Il Medioevo resta una delle epoche maggiormente rivisitate sul piano storico ed immaginifico. Del resto, l’idea stereotipata e fantasiosa di un “Medioevo inventato ” resta sempre più accattivante di quanto non lo sia la realtà storica, soprattutto se lo scopo è quello di creare prodotti di intrattenimento e storie che sappiano coinvolgere ed emozionare. È proprio questo il principio su cui si sviluppa l’immaginario di A Plague Tale: Requiem, l’ultima opera di Asobo Studio che reinterpreta il Basso Medioevo partendo da alcuni solidi riferimenti storici (La Guerra dei Cent’Anni e l’epoca della Peste Nera) per dare vita ad un contesto storico di pura finzione, dove il realismo incontra la fantasia per mettere in scena un Medioevo dai tratti fortemente drammatici, esasperati ed oscuri.

A differenza di molte altre opere videoludiche, infatti, il secondo atto della storia di Amicia e Hugo non vuole rappresentare tanto l’elemento fantastico dell’immaginario medievale di stampo cinematografico, quanto piuttosto quello più oscuro e violento derivato dall’immaginario dark fantasy letterario, dove prevale la potenza delle immagini e l’orrore della della morte. 

Per dare forma alla sua personalissima immagine di Medioevo, Asobo Studio ha tratto ispirazione dalle fiabe dei Fratelli Grimm, dal fantasy “gritty” de Il Trono di Spade, fino ad arrivare al romanticismo pittorico dei più noti esponenti del genere in una splendida commistione di generi e atmosfere che hanno contribuito a dare coerenza ed equilibrio all’immaginario del gioco. Scopriamo dunque come Asobo Studio ha costruito il Medioevo di A Plague Tale: Requiem analizzando tutte le influenze e le fonti d’ispirazione a cui il team ha attinto per dare vita alla storia di Hugo e Amicia.

Concepire il Medioevo: dalla storia al fantastico

La storia di A Plague Tale: Requiem si svolge circa 6 mesi dopo l’epilogo degli eventi di Innocence. Ci troviamo ancora una volta dunque nel XIV secolo, in una Francia dilaniata dalla Guerra dei Cent’anni e dall’inarrestabile diffusione della Peste Nera.  Nel tentativo di lasciarsi alle spalle gli orrori vissuti nella provincia dell’Aquitania, i due giovani fratelli De Rune partono per raggiungere la soleggiata Provenza in cerca di una misteriosa isola che potrebbe contenere la chiave per la salvezza Hugo.

Sebbene l’immaginario tratteggiato da Asobo non persegua la via del realismo storico, l’avventura di Amicia ed Hugo è comunque costellata da tutta una serie di aneddoti e curiosità dell’epoca che contribuiscono a delineare l’immagine di un Medioevo ispirato sul fronte storiografico, seppur pregno di elementi fantastici.

Del resto, l’intento del team è sempre stato quello di costruire una storia sì di pura finzione, ma che in qualche modo potesse restituire una rappresentazione realistica degli orrori del tempo. Per questo motivo, Asobo si è avvalso dell’aiuto della dottoressa in storia medievale, Roxane Chila, che ha messo a disposizione del team tutte le proprie conoscenze per riuscire a mettere a punto la visione di una Francia medievale  che fosse il più fedele possibile per atmosfere, ambientazioni, costumi, usanze e condizioni sociali del tempo. La ricostruzione dei modelli dei villaggi, ad esempio, ricalca fedelmente lo stile dei borghi della Provenza con i suoi tortuosi vicoletti su cui affacciano botteghe e abitazioni in pietra immerse tra i colori accesi della vegetazione. La stessa cura e attenzione per i dettagli viene riposta poi nella realizzazione dei costumi, il cui stile abbraccia la moda storica del tempo, soprattutto per quanto riguarda i modelli e le stoffe dei vestiti delle classi meno abbienti che iniziavano ad essere molto più colorate rispetto al passato.

Del resto, all’epoca ci fu una vera e propria evoluzione della tintura dei tessuti con l’arrivo di nuove tecniche come la “Mordenzatura” che servivano a fissare efficacemente i pigmenti sulle fibre tessili: in sostanza, lo stile rimaneva estremamente semplice, ma gli abiti risultavano motlo più pigmentati e volti al gusto per l’eleganza. Ovviamente, anche in questo caso, il team si è concesso un ampio margine di libertà per quanto riguarda la fedeltà alla moda del tempo: Amicia, ad esempio, indossa dei pantaloni e non una gonna – cosa assolutamente impensabile per le donne dell’epoca. Un dettaglio che dimostra quanto il costume di Amicia sia ben più che un semplice vestito, ma un simbolo di evoluzione per la protagonista che rifiuta gli standard della nobile ragazza nata come se non avesse l’opportunità di cambiare. 

