Lo scorso marzo Google ha dovuto richiamare quasi 2 milioni di smartwatch della Fitbit, marchio che aveva acquistato nel 2019. Colpa delle batterie di alcuni dispositivi, che tendendo a surriscaldarsi rischiavano di ustionare seriamente gli utenti.

L’operazione di richiamo, lamentano due consumatori che hanno citato in giudizio Google, non sarebbe stata sufficiente. Tanto per iniziare, perché Google si sarebbe limitata a ritirare i prodotti della linea Ionic, mentre il problema dei surriscaldamenti potrebbe essere più vasto. La causa menziona casi di ustioni provocate dai Fitbit Sense, Versa 3, Blaze, Inspire e Inspire 2.

Gli avvocati che rappresentano i due consumatori ora vogliono raggiungere altri clienti della Fitbit, nel tentativo di trasformare la causa in una class action, con la possibile conseguenza di imporre a Google il pagamento di un risarcimento multi-milionario.

Fitbit viene accusata di aver immesso nel mercato dei prodotti estremamente pericolosi. La causa sostiene anche che Google, in un primo momento, avrebbe tentato di addossare la colpa dei casi documentati di ustione agli stessi utenti. «I clienti acquistano i Fitbit per bruciare calorie, ma finiscono per bruciare la loro pelle», si legge nei documenti presentati dagli avvocati.

Google ha già promesso un risarcimento economico per i proprietari di Fitbit Ionic, ma i rimborsi non sarebbero ancora stati pagati. Alcuni clienti lamentano poi di non aver ottenuto sufficiente assistenza da Google e, in alcuni casi, di non aver avuto affatto risposta attraverso i canali d’assistenza ufficiali. Anche queste lamentele fanno parte del documento consegnato ai giudici. Il rischio di una class action di proporzioni colossali sembra, dunque, davvero dietro l’angolo.