David Gordon Green è in missione per conto di Jason Blum. Probabilmente nessun regista nella storia dell’horror (ma forse nella storia del cinema) potrà vantare la direzione di due progetti requel (sequel più reboot, prendete nota o guardatevi Scream) di altrettanti franchise così iconici per la vita recente della Settima Arte. Recente poi neanche tanto, visto che Halloween era del 1978, mentre l’Esorcista di Friedkin addirittura del 1973. Non è solo, c’è anche Danny McBride, anche se nella metafora non è chiaro assolutamente chi sia Elwood e chi sia Jake, quello che è sicuro è che Blum non è Dio, anche se, stando a questi film, sembra avere un rapporto di co-dipendenza con il diavolo. Forse per questo l’unica cosa che funzionava sul serio nella trilogia con il ritorno di Michael Myers prodotto Blumhouse era il nuovo rapporto tra Laurie e il Male che non muore mai.
Polemiche e frecciatine a parte, nella recensione de L’esorcista – Il credente, nelle sale italiane dal 5 ottobre 2023 con Universal Pictures, vi parliamo della nuova tappa della crociata di Green, che con questa pellicola vuole porre le fondamenta per una nuova trilogia, stavolta riprendendo in mano il sottogenere legato alle possessioni. Anche se, lo diciamo da subito, l’impianto drammatico a tratti ricercato tende invece alla giocosità dello slasher, che era proprio più degli altri sequel, quelli che non devono essere considerati per questo film.
David Gordon Green è in missione per conto di Jason Blum.
Il problema è che il diavolo (o Pazuzu o chi per lui) non è Myers (o Ghostface o chi per lui), che Ellen Burstyn non è Jamie Lee Curtis e che le saghe familiare non posso attecchire su qualsiasi cosa si voglia essere terreno fertile per uno o più sequel. Forse era meglio discostarsi in modo più deciso rispetto ad un passato recente, anche se ha rappresentato la svolta della carriera. Il motivo per cui non è successo è forse la mancanza di una direzione nuova?
La cosa più grave di tutte, infatti, è che Green abbia deciso di scrivere una pellicola senza un’idea precisa e forte che fosse in linea con l’immaginario, ma lasciandosi tentare da così tante derive semantiche da perdere il focus. Un errore fatale che con Halloween aveva messo da parte sin dalla zucca che si ricomponeva, dando seguito prendendosi meno o più rischi, come quando ha allargato la visuale sul tema della giustizia e del giustizialismo. Ma tant’è, 2023, anno della scomparsa di William Friedkin e 50esimo anniversario della pellicola originale e c’è un nuovo L’esorcista tra noi e sembra che sia qui per rimanere
Doppio demonio
Victor Fielding (Leslie Odom Jr.) è un padre single completamente dedito alla figlia Angela (Lidya Jewett), nata in delle circostanze d’emergenza, in seguito al coinvolgimento della madre nel terremoto del 2010 ad Haiti. Un evento che ovviamente ha segnato per sempre la loro vita familiare. Ora però il duo ha trovato un suo equilibrio e la ragazza è divenuta una tredicenne spensierata a cui però manca la mamma al punto da decidere di improvvisare una seduta spiritica per provare a parlarci.
Non è finita qua però, perché la ragazza decide di coinvolgere in questa goliardata anche la sua migliore amica Katherine (Olivia Marcum), primogenita di una famiglia fortemente cattolica, molto popolare all’interno della realtà scolastica e attiva anche nella comunità religiosa. Sfortunatamente, a causa di un piccolo incidente logistico, le due non troveranno dall’altra parte la mamma di Angela, ma qualcos’altro che porteranno con loro quando torneranno nel mondo dei vivi.
Un evento che ovviamente ha segnato per sempre la loro vita familiare.
Quello che potrebbe sembrare disturbo post traumatico da stress prenderà velocemente i contorni di qualcos’altro di ben più terribile (anche se pure il PTSD non è che sia poco fastidioso) e per il quale bisognerà rivolgersi a qualcun altro che non siano i semplici medici, tipo un prete o due, una quasi suora, una sacerdotessa hoodoo ex oncologa e una “esperta” di esorcismi, una a caso, Chris MacNeil (Burstyn).
