Altro che Spiderman: No Way Home o che Stranger Things 4 o che La Casa di Carta parte machecefrega, la vera serie TV evento dell’anno è finalmente arrivata! E con questa recensione di Strappare Lungo I Bordi possiamo dire, senza alcun tipo di indugio e arrivando immediatamente al sodo, che Zerocalcare non ha semplice firmato un vero e proprio gioiello, non si conferma solo ancora una volta grande maestro di rappresentazione di una generazione martoriata, vessata ma anche nostalgica (come quella dei trentenni) ma trova una sua strada ancora più ampia, ancora più soddisfacente, che dopo anni di fumetti di grandi successi, va ad aprire un nuovo percorso, quello nell’animazione, che sembra essere solo l’inizio di un qualcosa di ancora più grande.
Dopo la presentazione dei primi episodi alla Festa del Cinema di Roma, Strappare Lungo I Bordi arriva finalmente su Netflix. Una serie TV letteralmente da bingewatching. Un saporito pacchetto di patatine dove una tira l’altra. Ovviamente è una metafora sciocca per dire quanto siano avvincenti, ritmati e coinvolgenti i sei episodi della serie creata da Michele Rech. Eh si, purtroppo solo sei episodi dalla durata che oscilla tra i 15 e i 17 minuti.
Eppure la grande capacità di Michele Rech, ovvero il nostro amato Zerocalcare, è proprio quella di riuscire in poco tempo a condensare la frustrazione di una generazione, della sua generazione, assieme a tutte quelle che sono le ossessioni, le ansie e le paure di un mondo che ci ha accolti non proprio nel migliore dei modi, mettendoci di fronte al fatto che “Questo è ciò che passa il convento. O ti adatti, o ti attacchi al car…”!
Ma ovviamente Strappare Lungo I Bordi non è “semplicemente” un percorso di vita, un sunto attraverso l’evoluzione come essere umano, e anche artista, di Michele che, come tanti di noi, si è trovato più volte di fronte a bivi, di fronte all’incertezza della strada prendere, alla precarietà di un lavoro che non arriva e se arriva non sempre soddisfa, all’incapacità di relazionarsi con il prossimo, alla paura di essere feriti o di non sentirsi abbastanza, al dover contrastare quella che l’aspettativa di una famiglia, di una società che ancora ragiona in maniera binaria e a compartimenti stagni. Facile uscirsene con frasi del tipo
Quando avevo la tua età…
Si, certo, ma diciamo che stiamo parlando anche di decenni molto differenti rispetto a quelli dei nostri genitori, spesso figli del baby boom degli anni ’60. Poi dopo la Pandemia, possiamo pure dire di averle viste tutte e magari ora è tutto in discesa, ma nel dubbio non canterei troppo vittoria.
Strappare Lungo I Bordi sa perfettamente coniugare il modo di raccontare di Zerocalcare, ironico ma al tempo stesso sfumato sull’agrodolce, inserendo da una parte pillole di vita vissuta che fanno obiettivamente molto ridere e nei quali è facilissimo rispecchiarsi (dopo questa serie, guarderete la vostra casa e Game of Thrones con degli occhi diversi); mentre dall’altra parte eventi che possono essere drammatici, dolorosi, inspiegabili. Situazioni in cui ci si chiede “perché” o “chissà se avessi fatto così”, riempiendosi la testa di domande, di parole, di universi paralleli in cui le cose, forse, sarebbero potute andare in maniera completamente differente.
Chi lo sa!? Del resto la vita, l’esistenza umana è una grande incognita e ci riserva sempre svolte inaspettate. Ed anche Strappare Lungo I Bordi si è rivelata una serie TV decisamente inaspettata.
Non semplicemente il racconto di vita in chiave ironica e che strizza l’occhio al primo esperimento fatto da Zerocalcare durante la pandemia con Rebibbia Quarantine, ma qualcosa di molto più profondo, molto più maturo che in soli sei episodi fa ridere e sorridere, fa piangere e fa anche un po’ incazzare.
Le gioie e i dolori del giovane Zero
Andando ad approfondire la recensione di Strappare Lungo I Bordi, la trama della serie TV divisa in sei episodi segue un percorso simile a quello delle sitcom. L’impronta degli episodi è di stampo verticale, incentrandosi più sugli avvenimenti della vita di Zerocalcare, da quando è bambino fino ad arrivare – più o meno – ai giorni nostri; ma il filo che conduce dal primo all’ultimo episodio, insinuandosi lentamente, seminando di puntata in puntata, ha un’anima inaspettatamente orizzontale.
