Domenica scorsa un consorzio internazionale di quotidiani ha pubblicato Uber Files, un’inchiesta sugli anni dell’ascesa della multinazionale americana, incentrata su oltre 120mila documenti interni e riservati di Uber prodotti tra il 2013 e il 2017.
L’inchiesta ha svelato diversi segreti sconvenienti, dipingendo un ritratto dell’azienda poco lusinghiero. Ad esempio, dalle email dei dirigenti pubblicate dai quotidiani si evince come questi fossero estremamente consapevoli – ma anche compiaciuti – della natura illecita di molte delle attività di Uber. Non soltanto, l’inchiesta ha anche permesso di ricostruire la campagna di lobby segreta condotta da Uber in diverse parti del mondo, Europa e Italia inclusa.
I quotidiani non avevano rivelato l’identità della persona, o delle persone, responsabili del leak. Non avevano nemmeno accennato alle modalità con cui erano venuti in possesso dei documenti riservati dell’azienda. Ora sappiamo cosa è successo. Il responsabile del leak dei documenti interni di Uber ha un nome e cognome: Mark MacGann, uno dei pezzi grossi dell’azienda tra il 2014 e il 2016.
MacGann è stato il Chief of Policy di Uber per le regioni Europa, Medioriente e Africa – il che spiega anche come mai il grosso delle informazioni si concentra sui rapporti di Uber con la politica europea, mentre quelli con gli USA ricoprono un ruolo marginale all’interno dell’inchiesta.
È stato lo stesso Mark MacGann a scegliere di comparire a volto scoperto davanti alle telecamere del Guardian, uno dei quotidiani che ha partecipato al lavoro d’indagine, pubblicando l’inchiesta.
Ero io la persona responsabile di parlare e influenzare i governi. Ero sempre io a spingere una certa narrazione sui media. Sempre io dicevo alle persone di cambiare le regole perché avrebbero beneficiato i driver e avrebbero creato maggiori opportunità per l’economia. Tutto ciò si è dimostrato una bugia. Abbiamo venduto alle persone una bugia. Come si fa ad avere una coscienza pulita con un peso del genere?
ha raccontato l’ex dirigente di Uber al The Guardian.
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