In estate lo sbadiglio arriva in modo imprevedibile e molto più spesso che in inverno. Anche se siamo riposati e non abbiamo fame, si presenta lo stesso. Perché? Il nostro corpo si adatta peggio al caldo rovente. Ecco che un gruppo di scienziati di Tucson (Usa) e Vienna (Austria) hanno provato ad analizzare lo sbadiglio su abitanti di alcune cittadine. La risposta è che lo sbadiglio possa essere un processo di autoregolazione della temperatura del cervello.
Prendendo in esame lo sbadigliare spontaneo dei passanti e relazionandolo con i dati del meteo, gli studiosi hanno attestato una grande rivelazione. Infatti, con le temperature tra i 20° e i 25° le persone sbadigliano con maggiore frequenza. Diciamo, che lo sbadigliare è come una sorta di “freezer” per il cervello. Le capacità cerebrali lavorano molto meglio sotto i 20°. Lo sbadiglio quindi rinfresca il cervello grazie a un maggior afflusso di sangue dato dall’ingestione di più aria. Con temperature sopra ai 37° però non succede, vista la temperatura troppo alta, lo sbadiglio sarebbe incapace di raffreddare il cervello.
Il compito dello sbadiglio, un atto respiratorio riflesso ma involontario. Si può associare facilmente a stanchezza, noia, fame e anche a processi imitativi. Il suo ruolo non è ancora chiaro, ma sembra essere una sorta di reazione. Tutto per riavere una specie di vigilanza con un maggior afflusso di ossigeno nel sangue poi fino al cervello.
Vediamo da vicino lo sbadiglio. Nell’inspirazione, grazie allo sbadigliare si crea una serie di movimenti con l’obiettivo di favorire il passaggio dell’aria. Si apre la bocca, i muscoli del viso si contraggono, la glottide si solleva e si libera il passaggio dell’aria in trachea. Poi si contraggono i muscoli delle costole in un sollevamento e nell’espansione della cassa toracica con diaframma disteso. La fase dell’espirazione invece vede il ritorno progressivo alla posizione iniziale con eliminazione dell’aria immessa.
- Perché d’estate sbadigliamo di più? (focus.it)