Un altro aspetto decisamente interessante riguarda anche la caratterizzazione del contesto storico di riferimento. Ad esempio, in A Plague Tale: Requiem grande spazio viene dato al concetto di fanatismo, fenomeno che interessò gran parte dell’Europa proprio negli anni della pandemia di Peste nera (1346 – 1352) e che nel gioco viene espresso attraverso la componente di estremismo religioso che alberga tra la popolazione ed nella coppia di Victor ed Emily. La storia, infatti, ci insegna che con l’arrivo della peste, il diffondersi di paure e isterie collettive portò la popolazione ad assumere comportamenti irrazionali, a volte al limite della follia. All’epoca, erano tantissimi i gruppi di fanatici religiosi che, interpretando il contagio come una punizione di Dio, iniziarono a ricorrere a tutta una serie di rituali con lo scopo di espiare le proprie colpe e porre fine al morbo della peste nera. 

Uno specifico aspetto dell’epoca che in Requiem viene rielaborato allo scopo di restituire al giocatore un’immagine di un’era estremamente buia, dove a prevalere non è tanto la paura della morte, quanto piuttosto la superstizione e il dolore di un popolo che pur trovare conforto, arriva a cedere ai suoi istinti più irrazionali.

In fondo, si tratta pur sempre di una delle epoche più terribili della storia dell’umanità, frammenti di storia che annegano nell’orrore e nella disperazione che nell’avventura di Amicia e Hugo vengono rappresentati con intensità non solo su un piano puramente estetico, ma anche simbolico.

Gli stessi ratti, che nella cultura popolare vengono associati a simbolo della peste nera poiché reputati erroneamente portatori del batterio responsabile dell’epidemia, in Requiem assumono la forma esasperata di un’orda incontrollata, capace di inghiottire tutto in un nero boccone con un’immagine che contribuisce a descrivere perfettamente la visione dell’apocalisse che opprime i due giovani protagonisti. 

The Plague is Coming

Del resto, la tendenza all’iperrealismo non è mai stata tra gli obiettivi primari del team, che al contrario ha sempre considerato la fedeltà storica come un elemento sin troppo vincolante per riuscire a raccontare efficacemente il viaggio di Hugo e Amicia. L’idea, infatti, non era quella di descrivere ogni dettaglio della vita medievale, quanto piuttosto riuscire a creare una propria personale idea di Medioevo, capace di raccogliere al suo interno la giusta quantità di storia e di elementi fantastici. Un po’ come accade anche in Game of Thrones, che resta uno dei riferimenti primari in termini di toni ed atmosfere per la serie Asobo, dove viene rappresentata un’idea di Medioevo che incarna anche una certa dose di modernità e fantasia.

Contrariamente alla maggior parte dei prodotti di intrattenimento di stampo fantasy che continuano a prediligere un’idea più edulcorata e fantastica dell’età di Mezzo, la serie del Trono di Spade, porta in scena un Medioevo “gritty”, crudo e violento che rifiuta ogni idealizzazione romantica del genere.

E da questo punto di vista, A Plague Tale: Requiem si colloca perfettamente in questo filone, nonostante la presenza di una dimensione soprannaturale e di stampo onirico che si sovrappone alla ricerca di realismo portata avanti dal Trono di Spade.

Il Medioevo di A Plague Tale: Requiem parte dal modello di Martin per assumere infine un volto volutamente grottesco, esasperato, sporco, che mira a rappresentare l’immagine di un’epoca fatta di orrori e contraddizioni dove, tra i corpi martoriati della peste, sopravvive ancora l’innocenza fanciullesca e la meraviglia della natura. Una sovrapposizione di toni ed atmosfere che nel gioco riemerge continuamente, in una splendida cornice dove l’orrido ed il soave riescono persino a convivere. 

Siamo stati esigenti sulla narrazione per darle il suo tono un po’ folcloristico e originale. Nel gioco, ci sono alcuni elementi che si ispirano al cinema horror e altri che mescolano le atmosfere dei due giochi, come accade in “L’amore e il Sangue” (1985) di Paul Verhoeven.

Un film che trovo straordinario, con una sensibilità molto europea ed una trattazione del medioevo che trovo incredibile proprio per questa meravigliosa dimensione del racconto, che mescola il fantastico ad atmosfere estremamente cupe. Nel film c’è una scena di un bacio che viene dato davanti a un impiccato con le budella che sporgono: questo è A Plague Tale. L’incontro del meraviglioso e dell’orrore! – ha riferito Sebastien Renard, Lead Writer di A Plague Tale: Requiem

L’aspetto decisamente interessante dell’immaginario medievale di A Plague Tale è infatti proprio questa mescolanza di generi, toni e categorie divergenti.

Nonostante il continuo richiamo al crudo realismo Martiniano, il Medioevo di A Plague Tale appare come una summa di diverse tipologie di fantasy che si mescolano in maniera efficace ed equilibrata per dare forma ad un immaginario nuovo ed estremamente affascinante. Non è un caso che in A Plague Tale: Requiem, infatti, riviva il fantasy fiabesco dei Fratelli Grimm (per i temi, i simboli e i dettagli realistici e cruenti) cosi come il tratto epico del Signore degli Anelli di Peter Jackson che viene omaggiato con tutta una serie di chiare strizzate d’occhio alla trilogia e non solo (la scena del combattimento tra Arnaud ed il conte è solo una dei tanti richiami).

