Il mondo animale è pieno di elementi di curiosità e tanta contraddizione, eppure bisogna tenere presente alcuni aspetti. Gli animali, anche se sembrano molto distanti dall’uomo, in realtà sono molto vicini a lui.
La differenza tra gli animali e l’uomo riguarda moltissime caratteristiche come la prevalenza dell’istinto e la mancanza di raziocinio. Non si può certo dire il contrario. Nonostante ciò, però, parliamo comunque di esseri viventi che possono apparire molto simili all’uomo, soprattutto quando mettono in atto varie azioni definite essere tipicamente “umane”.
La cognizione animale e le riflessioni in merito
Per capire meglio quanto detto, si può prendere come esempio il cane. Tutti sanno che è un animale molto “umano”, tanto che viene definito essere l’amico dell’uomo per eccellenza; esso sa essere empatico e supportivo. Proprio per questo, il cane potrebbe apparire molto simile a noi.
Altri animali, invece, sono più guidati dall’istinto animale e, quindi, appaiono più distanti dall’uomo. In ogni caso, tutte queste curiosità, che sembrano tali, sono e sono state fonte di studio e di ricerche scientifiche. Molti studiosi, infatti, si sono interessati alla “cognizione animale” e hanno approfondito la cognizione di varie categorie animali.
Un ambito di ricerca che incuriosisce molti è quello della cognizione felina che, quindi, riguarda la mente del gatto. Spesso ci chiediamo cosa effettivamente stia pensando il nostro gatto e cosa lo guidi nel compiere una certa azione.
In questo articolo, quindi, si parlerà proprio della cognizione felina per comprendere cosa, di solito, i gatti pensano riguardo ad alcuni aspetti della realtà. Aspetti come l’ambiente circostante e l’uomo: cosa pensa il gatto di tutto ciò?
Cognizione felina: ecco di cosa si tratta
Un ambito di ricerca e di interesse scientifico particolarmente acceso e vivo è quello della cognizione felina, come accennato poc’anzi. Gli studiosi di tale ambito, infatti, da diversi anni cercano di studiare la mente felina e di comprenderne il funzionamento e le dinamiche sottostanti. Nonostante il grande interesse, però, si tratta di un ambito ancora tutto da scoprire e da approfondire. Gli studi di cognizione felina, infatti, sono ancora pochi soprattutto se paragonati a quelli di altri ambiti di ricerca. Ci si potrebbe chiedere come mai: alla base sembra esserci un perché.
Quello che si riscontra quando si vuole studiare la cognizione felina è, dunque, una difficoltà di base dovuta all’analisi del gatto. Esso, infatti, è uno degli animali più difficili da analizzare in laboratorio perché, come si può ben immaginare, il suo comportamento è condizionato dall’ambiente. Allo stesso tempo è difficile analizzarlo in ambiente naturale perché potrebbe richiedere molto tempo ed energie. Proprio per questo, gli studi sono ancora pochi, se non quasi assenti. Nonostante ciò, qualche passo in avanti è stato fatto e si è compreso qualcosa sulla mente dei gatti. Ecco qui di seguito qualche risultato in merito molto interessante e che vale la pena conoscere.
Ambiente circostante: cosa pensano i gatti
Una domanda che ha guidato alcune ricerche in questo ambito è “cosa pensano i gatti dell’ambiente circostante?” Un dato di fatto è che i gatti assimilano nella propria memoria l’ambiente in cui vivono e lo vedono come familiare. Questo include il fatto che i gatti abbiano familiarità e conoscenza dell’ambiente e degli oggetti in cui vivono. Questa è una capacità che viene acquisita dal gatto intorno ai 4-5 mesi di vita.
Questa conoscenza appare fondamentale per il gatto perché gli permette di muoversi nell’ambiente e di adattarsi a ciò che è presente al suo interno. Inoltre, ciò gli permette di non percepire gli oggetti o l’ambiente come un pericolo o una minaccia da tener lontano.
Il pensiero dei gatti a proposito degli umani
E cosa pensano i gatti degli umani che, naturalmente, osservano costantemente durante la loro vita quotidiana? Si tratta di una domanda storica che ha guidato tantissimi studi e a cui si è cercato di dare una risposta che è arrivata. È stato osservato, infatti, che i gatti percepiscono gli umani come partner sociali a cui affidarsi e, quindi, non come un pericolo.
Questo non è scontato perché il gatto può sviluppare questa percezione durante un periodo definito “sensibile” ossia dalle 2 alle 7 settimane di vita. Se in questo periodo il gatto non incontra l’umano, probabilmente non svilupperà questa percezione. Di conseguenza, vedrà l’uomo come un predatore e quindi un pericolo che deve essere evitato, nonostante l’uomo si avvicini o gli dia da mangiare o nonostante voglia regalargli coccole e amore. Questo è l’esempio dei gatti selvatici.
Grande interesse è stato incanalato nei confronti dello studio sull’attaccamento nella relazione uomo-gatto, inteso come legame affettivo, ancora tutto da approfondire. I gatti possono avere un bel rapporto con l’uomo, a patto che abbiano a che fare con quest’ultimo nelle prime settimane vita. Ciò non esclude che tale rapporto possa venirsi a creare dopo, seppur con una diffidenza maggiore, proprio perché l’uomo viene associato ad una minaccia e se ne ha quasi paura.
- Cosa pensano i gatti? (kodami.it)