L’ultimo episodio ci da poi l’essenza di tutto quanto, facendoci trovare un po’ impreparati (nel senso buono del termine) ma ricordandoci che stiamo pur sempre parlando di Zerocalcare e, così come verrà mostrato in una scena molto divertente, è difficile non scivolare dolcemente nella “presa a male”. Del resto, anche qui subentra quell’esistenzialismo che si va a mescolare con la durezza della realtà e la presa coscienza del fatto che non tutto ciò che succede nella vita è bello o facile. I problemi, gli imprevisti, i dolori vanno affrontati. Arriverà sempre il momento di guardarsi allo specchio e fare i conti con i propri scheletri, così come ci sarà il momento in cui lasciar andare tutto, sentirsi più leggeri, proprio come dei fili d’erba al vento in un campo.
Ed attraverso questa serie TV, Zerocalcare un po’ vuole fare questo. Attraverso il suo vissuto, che si scandisce di episodio in episodio, di situazione in situazione, da quella più comune a quella più personale, Michele si porta di fronte all’evidenza dei fatti. Fa i conti con se stesso ed invita lo spettatore, così come ha sempre fatto con il lettore, a fare lo stesso.
Perché Strappare Lungo I Bordi? Proprio perché a volte l’esistenza ci viene esattamente presentata in questo modo. Come se fosse tutto così semplice: tutto scandito da una serie di tappe, da percorsi tratteggiati che basta semplicemente seguire, compiendo un piccolo strappo di volta in volta. Ma non è così semplice!
Le aspettative sociali, come la delusione che si può dare ad una maestra se non si sanno fare l’equazioni o a un genitore che sperava in una vita differente; l’incapacità di relazionarsi con gli altri per paura di sembrare poco interessanti o poco emotivi; la paura di fare il primo passo e poi quella di restare con il rimpianto; la presa di coscienza del cambio generazionale che arriva un po’ all’improvviso e che ci mette di fronte all’evidenza che il tempo passa e noi con lui; la continua rincorsa ad un obiettivo, ad uno scopo, perché senza quello cosa siamo? Cosa definisce il valore di una persona?
Insomma, parliamo di tematiche che al mondo di Zerocalcare sono effettivamente assai care. La sua stessa relazione con gli amici più stretti, come la ben più razionale Sarah o lo spensierato – e un po’ svampito – Secco, portando Zero tra l’incudine e il martello, in perenne stato di bilico e ansia. A tutto questo è d’obbligo aggiungerci la voce di una coscienza dall’ingombrante forma di un Armadillo che ci segue in ogni momento, lì pronto a giudicarci, ad analizzare ogni nostra mossa e sottolineare ogni nostro tipo di fallimento (o “autosabotazione”).
Quindi Strappare Lungo I Bordi potremmo definirlo in lungo flusso di coscienza che si dirama attraverso alcune fasi della vita di Zero, come in un viaggio, attraverso alcune situazioni comuni (tenere ordinata casa, scegliere se mangiare il solito piatto o una cosa diversa uscendo dalla comfort zone, districarsi nel catalogo di Netflix, decidere cosa fare da grandi) e altre molto più privati ma che comunque possono trovare rappresentazione nello sguardo di chi guarda.
Un alternarsi di momenti, da quelli più ironici e divertenti a quelli più teneri, che scandiscono il ritmo della serie, incalzante e veloce. Il tempo passa velocemente, troppo velocemente, ma il significato di ogni episodio, dalla chicca più nascosta alla difficoltà di esprimere un concetto più emotivo, resta. Accompagna lo spettatore oltre la visione della serie e ci si sente più vicini, più capiti, e forse anche un po’ rappresentati.
Si finisce con l’interagire con lo schermo e all’improvviso, senza rendersene conto, dalla risata si passa agli occhi lucidi e al cuore gonfio. Ancora una volta messi alle strette, posti in bilico su quel trapezio esistenziale di responsabilità, aspettative, gioie e dolori.
Dall’animazione al doppiaggio, i mille talenti di Zerocalcare
Parlando del piano tecnico di Strappare Lungo I Bordi, non c’è poi molto di cui lamentarsi. Anzi, non c’è praticamente nulla. Zerocalcare compie il suo salto nel vuoto, ma che in fondo, come abbiamo visto, parte da un primo esperimento particolarmente riuscito.
