Una squadra di scienziati italiani dell’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” ha guidato un team di ricerca internazionale nella scoperta di un nuovo ormone. Esso ha la speciale e importante funzione di attivare la riparazione del cuore dopo un infarto. Una novità davvero essenziale per l’essere umano, ma soprattutto straordinaria perché il tessuto del cuore non si può rigenerare una volta danneggiato.
In poche parole, le cellule del cuore di un adulto sono identiche a quelle che aveva appena nato. I cardiomiociti possono solo aumentare le loro dimensioni con la crescita dell’individuo. Inoltre, dopo il parto non riescono a replicarsi. In caso di danno, vengono sostituiti da tessuto cicatrizzante che rende la lesione permanente, causando in tal caso anche l’insufficienza cardiaca.
Adesso, però, grazie a questo ormone c’è l’augurio di poter raggiungere processi per incentivare la riparazione del cuore. Un vero portento per la Medicina. In fondo, nei Paesi industrializzati la morte è causata maggiormente da malattie cardiovascolari insieme al cancro.
A fare la sorprendente scoperta è stata dunque una squadra di ricerca internazionale. Al suo vertice ha scienziati del Dipartimento di Medicina Sperimentale, Diagnostica e Specialistica dell’Università di Bologna. Nel progetto hanno collaborato anche i colleghi del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie e del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’ateneo emiliano.
Altri istituti coinvolti: il National Institute of Molecular Genetics (INGM) “Romeo ed Enrica Invernizzi” di Milano e il Dipartimento di Biologia Cellulare Molecolare di Israele. Infine, ha dato il suo contributo anche la Scuola di Medicina Cardiovascolare del King’s College di Londra, in Inghilterra. Un team corposo formato da giovani e brillanti menti scientifiche.
Il processo di ricerca
Gli studiosi hanno concentrato le loro forze sui glucocorticoidi, ormoni steroidei. Essi sono coinvolti in funzioni biologiche come metabolismo, sviluppo, mantenimento dell’omeostasi e gestione dello stress. La dimostrazione dello studio è che l’incapacità di autoriparazione del cuore dopo il danno di un infarto sia legata in parte all’azione di tali ormoni. Essi infatti dopo la nascita danno l’input alla maturazione delle cellule muscolari del cuore. Ciò blocca al contempo la loro riproduzione.
Nei mammiferi, secondo lo studio, l’attivazione fisiologica del “recettore dei glucorticoidi” (GR) da parte dei glucorticoidi (GC) incentiva la maturazione dei cardiomiociti durante la tarda gestazione. Non resta chiaro però l’effetto della crescita del cuore dopo la nascita e anche quello della plasticità rigenerativa. Queste le parole degli esperti:
Pertanto GR limita la rigenerazione del cuore e può rappresentare un obiettivo terapeutico.
Alla guida del team di ricercatori il dottor Gabriele D’Uva che ha dichiarato:
I risultati che abbiamo ottenuto mostrano che i glucocorticoidi rappresentano un importante freno della capacità rigenerativa cardiaca: la loro inibizione ha infatti mostrato esiti promettenti nella riparazione del tessuto cardiaco danneggiato. Si tratta di una scoperta molto rilevante, che in futuro potrebbe portare a trattamenti efficaci per migliorare le condizioni del cuore dei pazienti colpiti da infarto.
Gli esperimenti sui topi
Sono stati fatti anche esperimenti sui topi geneticamente modificati. Effettuati con delezione del recettore dei glucocorticoidi riportando un ritardo nell’uscita dal ciclo cellulare dei cardiomiociti postnatali, la crescita ipertrofica e la maturazione citoarchitettonica. La rigenerazione del tessuto cardiaco è avvenuta sia con delezione del recettore che con la sua inibizione farmacologica transitoria.
In parole più semplici, si sono osservati segnali che dimostrano come il blocco dei glucocorticoidi possa portare all’autorigenerarsi del tessuto del cuore. Per questo l’esperimento è stato fatto su topi con infarto al miocardio. In topi giovani e adulti con questa patologia, la sopravvivenza dei cardiomiociti è stata più facile, determinando la rigenerazione del cuore. È stata registrata inoltre una minore formazione di cicatrici.
La delezione del recettore per i glucocorticoidi si è dimostrata capace di aumentare la capacità delle cellule del muscolo cardiaco di replicarsi a seguito di infarto miocardico, promuovendo nel giro di poche settimane un processo di rigenerazione del cuore.
Gabriele D’Uva, dottore a capo del gruppo di ricerca
Resta quindi la speranza di poter arrivare a un farmaco che sarebbe un beneficio per decine di milioni di persone in tutto il mondo. Gli approfondimenti della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica specializzata Nature Cardiovascular Research.
Una scoperta che rappresenta una vera e propria rivoluzione e che potrebbe fare da apripista nel campo delle patologie cardiovascolari, punto critico della vita umana.