Un robot ha ottenuto l’udito attraverso il cadavere di una locusta
Dei ricercatori di Tel Aviv hanno deciso di agganciare un robot al corpo defunto di una locusta per usare il cadavere come ricettore di suono.
Il risultato? Una volta connessa all’insetto, la macchina è stata capace di “udire” i suoni e di reagire di conseguenza. Un battito di mani e avanzava, due battiti e si spostava a marcia indietro. La negromanzia ha fatto passi da gigante.
Al di là della facile ironia, lo scopo della ricerca ha risvolti decisamente cyberpunk, ovvero mira a valutare quali siano le possibilità dell’integrare un sistema biologico ad un altro di base tecnologica.
Il team, il quale unisce esperti di ingegneria, zoologia e neuroscienza, ha deciso quindi di adoperare la locusta come sostitutivo di un più tradizionale microfono, confidando che il senso dell’udito fosse il più facile da gestire.
L’impresa non è comunque stata immediata: prima hanno dovuto costruire un robot capace di reagire agli stimoli, quindi hanno dovuto identificare l'”orecchio” della locusta e assicurarsi che rimanesse “vivo” il tempo necessario all’esperimento, infine hanno dovuto tradurre i dati ricevuti dal cadavere in impulsi comprensibili alla macchina.
Dovremmo capire che i sistemi biologici spendono una quantità di energia nulla, se comparati a quelli elettronici. Sono miniaturizzati e, pertanto, sono anche estremamente economici ed efficienti. Per fare un esempio: un laptop consuma circa 100 watt all’ora, mentre il cervello umano ne consuma circa 20 al giorno. La natura è molto più avanzata di quanto non siamo noi, quindi dovremmo adoperarla,
ha spiegato il Dr. Ben M. Maoz della facoltà di ingegneria Iby e Aladar Fleischman e della Scuola di Neuroscienze Sagol.
Si fa di tutto per il progresso della scienza, certo, ma così su due piedi non riusciamo a scollegare questo esperimento dai mondi distopici del regista David Cronenberg o dalle cupe biomacchine del Soviet immaginato nel GdR di Sine Requie.
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