Sulla narrazione mi sono espressa abbondantemente, e forse era quella sulla quale eravamo più sicuri del successo, ma anche sull’animazione si resta ampiamente soddisfatti. Il tratto di Zerocalcare è subito riconoscibile e la resa su schermo è davvero ottima. L’animazione è fluida, morbida e fin da subito iconica. L’uso della fotografia, e quindi dei colori, è vivace e pastelloso. Riesce a creare un mood cartoonesco fin da subito coinvolgente che poi va in perfetto contrasto, e quindi esalta ancora di più il tutto, con le tematiche del racconto.
Interessante anche il voler “mostrare il dietro le quinte” e ricordare che si tratta comunque di una serie TV che hanno “girato”, un po’ come se stessero parlando di attori in carne ed ossa.
Sudore e fatica si possono vedere e percepire fin dal primo fotogramma. L’impegno di Michele Rech, così come quello del team di Bao Publishing, di Netflix e del reparto tecnico che l’ha accompagnato in questa avventura, è palese. Non è un caso se si parla di perla e gioiello in riferimento a questa serie TV che è uno dei prodotti più convincenti, più appassionati e interessanti di questi anni e che, sicuramente, Netflix abbia mai prodotto.
Del resto, già con un prodotto come Arcane, si nota una certa volontà dalla grande N dell’Entertainment di voler investire sempre di più su di un’animazione mai banale e sperimentale, tanto nei disegni quanto poi nella narrazione.
Una narrazione che in questo caso è un continuo crescendo di maturazione non solo a livello di tematiche ma anche a livello strutturale. Non voglio anticipare nulla, ma vedrete, un po’ come se fosse un fiore, come sboccerà questa serie andando a trovare sul finale la sua piena completezza e forma.
Non si possono non dire due parole anche sul doppiaggio, interamente gestito da Michele Rech eccezion fatta per l’Armadillo la cui voce, invece, è di Valerio Mastandrea. Ed anche qui, non è certo una novità che Zerocalcare si cimenti in doppiaggi e cambi voci per rappresentare al meglio amici, parenti e conoscenti, ma diciamo che vederlo in un’opera così complessa fa un effetto completamente diverso. Doppiamente bravo per essersi assunto il peso di una responsabilità ancora più grande.
Dall’altra parte abbiamo un Valerio Mastandrea che è FENOMENALE a dir poco. Ora, che l’Armadillo possa essere il personaggio preferito un po’ di tutti è un fatto scontato, ma l’iconicità di questo personaggio che assume una dimensione del tutto nuova con la voce dell’attore e regista romano, è qualcosa di spettacolare.
Dopo aver parlato per una vita con le citazioni di Boris, io credo che sia arrivato il momento di cominciare a parlare anche con le citazioni di Strappare Lungo I Bordi e, in particolar modo, con quelle dell’Armadillo.
Dal fumetto alla serie TV: un salto nel vuoto riuscito
Continuando questa recensione di Strappare Lungo I Bordi, la serie TV di Zerocalcare, la quale venne annunciata lo scorso anno un po’ “de botto, senza senso” (lanciandoci in una grande citazioni), ma che ha subito fatto crescere una grande aspettativa da parte dei fan, e anche da parte del pubblico generalista.
Del resto, per chi ha seguito bene la carriera e il percorso di Zerocalcare, questa sarebbe stata una tappa quasi obbligata. E diciamo anche, in seguito alla realizzazione e successo di Rebibbia Quarantine, una serie di strisce animate realizzate per Propaganda Live durante il periodo della quarantena per spiegare come fosse la vita di quartiere in lockdown e sdrammatizzare una delle parentesi più drammatiche del nostro mondo, Michele Rech ci ha dato – e forse si è anche dato – la conferma di voler e poter esplorare il mondo dell’animazione.
Nessuno aveva dei dubbi sulla riuscita di Strappare Lungo i Bordi, è giusto però sottolineare che comunque si trattava di un salto nel vuoto.
Indubbiamente Zerocalcare ha questa grande capacità di raccontare un’epoca, di raccontare una generazione in maniera autentica e reale, sempre un po’ in bilico tra l’amarezza e la serenità, questo perché fin da sempre ha usato la sua voce, la sua esperienza, il suo vissuto. Rompe la quarta parete e non crea filtri tra sé e il lettore.
