Fayoum scoprendo un grande edificio funerario e ritratti di Fayoum del periodo tolemaico e romano.

Faayoum (Shedet in antico egiziano) è stato fondato nell’Antico Regno ed era un centro di culto per adorare il coccodrillo Sobek d’oro. Sotto il regno tolemaico, Faayoum fu chiamato Ptolemais Euergétis e divenne un centro per il culto tolemaico di Alessandro Magno.

Gli archeologi hanno scavato nel sito archeologico di Garza dal 2016, con la ricerca dell’ultima stagione che ha scoperto un grande edificio funerario.

La struttura si trova nel villaggio di Garza, precedentemente noto come villaggio di Filadelfia, che fu fondato nel III secolo a.C. nell’ambito del progetto di bonifica agricola, attuato da Tolomeo II Filadelfo (309-246 a.C. ). L’edificio funerario è stato costruito utilizzando blocchi di pietra e contiene numerose camere sepolcrali scavate nella roccia o rivestite di pietra. Il pavimento all’interno della struttura principale è decorato con malta di calce e presenta piastrelle colorate che ricordano una scacchiera. Gli scavi hanno anche rivelato una moltitudine di reperti, tra cui bare di legno riccamente decorate sia in stile antico egiziano che greco antico, ceramiche, una scatola di legno decorata e una serie di ritratti, popolarmente noti come ritratti di Fayoum.

Questa è la prima scoperta di ritratti di Foyoum dopo gli scavi dell’archeologo britannico Flinders Petrie, durante gli scavi a Hawara nel 1887 e 1910-11, e gli scavi dell’archeologo tedesco Von Kaufmann, che scoprì la cosiddetta “Tomba di Aline”. I ritratti di Foyoum sono un tipo di ritratto naturalistico dipinto su tavole di legno attaccate a mummie di classe superiore dell’Egitto romano. Appartengono alla tradizione della pittura su tavola, una delle forme d’arte più apprezzate nel mondo classico. Il team ha anche trovato una statua in terracotta raffigurante un’Iside/Afrodite sincretica all’interno di una delle bare di legno, oltre a un deposito conservato di documenti papiracei incisi sia in caratteri demotici che greci.

L’egittologia diventa scienza

L’amore per l’Egitto, anche se noi lo studiamo da decenni, è abbastanza recente. Difatti solo la spedizione di Napoleone Bonaparte del 1798 risvegliò l’interesse europeo per la cultura egizia. In quell’epoca avvenne il ritrovamento della stele di Rosetta, che permise di decifrare la scrittura geroglifica. L’equipe di studiosi al seguito del conquistatore pubblicò un’opera monumentale, la Description de l’Égypte, dove vennero catalogati tutti i monumenti e le opere di arte faraonica conosciuti fino a quel momento. Iniziò quindi una caccia ai tesori egizi destinati a ingrandire le collezioni dei privati o dei Paesi che finanziavano le spedizioni. Fu con quest’obiettivo che i consoli stranieri in Egitto inviarono i loro uomini lungo tutta la valle del Nilo. Nell’ambito di queste ricerche l’esploratore Giovanni Belzoni fece alcune scoperte sensazionali, come la tomba di Seti I.

L’egittologia assunse un aspetto più scientifico e responsabile con le spedizioni di Jean-François Champollion e del suo discepolo Ippolito Rosellini, nel 1828-29, e con quella di Richard Lepsius, tra il 1842 e il 1845. In quel periodo le tombe erano diventate dei grandi bazar dove tutti prelevavano reperti per portarli nella propria collezione privata ed è nel 1858 che Auguste Mariette mise un freno ai saccheggi e agli scavi incontrollati con la creazione del Servizio reperti archeologici, destinato a regolamentare l’attività degli esploratori nella valle del Nilo. Da quel momento divenne necessario un permesso ufficiale per poter effettuare scavi – almeno in teoria, visto che i saccheggi di antichità proseguirono ugualmente.  Grazie al lavoro di Mariette e Gaston Maspero, che fecero ritrovamenti grandiosi, come il Serapeo di Saqqara o il nascondiglio di Deir el-Bahari, l’archeologia cominciò quella lenta evoluzione che l’avrebbe portata a diventare una scienza.

