Dark 3, la recensione dell’attesissimo finale della serie tedesca Netflix

Dark 3 Cover

La nostra recensione di Dark 3, un attesissimo finale che aggiunge un nuovo livello di complessità prima di chiudere una volta per tutte le vicende della tormentata Winden.

Lavorare alla recensione di Dark 3 non nascondo sia un discreto grattacapo, principalmente nel riuscire a mettere in fila prima di scrivere tutti i vari passaggi logici di una stagione che chiude il cerchio aperto dalle altre, complice l’aggiunta di una ulteriore variabile da tenere sotto controllo, quella dei mondi.

Dopotutto quello che sorprende del successo della tedesca Dark è che per molti versi sia un qualcosa di estremamente distante dal mainstream, per complessità della propria scrittura in primis, ma anche per le tante decisioni stilistiche evidentemente appartenenti ad una produzione (pure per geografia) molto distante da quello che spesso siamo abituati a vedere in televisione dai network oltreoceano.

Di contro è pure vero che quello che è strano e audace finisce per incuriosire

Di contro è pure vero che quello che è strano e audace finisce per incuriosire, e non sarò mai abbastanza contento che qualcosa di molto meritevole come Dark abbia avuto questo gigantesco seguito, nell’attesa che anche in territorio nostrano Netflix riesca a portare avanti una produzione di genere degna di questo nome, dopo alcune recenti debacle, tipo Curon.

In ogni caso, la serie tedesca originale Netflix, guidata da Baron bo Odar e Jantje Friese, volge al suo termine con un finale al solito mindfuck, difficile ma non impossibile da seguire se seguito con la giusta attenzione, complice pure il fatto che stavolta si è quasi totalmente coscienti delle regole del gioco. Non tutto è realizzato al meglio, specie in dirittura di arrivo, ma vi anticipo che sto parlando comunque di una buona conclusione, che al netto di passaggi molto forzati e pretestuosi difficilmente potrà lasciarvi delusi.

Prima di continuare, vi ricordo che Dark 3 è disponibile su Netflix da oggi 27 giugno, con otto episodi a chiudere la serie.

 

 

 

 

Le regole del gioco, tra tempo e mondi

Se vi ricordate la conclusione della seconda stagione di Dark, ci eravamo lasciati con un super twist che vedeva Martha morire uccisa da Adam (spoiler: Jonas del futuro) e Jonas disperato venire poi salvato dall’apocalisse in corso da un’altra Martha, questa proveniente da un mondo parallelo.

La domanda non è più relativa (solo) al tempo, ma anche alla dimensione

La domanda non è più relativa (solo) al tempo, ma anche alla dimensione, per Dark 3. Inserire un’altra variabile è innegabile sia stato un grandissimo azzardo, e non nego assolutamente di avere alzato mille sopraccigli circa un anno fa, immaginando possibili conseguenze.

Tuttavia, vedendo questa terza stagione, risulta anche evidente che questa variabile era stata considerata fin dall’inizio e viene dunque sviluppata in maniera organica al resto, andando a risultare complementare a quanto già raccontato, chiudendo il cerchio e andando a costruire una nuova visione di insieme.

 

Dark 3 Unknown

 

Messe al lato le necessità strutturali, l’aggiunta di nuovi elementi incogniti era qualcosa di cui Dark aveva evidentemente bisogno, reggendosi a partire dalle sue fondamenta soprattutto sul totale senso di mistero che pervade i vari eventi narrati, impedendo una immediata accessibilità e giocando su questo per stupire lo spettatore e costruire tensione.

Non basta questo però ad evitare quello che io chiamo effetto seconda stagione di Twin Peaks, con ovvio riferimento a quando Lynch e Frost furono costretti dal network a rivelare prima del dovuto la questione relativa all’assassino di Laura Palmer, su cui si reggeva il resto. Qui la situazione è simile, e la consapevolezza di quasi tutti i meccanismi dell’immaginario da una parte rende tutto più comprensibile, mentre dall’altra smorza – specie nella prima metà della stagione – la curiosità e la sfida verso i tentativi degli spettatori di estrarre da soli un senso.