D’altronde, le grandi produzioni cinematografiche in costume hanno sempre avuto un’enorme influenza sullo sviluppo della serie di A Plague Tale non solo per quanto riguarda la creazione dell’immaginario, ma anche per la messa in scena: il setting del gioco appare infatti molto simile a quello imbastito nel Macbeth di Justin Kurzel (2015), l’adattamento cinematografico dell’omonima opera shakespeariana, per l’uso delle luci e per la compresenza di elementi utili a dare a fornire l’immagine di un mondo cupo, epico e tragico, in cui è possibile intravedere alcuni echi pittorici. Del resto, a livello visivo, com’è evidente, il gioco desidera avvicinarsi all’estetica di un dipinto, con dei risultati che sovrastano persino quanto già fatto con l’ottimo Innocence. 

L’arte di A Plague Tale: Requiem: l’orrido ed il meraviglioso

Il motore grafico proprietario del team, da questo punto di vista, ha svolto un lavoro eccezionale, riuscendo a bilanciare gli effetti di luce ed ombra e pennellando a schermo una paesaggistica digitale di grande impatto scenico. Dalla qualità dell’illuminazione globale, fino ad arrivare alla fotografia e ai colori che danno carattere al mondo di gioco, ogni elemento contribuisce ad enfatizzare questo strano connubio tra l’orrido ed il meraviglioso, citato più volte da Renard. In questo nuovo viaggio, Hugo e Amicia si spostano verso il Sud della Francia, arrivando ad immergersi in paesaggi bucolici e lussureggianti che rievocano la dimensione onirica su cui l’esperienza narrativa fa leva. Le sezioni, più distese e riflessive, dove Hugo e Amicia si ritrovano a correre per le vaste campagne della Provenza sono l’espressione più pura dei sogni e delle speranze del piccolo Hugo.

In Requiem, infatti, il paesaggio diventa specchio del sentimento vissuto dai protagonisti.

Non è un caso che l’art director, per dare forma alle visioni di Hugo e non solo, si sia proprio ispirato fortemente al romanticismo pittorico e al concetto di sublime dove la magnificenza della natura si scontra con marginalità e la piccolezza dell’animo umano. 

“Sublime è il senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla grandezza della natura sia nell’aspetto pacifico, sia ancor più, nel momento della sua terribile rappresentazione, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza”- Immanuel Kant

Nelle sue opere, l’artista romantico mette in scena lo spettacolo della forza della natura che si scatena, spaventa l’osservatore, ma al tempo stesso lo affascina, lo attira e lo coinvolge in quelle visioni dove il terrore si mischia a note di piacere.

Il vero protagonista di questi dipinti dunque resta sempre il sentimento drammatico che viene rappresentato attraverso l’immagine di una natura che esalta la dimensione dell’emotività umana. Esattamente come accade nell’opera di Asobo Studio, dove gli eventi di Hugo e Amicia vengono reinterpretati secondo una visione estetica di tipo emozionale dove la forza dei colori e la luce mostrano sia l’anima spettacolare che quella più cupa e devastante della natura. 

Ovviamente, il romanticismo pittorico non è tra le sole fonti a cui il team si è ispirato per dare forma all’immaginario di A Plague Tale. Nel secondo atto della storia di Amicia e Hugo i toni del racconto  assumono dei contorni più drammatici ed esasperati rispetto ad Innocence: Hugo si ritrova a fare i conti con il proprio destino e Amicia non riesce a sopportare il peso delle sue scelte che la trascino in un turbine emotivo fatto di paure, angosce e disperazione. Per rappresentare in chiave visiva i drammi interiori dei due protagonisti ed il loro rapporto con quello che è un tema centrale del racconto, ossia il tema della morte, il team ha guardato molto al surrealismo distopico del loto pittore polacco Zdzislaw Beksinski, la cui influenza nelle arti e nelle opere di intrattenimento resta incalcolabile.

Beksinski era solito descrivere la sua arte come una rappresentazione visiva di ciò la dimensione più profonda e oscura dell’individuo cela.

Le opere del pittore polacco vennero spesso definite come incubi surreali: oggetti, persone, paesaggi sono deturpati e scheletrizzati, resi aridi da un tempo che sembra divorarli e imprigionarli. 

Non vi è alcun intento descrittivo, ciò che preme all’artista è soltanto rappresentare ciò che si cela al confine tra il cosciente e l’onirico, tra la veglia e l’incubo. Visioni di perdizione, orrore e morte che appaiono familiari a chiunque sia giunto alle battute finali dell’estenuante viaggio di Hugo e Amicia. I toni sporchi, il senso di perdizione e solitudine che sovrastano l’inferno su tela dipinto da Beksinski sono gli stessi che avvolgono l’abisso oscuro in cui scivola infine Amicia che si ritrova, poco prima dei titoli di coda, a vagare in una landa polverosa senza forma e senza nome, con l’unico desiderio di poter raggiungere suo fratello per stringerlo ancora una volta tra le sue braccia.