Prendeva gli smartphone ‘locked’, vincolati alle offerte di T-Mobile, e poi li sbloccava in modo da poterli rivendere anche ai clienti di altri operatori telefonici. Per farlo utilizzava un sofisticato schema di inganni e raggiri, spingendosi ad utilizzare l’ingegneria sociale per ottenere l’inconsapevole complicità dei dipendenti della T-Mobile.
Il responsabile di questa operazione criminale – ben 14 i capi d’accusa che gli sono stati contestati – è Argishti Khudaverdyan, ex proprietario di un negozio di telefonia affiliato proprio a T-Mobile, l’operatore che ha per molti anni raggirato e truffato. Khudaverdyan avrebbe sbloccato illegalmente centinaia di migliaia di smartphone, guadagnando illecitamente oltre 25 milioni di dollari. Soldi che avrebbe poi riciclato nel (vano) tentativo di non farsi beccare.
Cosa sono i locked smartphone
Ma per capire questa storia bisogna fare un passo indietro. In Italia il concetto di ‘smartphone bloccato’ non ha mai preso particolarmente piede, nonostante qualche tentativo. Banalmente perché la stragrande maggioranza dei consumatori preferisce acquistare gli smartphone dai negozi di elettronica o online.
Negli USA le cose funzionano un po’ diversamente: acquistare gli smartphone in bundle con un’offerta telefonica degli operatori è molto comune. Gli americani spesso pagano decine di dollari al mese per avere assieme uno smartphone e un piano che offre traffico internet e minuti per telefonare. Succede anche in Italia, ma la differenza è che in America gli smartphone presi in questo modo possono essere utilizzati esclusivamente con una SIM venduta da quello specifico operatore. Così se si acquista un iPhone con T-Mobile, lo smartphone non potrà essere utilizzato con una SIM della Verizon e via dicendo. In gergo si parla di Locked phones.
Truffa a T-Mobile: Khudaverdyan rischia di passare il resto della sua vita in carcere
Grazie a questa soluzione gli operatori possono vendere gli smartphone ad un prezzo iper-conveniente – diverse centinaia di dollari meno del loro prezzo di listino -, perché di fatto così facendo hanno la certezza che il cliente sarà vincolato alle loro offerte per molti anni. Cambiare piano tariffario significherebbe trasformare il proprio smartphone in una mattonella inutilizzabile.
Argishti Khudaverdyan era un piccolo genio della truffa. L’uomo, infatti, sbloccava gli smartphone non tanto grazie a qualche talento informatico nascosto, ma grazie ad una serie di articolate frodi ai danni dei dipendenti e i dirigenti della T-Mobile.
Attraverso alcune email di phishing – ossia spacciandosi per il dipartimento IT dell’operatore -, Khudaverdyan era riuscito a rubare le credenziali d’accesso di oltre 50 dipendenti della T-Mobile. In una occasione Khudaverdyan era riuscito a persuadere il dipartimento IT della T-Mobile ad azzerare tutte le password dei dirigenti dell’azienda. Grazie alle credenziali rubate in questo modo, l’imprenditore riusciva a sbloccare con facilità i telefoni dei suoi clienti, in modo da poterli rivendere liberamente sul mercato nero.
L’udienza è fissata per il 17 ottobre. Se Argishti Khudaverdyan venisse giudicato colpevole per tutti e 14 i capi d’accusa rischierebbe di dover scontare oltre 165 anni di carcere.