 

Dark 3 Cave

 

Non che manchino in tutto questo i colpi di scena dirompenti a cui ci ha abituato la serie (ce ne sono in discreta abbondanza), ma di sicuro vantano un impatto minore proprio perché ormai non manca più l’intero quadro, ma esclusivamente quelle tessere del puzzle necessarie a completare l’opera e chiudere la narrazione di questo continuo, estenuante e sadico ciclo temporale.

Fatto questo appunto, la sceneggiatura di Dark 3 – e in generale quella dell’intera serie – è semplicemente impressionante nella sua capacità di incastrare eventi su una moltitudine di piani diversi, temporali e non, e non penso di essermi mai trovato davanti un qualcosa di così ambizioso a livello di complessità di scrittura, dal dettaglio microscopico agli eventi più macroscopici e rilevanti.

Non ho idea di come si possa riuscire a mantenere una buona razionalità all’interno di un groviglio così denso di azioni, personaggi e multiple versioni degli stessi, eppure il tentativo così ambizioso è andato decisamente a buon fine, per la maggior parte. Un grande plauso va fatto anche solo per questo.

 

 

 

Tecnica e casting al servizio del racconto

Il lavoro di incastri amanuense, realizzabile a questo livello non al cinema ma solo attraverso la narrazione orizzontale di una serie televisiva, viene reso possibile e alla fine della fiera comprensibile dall’attenzione maniacale verso due parametri, in primis il casting, in secondo luogo tecnica e sonoro.

Sul casting Dark 3, ed è un discorso da ribadire dopo le prime due stagioni, ha davvero da insegnare a chiunque, ed è abbastanza eloquente la facilità con cui si riesce a comprendere chi è chi, nella relativa linea temporale, anche grazie al contesto.

La somiglianza tra i vari attori che interpretano a diverse età i vari personaggi risulta quasi sempre clamorosa

La somiglianza tra i vari attori che interpretano a diverse età i vari personaggi risulta quasi sempre clamorosa, e ancora più notevole appare il fatto che la recitazione si mantenga su un livello piuttosto alto e consistente lungo tutta la lunga lista dei nomi del cast, pure al di fuori dei protagonisti Louis Hofmann e Lisa Vicari.

 

 

Come dicevo però, non è solo l’assortimento di attori a fare la differenza, ma anche qualche intuizione tecnica. Tra le altre cose, torna qualche accorgimento del sonoro per segnalare il salto temporale, si aggiunge una transizione nel montaggio – efficace sebbene non elegante – per indicare quello tra i mondi, e addirittura si arriva a sfruttare variazioni nel formato dell’immagine (aspect ratio) per sottolineare qualcosa di ancora ulteriore.

É praticamente impossibile quindi che vi troviate spaesati almeno a livello spaziale/temporale, cosa non scontata vista la quantità di piani diversi in gioco nella narrazione.

Più in generale, la fotografia rimane molto buona, diciamo in linea con quanto visto in passato, mentre l’accompagnamento sonoro si piazza come il meglio del meglio, con i suoi perenni toni cupi e rimbombanti che lasciano spazio ai brani protagonisti di memorabili e suggestive sequenze sul finire di alcuni episodi.

 

 

 

L’inferno è vuoto, i diavoli sono tutti qui

Non ho ancora speso troppe parole nel dettaglio sul racconto di Dark 3 in sé e sopra ogni cosa sul suo finale, che come immaginerete per un intreccio così avviluppato è poco semplice a dirsi, e ancora meno semplice a farsi. Metto prima di tutto le mani avanti dicendo che in questa sede non farò alcuno spoiler, quindi leggete senza problemi i prossimi paragrafi, non ho minima intenzione di rovinarvi la visione.

