Basic Sanitation: The Movie, la scoperta del cinema

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Sfogliando il catalogo Netflix in una ricerca ossessiva di film con Wagner Moura, di cui sono ghiotta per motivi esclusivamente accademici, mi sono imbattuta in questo piccolo, stupido, geniale, trashissimo film chiamato Basic Sanitation: The Movie.

Attraverso il mio debole per l’attore di Narcos sto scoprendo un tipo di cinema che non conoscevo, quello brasiliano. E tra proposte decisamente impegnative, come un Tropa de Elite, sbuca anche questo divertente racconto che descrive l’essenza stessa del cinema.

L’elemento trash ha due funzioni parallele: quello di far divertire il pubblico e quello di raccontare il cinema stesso.

Saneamento Básico, O Filme è un film del 2007 con Fernanda Torres e lo stesso Wagner Moura, che reciteranno fianco a fianco anche nel 2012 con La sedia del padre. Il film ha un taglio tra l’amaro e il dolce, una classica pellicola tragicomica dove l’elemento trash ha due funzioni parallele: quello di far divertire il pubblico e quello di raccontare il cinema stesso.

Il film racconta la storia di una piccola cittadina montana, composta per lo più da immigrati italiani, alle prese con un problema comune: riparare le fognature. Dopo varie lettere al comune e incontri in piazza, la situazione non si sblocca: non ci sono soldi. La coppia protagonista, i coniugi Marina e Joaquim, vanno a chiedere nuovamente di provvedere alla situazione, ma al comune gli rispondono che gli unici soldi messi a disposizione dal governo sono quelli dedicati ad un progetto culturale. Quale progetto? Beh, creare un film. I fondi per il cortometraggio potrebbero in effetti dare alla comunità i soldi necessari per sistemare il sistema fognario.

Detto fatto, basta creare un piccolo documentario descrivendo lo stesso problema. Purtroppo (e per fortuna), le specifiche del concorso culturale sono diverse: il film deve essere una fiction. Ok, quindi: bisogna creare un film di finzione che parla delle fogne? Pare proprio di sì. Questo miscuglio di intenti e direttive scaturirà una serie di divertenti situazioni nelle quali i nostri eroi montanari arriveranno a stretto contatto con il cinema.

Scena dopo scena, ostacolo dopo ostacolo, l’intera storia tecnica del cinema si palesa davanti ai nostri occhi, sottolineandone gli elementi che la costituiscono e lasciando che lo stesso pubblico, accompagnato dagli attori, scopra da sè come funziona l’enorme macchina del cinema.

 

 

 

Alla scoperta dell’essenza del cinema

 

Basic Sanitation è estremamente interessante proprio da questo punto di vista: ci fa riscoprire il cinema attraverso gli occhi di un bambino, meglio identificato con un gruppo di ignoranti del settore che cerca in tutti i modi di creare qualcosa di bello per salvare il proprio paese. Si parte proprio da zero, dalla ricerca della giusta telecamera per creare il cortometraggio, la scelta degli attori, i costumi di scena, la ricerca degli sponsor, la scrittura del copione e l’ambientazione.

 

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Perché il cinema nasce, in effetti, da pochi e fondamentali elementi che lo compongono e in questo minuscolo scenario disperso tra le montagne, possiamo osservarlo da molto molto vicino. Un progetto stimolante, che solleva il morale e le speranze di un micro-mondo decisamente lontano dalle grandi produzioni o anche solo da quello stimolo creativo di città più grandi e impegnate in campo artistico.

Una delle rappresentazioni più belle, a mio avviso, di tutto il processo cinematografico, è la discussione attorno al concetto di finzione. Le specifiche comunali sono chiare: deve essere fiction; ma cos’è la fiction? Dobbiamo cercarla nel dizionario, chiedere ai genitori, ascoltare le opinioni di tutti. La finzione è qualcosa che non esiste, come i mostri, come gli alieni. La finzione è creare qualcosa da zero, progettare un personaggio di fantasia, raccontare una storia fantastica. In parole spicce, c’è da fare un video di mostri.

 

 

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Man mano che il progetto prende piede, ecco le prime problematiche classiche del set: la protagonista vanitosa che ci mette ore a vestirsi, gli errori di battuta e i vari ciak, la seconda stesura di alcuni dialoghi che dal vivo non funzionano, il monologo improvvisato degli attori più esperti, le piccole lotte tra regista e sceneggiatore, il giusto modo per citare gli sponsor, e via dicendo.

