La scoperta della biofluorescenza nei mammiferi, come descritta da Kenny Travouillon, curatore di mammalogia presso il Western Australian Museum, è un fenomeno affascinante. Questa caratteristica consente ai mammiferi di emettere luce sotto l’illuminazione ultravioletta ed è stata osservata in una vasta gamma di specie anche se rimane un dubbio: a cosa serve essere “foforescenti?” La fluorescenza si è dimostrata diffusa in metà delle famiglie di mammiferi, in quasi tutti i 27 ordini, suggerendo che sia una caratteristica molto più comune di quanto si spensasse. Tuttavia, non è ancora del tutto chiaro se questa biofluorescenza abbia un ruolo biologico specifico per i mammiferi o se sia semplicemente un effetto collaterale della chimica di superficie, ad esempio dovuto alla presenza di cheratina nelle unghie, nella pelle, nei denti e in altre parti del corpo.
Cos’è la fluorescenza?
La fluorescenza è un fenomeno ottico in cui un materiale assorbe luce ad una certa lunghezza d’onda e poi emette luce a una lunghezza d’onda maggiore. In altre parole, quando un materiale è esposto a una sorgente di luce, come la luce ultravioletta (UV) o la luce blu, può assorbire questa luce e quindi emettere luce a una lunghezza d’onda diversa, spesso nella gamma del visibile. La fluorescenza è un fenomeno comune in molte sostanze, tra cui coloranti, pigmenti, materiali fluorescenti e anche in alcune strutture biologiche. In breve, la fluorescenza è il processo mediante il quale un materiale assorbe luce a una certa lunghezza d’onda e la restituisce sotto forma di luce a una diversa lunghezza d’onda, spesso visibile all’occhio umano.
Lo studio
I ricercatori della School of Molecular and Life Sciences della Curtin University (Australia) hanno esaminato un’ampia gamma di specie di mammiferi conservati in una collezione museale per verificare la presenza di una fluorescenza apparente utilizzando la luce UV; quindi, hanno analizzato un sottoinsieme di esemplari conservati e non conservati mediante spettroscopia di fluorescenza a tre diverse lunghezze d’onda per valutare se le osservazioni erano di fluorescenza o di dispersione ottica e l’impatto della conservazione degli esemplari. Fatta questa analisi, hanno identificato esempi di questo fenomeno in 125 specie che rappresentano tutti i 27 ordini di mammiferi viventi e 79 famiglie.
“Non è ancora chiaro se la fluorescenza abbia un ruolo biologico specifico per i mammiferi”, scrivono i ricercatori
Ci sono varie teorie sul perché alcuni mammiferi potrebbero avere sviluppato questa caratteristica, come l’ipotesi che possa renderli più visibili in condizioni di scarsa illuminazione, come al crepuscolo o all’alba, per scopi legati all’accoppiamento o alla difesa del territorio. Tuttavia, nonostante queste teorie, non esiste ancora una comprensione completa del motivo per cui la biofluorescenza si è sviluppata in così tante specie di mammiferi. Sembra essere una proprietà ubiquitaria della pelliccia e della pelle non pigmentata, ma potrebbe servire a far apparire queste aree più luminose e quindi a migliorare la segnalazione visiva, soprattutto per le specie notturne.
Un incidente dell’evoluzione
Una proteina chiamata cheratina che si trova nelle unghie, nella pelle, nei denti, nelle ossa, negli aculei, nei baffi e negli artigli è biofluorescente, ma questa proprietà ottica potrebbe essere solo un incidente dell’evoluzione, spiegano i ricercatori. La cheratina provoca la fluorescenza anche nei peli non pigmentati o di colore chiaro. La talpa marsupiale meridionale (Notoryctes typhlops) è uno dei mammiferi più fluorescenti grazie alla sua pelliccia giallo-bianca. Ma questa specie vive sottoterra. I ricercatori ipotizzano che la cheratina della pelliccia di N. typhlops sia aumentata per proteggersi dalle particelle abrasive del suolo e che la fluorescenza sia un effetto collaterale. Analogamente, è improbabile che la fluorescenza nei pipistrelli che, usano l’ecolocalizzazione invece della vista per orientarsi e cacciare, favorisca la sopravvivenza. Nonostante lo scetticismo, ci sono state alcune prove che la fluorescenza sia evolutivamente vantaggiosa in alcuni mammiferi.
Lo studio sulla fluorescenza nei mammiferi è stato pubblicato su Royal Society Open Science.