Come ovvio, la stagione finale di Dark chiude il cerchio e condensa in nocciolo tutti i temi portati avanti in questi tre anni, che ruotano in primo luogo intorno all’effettivo libero arbitrio di un essere umano e alla sua effettiva capacità di scelta al di fuori di ogni condizionamento: d’altronde noi facciamo quello che vogliamo, ma non decidiamo quello che vogliamo.

La stagione finale di Dark chiude il cerchio e condensa in nocciolo tutti i temi portati avanti in questi tre anni

É una filosofia di pensiero a tutti gli effetti desolante quella portata avanti dalla serie Netflix, che vincola gli abitanti, le pedine e i burattinai di Winden ad essere dannati e diavoli in un inferno in terra dove non esiste scampo al proprio destino, dove non esiste individualità ma si è semplicemente parte di un tutto e dove la sofferenza sembra il comune denominatore di ciascuna esistenza, in un mondo come nell’altro. Non c’è scampo, non possiamo fare a meno di essere fedeli ai nostri desideri, che ci incatenano e limitano come animali da soma.

 

Dark 3 Ulrich

 

E sebbene nella realtà di tutti i giorni l’infinita spinta verso il desiderio effettivamente è l’unica cosa che ci guida come ci rende infelici, in quel di Winden la cosa vale doppiamente, perché ciascun personaggio in campo pur cosciente del futuro non può fare a meno di favorire determinate esiti, a volte in maniera clamorosa, bloccato in un loop che costringe a svestire i panni di qualsiasi etica e umanità. Tanto vale continuare a nutrire l’origine dell’agonia o spezzare la tortura del tempo e della casualità?

Ebbene, Dark 3 persegue e arricchisce queste discussioni, mettendo a fuoco in aggiunta l’importanza motrice del dolore e del lutto, che si lega ancestralmente a doppia mandata con il sogno (o il desiderio, appunto) di viaggiare nel tempo.

Possiamo sconfiggere la morte e il destino? E come?

Questa è la domanda a cui tende l’insieme di vicende di Dark, come praticamente qualsiasi storia sui viaggi nel tempo, e la risposta del finale potrebbe essere sì parzialmente prevedibile, ma non semplice da digerire nel suo doppio messaggio.

 

Dark 3 Bartosz

 

E a proposito di finale è comunque da riconoscere quanto sia un’impresa molto complessa mettere un punto fermo senza traballare a fronte di una scrittura così complessa e per sua stessa impostazione rigidissima e studiata a tavolino.

Il risultato – e tutti purtroppo ce lo aspettavamo, aggiungerei – è una chiusura con qualche forzatura straniante di troppo e pretesti/salti logici che ad un certo punto non ci si preoccupa nemmeno di giustificare o nascondere (l’ho scoperto e basta/è così e basta), senza considerare per clemenza quanto velocemente e dal nulla vengano portati avanti, cosa ancora più fastidiosa.

Il risultato è una chiusura con qualche forzatura straniante di troppo

Superata l’impasse di metà puntata – l’ottava – dedicata a trovare un modo per arrivare dove voglio io sceneggiatore, gli ultimi respiri della serie tedesca tornano a concentrarsi sulle proprie sensibilità e i propri nuclei tematici, avviandosi ad un epilogo malinconico che riscatta lo zoppicare del resto.

Arrivare in fondo al tunnel vale insomma la candela per un’ultima mezz’ora davvero preziosa, che tirerà via qualche lacrima amara per l’addio affettuoso ad un immaginario seguito ormai da tre anni da un gran numero di fan.

Gli ultimi minuti racchiudono con un primo piano su un certo personaggio (forse l’inquadratura di Dark che più mi ricorderò negli anni) le parole più sintetiche, agrodolci e dense di significato dell’intera serie, conclusa con un tocco di classe che corona ed esaurisce un progetto incredibilmente ambizioso.

 

Dark 3 vi aspetta su Netflix dal 27 Giugno

 

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