La scoperta del trapianto microbiota si deve ai ricercatori dell’Università Cattolica, campus di Roma e dell’Università degli Studi di Trento. Il loro studio ha dimostrato che maggiore è il livello di attecchimento dei microrganismi trapiantati e più sono le possibilità di successo della cura.
Il trapianto di microbiota è una nuova frontiera terapeutica che abbraccia diversi settori della medicina, non solo la gastroenterologia, ma anche addirittura, ad esempio l’oncologia, (si è visto che l’efficacia di alcune terapie oncologiche è influenzata dal microbiota). In particolare, si è ormai fatta strada l’idea che il microbiota intestinale, l’insieme dei microrganismi che vivono in simbiosi nel nostro intestino svolgendo tantissime funzioni oltre a quella digerente, sia importante per la salute umana e abbia un ruolo importante sia per il tratto digerente, sia per il sistema immunitario, sia addirittura (attraverso il collegamento intestino-cervello operato dal nervo vago) per il sistema nervoso, con possibili riflessi su patologie complesse come sclerosi multipla e autismo.
Professor Antonio Gasbarrini
Il trapianto avviene con l’isolamento del microbiota del donatore raccolto dalle feci, poi trasferito in vari modi al donatore. L’incognita è il livello di attecchimento dei microrganismi trapiantati nell’intestino di chi riceve il trapianto. Gli studiosi hanno esaminato con raffinate tecniche più di 1.300 campioni di microbiota intestinale di donatori e pazienti riceventi con otto diverse malattie.
Per merito di nuove tecniche di analisi sviluppate dal gruppo di studio è stato possibile individuare vari ceppi di batteri presenti nel microbiota. Ognuno specifico per ciascuna persona. Dai risultati si è compreso come i pazienti con maggior livello di attecchimento del microbiota abbiano una miglior risposta clinica. Il maggiore attecchimento è presente nei pazienti con malattie infettive rispetto a quelli con patologie croniche.
I pazienti trattati con antibioticoterapia prima del trapianto hanno avuto un maggior attecchimento. L’infusione del microbiota attraverso vie di somministrazione multiple ha favorito l’attecchimento. Alcuni tipi di microbi, inoltre, hanno più facilità di attecchimento rispetto ad altri. Infine, l’intelligenza artificiale può predire con precisione di cosa è composto il microbiota del donatore dopo il trapianto, dando vantaggi sull’identificazione dei donatori.