Dream team contro il doppio demonio per vincere una gara contro il tempo e salvare le anime (e le vite) delle due povere ragazze.
Senza credere si arriva solo fino ad un certo punto
Fin dalla prima inquadratura, com’è successo con Halloween, L’esorcista – Il credente comincia a piazzare citazioni esplicite alla pellicola del 1973 e, sempre come successe nella pellicola del 2018, Green mette in bella mostra il suo piano di rilettura dell’originale, divertendosi a riaggiornare con elementi di contorno e ribaltando ogni nodo della sceneggiatura in modo da “sorprendere” lo spettatore. C’è anche l’apertura in un posto esotico prima di arrivare negli Stati Uniti, addirittura nel passato stavolta.
Ora, se nella prima parte del film la struttura supporta anche il giochino di scrittura, inserendo una trovata interessante con i parallelismi che apriva la sparizione delle due ragazze, tutto comincia a confondersi dall’inizio della solita trafila che porta l’impossessato (in questo caso le impossessate) a cadere in mano al demonio e a convincere gli affetti che non ha problemi neurologici. Tutto, man mano che si avanti, comincia a scricchiolare, complicandosi.
Tutto, man mano che si avanti, comincia a scricchiolare, complicandosi.
Il diavolo è doppio, ma conta solamente un punto di vista, l’altro è di contorno e infatti serve a fare da gancio a quella parte di film che si occupa di creare i presupposti per fare saga (in maniera pressoché scialba stavolta), piazzare una metafora sempliciotta sulle comunità religiose e un’inquadratura che il regista voleva assolutamente girare.
Il tema del senso di colpa e dei legami (e non saghe) familiari la fa da padrone anche stavolta, ovviamente ribaltata anche questa, per condurre alla solita trovata della maggior parte degli ultimi film sulle possessioni: il tema della fede. Ma fede in cosa? Di certo non in Dio o nella religione, che in questo nuovo L’esorcista è veramente ridicolizzata, tanto da abbozzare una sorta di superiorità di riti profani. La fede diventa quella nelle persone, negli altri, anche se alla fine della fiera anche questa trovata viene scalzata dalla più classica delle soluzioni: la crisi della figura paterna.
L’esorcista – Il credente è uno slasher che però non vuole essere uno slasher, quindi non diverte come potrebbe e rischia di non fare paura come dovrebbe (non fa mai paura). Status non status che genera un cortocircuito anche nella sua componente estetica, che è la solita di Green, un po’ patinata, un po’ vintage, un po’ parental control, un po’ carta da parati, scartando qualsiasi idea di realtà, cosa che aveva fatto le fortune del capolavoro del ’73. Insomma, tutto il contrario di quello che dovrebbe fare una pellicola che è uno slasher, ma non vuole esserlo.
L’esorcista – Il credente è disponibile nelle sale italiane dal 5 ottobre 2023 con Universal Pictures.
L'esorcista - Il credente è il primo capitolo della nuova trilogia requel firmata David Gordon Green, Danny McBride e Blumhouse. La pellicola vuole essere il sequel diretto dell'originale del '73 e vede anche il ritorno di Ellen Burstyn. Il giochino che vuole fare il regista è lo stesso della trilogia precedente, in cui si rileggeva il materiale classico ribaltandone gli elementi chiave, allargando la visione nel tentativo di modernizzarla e creando saga. Il problema principale di questo film è adoperare questo metodo senza prendere una direzione precisa che caratterizzi il film e se erediti un titolo del genere non te lo puoi permettere. La parte estetica poco in linea, le mille idee abbozzate, i ritorni scialbi e le numerose piroette portano il film a collassare su se stesso. Il risultato è che non fa neanche paura.
- Un horror pop al passo con i tempi, fatto per il nuovo pubblico.
- L'idea, abbozzata, di andare oltre il tema della fede religiosa cattolica.
- Il trucco delle bambine.
- La natura del film è confusionaria, non c'è una scelta dritta.
- La parte legata alla creazione della saga è piuttosto scialba.
- La seconda parte del film diventa sovraccarica, facendolo collassare.
- Le soluzioni finali sono piuttosto banali.
- La parte estetica mal si sposa con il tono che il film vuole avere.
- Non fa paura e non diverte.