Microscopiche rappresentazioni dell’enorme meccanismo-cinema si susseguono nello schermo con una genuina ed ingenua visione di quel mondo.

 

 

 

 

La scoperta del montaggio
e degli effetti speciali

 

Un altro fondamentale e bellissimo passaggio del film è la scoperta stessa del montaggio, e sembra davvero di essere tornati indietro ai tempi dei Lumiere e alle fantasmagorie di Méliès. Perchè, prima del montaggio, si procedeva esclusivamente in senso lineare e cronologico, intervallando le riprese con un semplice stop and play.

Quando i nostri eroi scopriranno che la concatenazione delle scene è una parte essenziale della costruzione di un film, affideranno le loro speranze al furbetto di turno, che riconoscerà le potenzialità (?) della pellicola e vorrà assolutamente intromettersi nella faccenda, ovviamente previo pagamento.

 

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Un intero arsenale di orribili effetti speciali, costruzione della trama più dinamica, infiniti ciak e tentativi, per arrivare, finalmente, al prodotto finale.

E da qui si apre un mondo: un intero arsenale di orribili effetti speciali, costruzione della trama più dinamica, infiniti ciak e tentativi, per arrivare, finalmente, al prodotto finale. In tutto questo ritroviamo altri divertenti cliché del cinema, come il regista che se la tira e vuole più soldi o l’attricetta di turno che gli fa gli occhi dolci.

Col montaggio, e quindi con l’aggiunta di nuove riprese che verranno inserite qui e lì nel cortometraggio, arrivano anche altri spaventosi problemi: l’attrice si è fatta, per caso, un nuovo taglio di capelli? Dille che non deve farsi niente ai capelli! Inconsapevolmente, la sprovveduta crew introduce un altro importante fattore del cinema, la continuità.

 

 

 

Controfigure,
costumi e props

 

Passiamo davanti alla telecamera, è tempo di occuparsi di tutto ciò che comparirà nell’inquadratura, a partire dagli attori stessi. Scopriamo cos’è una controfigura quando il personaggio che interpreta lo scienziato pazzo deve lavorare alla sua fabbrica di mobili e non ha di certo tempo da buttare per fare un’altra scena del film. Così cede giacca e cappello ad un suo compaesano che, in tutto e per tutto, funzionerà come controfigura.

 

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L’elemento più geniale del film è il costume del mostro delle fogne, il personaggio di Joaquim ovvero Wagner Moura. E’ così elaborato e folle che riesce perfino a sbuffare fumo ed avere parti luminose. Composto principalmente da oggetti di recupero, il terribile scherzo genetico è un insieme di pellicce e guanti da giardino. Ed è assolutamente perfetto.

 

 

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E se la sceneggiatura prevede un vestito da strappare, non può mica essere quello costoso regalato dallo sponsor. C’è da cucirne un altro, possibilmente simile, che possa essere strappato nella scena dell’aggressione del mostro alla giovane e sprovveduta fanciulla. Ma gli oggetti di scena hanno un costo, quindi tocca concentrarsi tutti e produrre un buona la prima.

 

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E per l’amor di dio, non guardare la telecamera!

 

 

 

 

L’arte vive anche
nelle piccole cose

 

A prescindere dal raccolto dell’evoluzione del cinema, questo piccolo film racconta il confronto tra due mondi completamente opposti: i piccoli, genuini e senza fronzoli paesini di montagna contro una più costruita e adulterata realtà delle grandi città. Ed è proprio lì che l’universo artistico si palesa, non di certo in un ambiente rurale e artigianale come quello della cittadina di Rio Grande do Sul. Un mondo legato alla manodopera e ai problemi più pratici, come la costruzione delle fogne.

Il cortometraggio che producono non è di certo un capolavoro, tuttavia insegue e scimmiotta quel bello visto nei film. E proprio in un contesto di estrema ingenuità, può nascere quel puro e cristallino desiderio di esprimersi attraverso l’arte e la creatività. Che poi ne venga fuori qualcosa di bello è totalmente irrilevante.

Basic Sanitation è in realtà un film d’amore, anche se marginalmente.

Descrive il rapporto tra moglie e marito, con le loro discussioni, i loro problemi sentimentali e il profondo affetto che li lega. Descrive la famiglia, le dinamiche interne, i sogni e le paure di ognuno di loro.

Insomma, è un film strano e completo, una felice scoperta nello scenario, ahimè poco conosciuto, del cinema brasiliano.

 

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