In questo processo ebbero un’importanza fondamentale le tecniche di scavo utilizzate da Flinders Petrie in Egitto a partire dal 1880.

Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo furono realizzate alcune delle maggiori scoperte della storia dell’egittologia, come la cachette di Karnak, uno straordinario complesso di statue ritrovato dal francese George Legrain nel 1903, o la tomba di Nefertari, rinvenuta dall’italiano Ernesto Schiaparelli nel 1904. In quel periodo il Servizio reperti archeologici concedeva permessi di scavo a mecenati senza conoscenze archeologiche e questi ultimi ricevevano in cambio la metà degli oggetti ritrovati. Fu così che alcuni pezzi famosi, come il busto di Nefertiti, ritrovato dal tedesco Ludwig Borchardt nel 1912, lasciarono l’Egitto.

Tutto questo cambiò nel 1922 con la scoperta della tomba di Tutankhamon da parte dell’inglese Howard Carter.

Si trattò di un ritrovamento esemplare tanto per i rigorosi metodi archeologici applicati dal britannico quanto per il fatto chenessun oggetto abbandonò il Paese. Il conte di Carnarvon, George Herbert, era un nobile inglese che d’inverno si recava in Egitto per i problemi di salute dovuti a un grave incidente d’auto. Howard Carter era un competente archeologo che era rimasto senza lavoro a causa di uno scontro con dei francesi ubriachi. Annoiato il primo e in cerca di lavoro e di successo il secondo, i due unirono le forze ed effettuarono il ritrovamento più straordinario di sempre: la tomba del faraone Tutankhamon. La scoperta avvenne nel 1922 grazie alla caparbietà di Howard Carter il quale, sicuro di conoscere la posizione esatta del monumento, riuscì a ottenere un ulteriore finanziamento dal conte di Carnarvon, ormai riluttante.

Difatti la ricerca della tomba fu proprio un vero atto di fede. Gli esperti del tempo sostenevano che tutto ciò che quella valle aveva da offrire fosse stato saccheggiato nell’antichità o già scoperto dagli archeologi. Tra i vari siti spogli e di scarso interesse, uno era stato erroneamente identificato come la tomba di Tutankhamon, che appariva come un faraone di minore importanza, il cui nome era riportato solo su pochi manufatti. Nella prima stanza che Carter aprì, chiamata anticamera, molti degli oggetti del corredo funebre erano ammassati gli uni sugli altri, come se fossero stati risistemati in fretta e furia da chi ha richiuso la tomba dopo l’ultimo furto.

Ciononostante, la magnificenza del suo contenuto superava di gran lunga le aspettative di Carter: quando riuscì a dare un primo sguardo alla stanza, l’archeologo la definì “meravigliosa”; una volta depositata la polvere sollevata dalle operazioni di apertura, alla luce della torcia Carter riuscì a vedere i tanti strani animali, statue e oro, oro luccicante ovunque. Inoltre questa scoperta lanciò l’egittologia, trovata quasi intatta, la tomba di Tutankhamon fornì informazioni e testimonianze preziosissime su quel periodo della storia egiziana. Gli affreschi illustrano le credenze religiose, compreso il ripristinato culto del dio Amon, che il predecessore di Tutankhamon aveva abbandonato. I sarcofagi perfettamente conservati hanno aiutato gli archeologi a comprendere meglio le elaborate pratiche di sepoltura del tempo. All’interno di quella tomba erano rimasti celati per secoli moltissimi tesori tra i quali lo straordinario sarcofago, maschera totalmente d’oro e i vasi canopi con le viscere mummificate del faraone.

Dopo la scoperta ci fu quasi un “Egitto-Mania” grazie alla dettagliata documentazione fotografica realizzata da Burton e a una stampa più globale che mai, le notizie del sensazionale ritrovamento fecero il giro del mondo e anche il Re e la Regina d’Inghilterra attendevano con interesse gli aggiornamenti. Motivi e decorazioni che richiamavano l’Egitto e il faraone Tutankhamon apparvero nella musica popolare e nella moda, nell’architettura e nell’arredamento, perfino in alcuni marchi di frutta.

L’Egitto è una delle storie più affascinanti della nostra cultura ed è per questo che non possiamo far altro che emozionarci, come se fosse la prima volta, di fronte ad un nuovo ritrovamento.

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