C’è un motivo se Microsoft sembra avere meno difficoltà a garantire la continua disponibilità della sua console di nuova generazione Xbox Series X. E no, non c’entra la minore popolarità rispetto alla Playstation 5.

Secondo l’insider dell’industria Nick “Shpeshal Nick” Baker, Microsoft avrebbe quasi sicuramente pagato i fornitori di chip per saltare la fila e diminuire i danni prodotti dalla cosiddetta crisi dei semiconduttori. È semplicemente un’ipotesi, ma secondo l’esperto, intervenuto durante una puntata del podcast XboxEra, si tratterebbe di uno scenario estremamente verosimile.

Microsoft è riuscita a garantire la disponibilità della sua console grazie a frequenti restock, nello stesso periodo le aziende concorrenti, come Sony, non sono riuscite a fare altrettanto. Non solo: dal lancio della console Microsoft è anche riuscita a mettere in commercio un’edizione limitata della Xbox Series X brandizzata Halo Infinte. Sony non ha ancora annunciato una sola edizione speciale delle sue nuove console.

Uno dei conduttori del podcast ha rivelato di aver ricevuto un messaggio da una sua fonte che lo avvertiva che ad autunno del 2021 Microsoft avrebbe significativamente incrementato la disponibilità della console. E, in effetti, così è andata.

L’aumento di disponibilità della console è ben testimoniato dall’andamento dei prezzi nel mercato secondario. Le PS5 nuove di zecca vengono ancora vendute a prezzi folli su piattaforme come eBay e StockX, mentre per le Xbox Series X i reseller devono spesso accontentarsi di una ‘cresta’ di appena 50 euro.

Il reselling delle Xbox Series X ormai non conviene più. I consumatori possono acquistare la console dai canali ufficiali con maggiore facilità.

Crisi dei chip

Lo ripetiamo, non c’è nessuna conferma ufficiale, ma la tesi di Nick “Shpeshal Nick” Baker appare comunque piuttosto verosimile, se vediamo a ciò che è successo in altri settori.

Tesla è stato uno dei pochi brand dell’automotive a non soffrire particolarmente la cosiddetta crisi dei semiconduttori — riuscendo addirittura ad aumentare il numero di veicoli immatricolati sia nel 2020 che nel 2021. Nel settore degli smartphone ad aver vinto la guerra dei chip è stata Apple, altro brand penalizzato solo marginalmente dai problemi della supply-chain. Entrambe le aziende hanno una cosa in comune: sono state entrambe sufficientemente lungimiranti da chiudere accordi vantaggiosi con i fornitori prima che la situazione diventasse troppo grave.

Quindi sì, in periodi di crisi le aziende possono pagare un premium ai fornitori in modo da garantire i rifornimenti a discapito delle aziende concorrenti che non hanno i mezzi o le possibilità di stringere gli stessi accordi.

La causa della crisi dei chip si spiega soprattutto con il Covid-19. Da una parte la pandemia ha bloccato per mesi la filiera di produzione, con le fabbriche dei fornitori asiatici soggette a frequenti lockdown imposti dalle autorità cinesi (continua a succedere, basti guardare allo Shenzhen); dall’altra è anche schizzata alle stelle la domanda dei consumatori, costretti a stare a casa sempre per i lockdown o per la transizione verso il cosiddetto smart working. Il risultato è stato l’impantanamento dell’intera filiera, con ritardi gravissimi che hanno avuto serie ripercussioni su tutta l’industria dell’elettronica di consumo.