Il liquido vuoto

E’ leggerissimo, stabile e non invecchia: e’ un nuovo gel nato in Italia che si ottiene dall’arresto del ”liquido vuoto”, chiamato cosi’ per la struttura estremamente rarefatta.

E’ descritto nell’edizione online della rivista Nature Materials e la ricerca e’ stata condotta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), con l’universita’ di Roma La Sapienza e la struttura europea per la luce di sincrotrone (Esrf) di Grenoble. Si apre la strada alla possibilita’ di ottenere materiali leggeri e sempreverdi controllando l’equilibrio delle particelle che li costituiscono. Le possibili applicazioni sono molteplici e vanno dalla medicina all’elettronica.

”Il punto di partenza e’ stato un materiale molto comune, un’argilla chiamata laponite, normalmente in commercio e utilizzata in moltissimi prodotti di uso quotidiano, come cosmetici, dentifrici, detersivi, addensanti per vernici”, spiega Emanuela Zaccarelli, dell’Istituto per i sistemi complessi del Cnr (Isc-Cnr), che ha coordinato la ricerca insieme a Barbara Ruzicka, dell’Istituto per i processi chimico-fisici del Cnr (Ipcf-Cnr).

L’argilla e’ stata disciolta in acqua fino a trovare la concentrazione giusta perche’ le particelle a forma di disco che la costituiscono cominciassero ad aggregarsi spontaneamente: ”per ottenere questo effetto non devono essere troppe, ne’ troppo poche”, osserva la ricercatrice. E’ stato un lavoro di mesi, che alla fine ha permesso di ottenere un nuovo stato della cosiddetta ”materia soffice”, ossia della materia che puo’ assumere stati fisici che possono essere facilmente deformati da variazioni della temperatura, come schiume, gel, colloidi. Materiali come questi hanno una struttura disordinata e invecchiano. Il liquido vuoto, invece, ”non invecchia piu”’, osserva Zaccarelli.

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I possibili usi del nuovo materiale sono molteplici, anche se ancora lontani. Secondo Ruzicka ”potrebbero essere utilizzati per ottenere materiali biocompatibili, per esempio per costruire capsule che rilasciano farmaci nell’organismo. Si possono immaginare anche altri tipi di particelle colloidali rivestite ad esempio con catene di Dna che aggregano da sole in queste fasi vuote”. Le ricadute possono essere interessanti anche per la ricerca biomedica.

Via Ansa

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