Sembra una buona notizia quella che arriva dal Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Moressa. Non sussiste l’invasione di stranieri e nemmeno una sottrazione di lavoro agli italiani.
Dopo le chiusure del 2020, nel 2021 tornano a crescere: 274mila, più del doppio dell’anno precedente. In ripresa, soprattutto, gli ingressi per lavoro, passati da 10mila a oltre 50mila e pari al 18,5% dei permessi totali. Ma l’integrazione in Italia è ancora immatura visto che il primo canale di ingresso per gli immigrati in Italia è il ricongiungimento familiare (44% dei nuovi permessi). Per motivi di lavoro invece latitano: sono 8,5 ogni 10mila abitanti mentre nella Ue arrivano a quota 29,8. Gli ingressi per lavoro in Italia (8,5 ogni 10.000 abitanti) rimangono a un livello molto più basso rispetto alla media Ue (29,8). Se poi si guarda il numero dei residenti, gli stranieri sono 5,2 milioni e cioè l’8,8 per cento della popolazione. Con buona pace dell’invasione. Gli occupati stranieri nel 2021 sono 2,26 milioni, pari al 10% del totale. Il tasso di occupazione, calato bruscamente nel 2020, rimane più basso di quello degli italiani (57,8% stranieri, 58,3% italiani).
Rapporto della Fondazione Moressa
Le differenze si misurano sulla qualità del lavoro e sul mercato interno del lavoro. Il Rapporto riporta che il 37,5% degli italiani svolge attività tecniche e qualificate, mentre per gli stranieri la percentuale va a 7,8%. Curioso il dato inverso: i lavoratori non qualificati sono l’8,5% degli italiani e il 31,7% deli stranieri. In fasce medio-basse del lavoro gli immigrati producono 144 miliardi di valore aggiunto con un contributo Pil pari al 9%. Per il Rapporto non c’è neanche uno squilibrio nel bilancio sulle casse dello Stato. Il saldo tra il gettito fiscale e contributivo e la spesa pubblica per i servizi welfare rimane attivo per 1,4 miliardi di euro. In pratica, gli immigrati danno più che prendere.
Insomma, l’Italia avrebbe bisogno di 534mila lavoratori. Il fabbisogno di manodopera straniera sarebbe di 80mila unità. La quota mancante sarebbe da ricercare in donne e giovani. Il 40% delle donne non lavora per occuparsi di casa e famiglia (figli o anziani).