Riesce ad essere amato da qualsiasi tipo di pubblico perché, al di là dell’essenza delle sue storie e di quello che potrebbe essere il target che meglio può capire quel sentimento di inadeguatezza nei confronti della vita, le situazioni di cui racconta Michele come il rapporto con gli amici più storici, come Sarah e Secco, con la madre che ha le sembianze di Cocca di Robin Hood, il suo feticcio per i plumcake, le sue citazioni alla cultura nerd e anche il suo linguaggio semplice, diretto, con quella naturale intercalare e modi di dire romani che arrivano immediatamente e spiegano il concetto senza fare troppi voli pindarici, rendono Zerocalcare un autore alla portata di tutti.
Estremamente pop e versatile. Un autore che sentiamo spesso come nostro amico, e anche un po’ confidente. Un autore che per il proprio pubblico si è sempre fatto in quattro, spesso andando oltre le luci del mattino con firma copie infiniti.
Zerocalcare rappresenta, ad oggi, l’emblema della cultura pop.
È riuscito a fare il salto. A rendere il fumetto letteralmente romanzo. Ad andare oltre l’immagine e la striscia. A portare un fumetto nella vita di chi neanche ne aveva aperto uno nel corso della sua esistenza, grande o piccolo che sia. È riuscito ad alimentare il dibattito pubblico su cosa sia letteratura e cosa no, portando a chiedersi se non fosse arrivato il momento di inserire gli autori del mondo del fumetto all’interno della cerchia dei premi letterari.
E dopo questi rischi, se n’è preso un altro ancora. Quello ancora più estremo. Quello dove ti aspettano al varco, coi fucili spianati pronti a fucilarti al primo passo falso: passare dalla carta allo schermo, scrivendo, disegnando, creando, dirigendo (e anche doppiando) praticamente da solo per un pubblico internazionale. Spot, cartelloni pubblicitari, festival del cinema, grandi campagne. Un autore di fumetto italiano pronto ad arrivare sulle TV di tutto il mondo. Non proprio qualcosa che accade tutti i giorni!
In conclusione alla recensione di Strappare Lungo I Bordi, possiamo finire con il dire questa serie TV è sicuramente un salto rischioso, ambizioso e forse un po’ folle, che chiede una grande fiducia da parte del pubblico più affezionato e da parte di quello nuovo, ma che viene ampiamente ripagato con una serie TV, che si mostra essere un vero e proprio gioiello.
Una perla nel panorama dell’animazione italiana, che vede origine su di una delle piattaforme più grandi al mondo, che non tradisce la naturale essenza del modo di raccontare di Zerocalcare, ma anzi la esalta, la rende ancora più vera ed autentica, ancora più vicina a noi, regalandoci un’oretta e mezza di grandi emozioni, riflessioni e intrattenimento. Il vero problema? È che finisce.
Strappare Lungo I Bordi vi aspetta su Netflix dal 17 Novembre
Strappare Lungo I Bordi ci da la conferma del grande talento poliedrico di Zerocalcare, della sua capacità di rappresentare letteralmente le gioie e i dolori della sua generazioni, tra difetti e pregi, ansie e passioni. Un racconto animato carico di ritmo e dinamismo che scorre, intrattiene e coinvolge lo spettatore dal primo all'ultimo frame, senza mai annoiare ma emozionando sempre. Una giostra di emozioni che va dal momento più frivolo a quello più intimo. Un lavoro complesso ed ambizioso che porta Michele Rech su un gradino ancora più alto, augurandoci che questo sia solo l'inizio di un'avventura nel mondo dell'animazione ancora più grande.
- La narrazione e la capacità di Zerocalcare di riuscire a condensare e rappresentare momenti più leggeri con tematiche più mature e profonde che portano ad un riflessione più intima lo spettatore
- Dinamica e ritmata, la serie TV scorre velocemente senza quasi rendersene conto
- L'animazione è fluida, brillante e coinvolgente, mostrando il grande lavoro, impegno e amore dietro questo progetto
- La voce di Valerio Mastandrea nei panni dell'Armadillo è già iconica
- La colonna sonora, dai pezzi italiani a quelli internazionali passando per le canzoni originali, non è semplicemente d'accompagnamento ma riesce perfettamente a rappresenta mood e sentimenti
- I fan di lunga data di Zerocalcare potrebbero trovare alcune scenette più ironiche un po' ridondanti
- Sei episodi sono troppo pochi