Una delle poche soddisfazioni che possiamo vantare dall’oppressione della pandemia del coronavirus è che, avendo rallentato di molto la normale attività umana, l’inquinamento ha moderato il suo impatto sul mondo. Ora che le cose stanno apparentemente tornando alla normalità, però, le emissioni di gas serra hanno immediatamente ripreso a salire secondo al normale ritmo. Anzi, abbiamo raggiunto nuovi record.
A sostenerlo è il Mauna Loa Atmospheric Baseline Observatory, il quale registra che la media corrente di biossido di carbonio nell’aria raggiunge le 419 parti per milione. Nel 2020, per intendersi, erano 417 ppm.
In barba agli allarmi che giungono da ogni parte e dagli impegni che i vari governi sostengono di voler portare avanti, insomma, la situazione non fa che peggiorare. Non solo, a ben vedere anche il blocco subito in relazione alle quarantene si è comunque dimostrato insufficiente al raggiungimento degli obiettivi che potrebbero essere utili a migliorare le condizioni atmosferiche.
Molte nazioni, peraltro, hanno intavolato dei progetti che promettono il raggiungimento delle basse emissioni in concomitanza con il 2050/2060, ma quelle stesse nazioni preventivano anche che gli interventi concreti verranno portati avanti solamente un domani, ovvero guadagnano tempo prima di mettere effettivamente in campo delle soluzioni.
La Cina, per esempio, prevede di aumentare le proprie emissioni di inquinamento almeno fino al 2030, solo allora provvederà a dare un colpo di reni per cambiare rotta. Nel frattempo continuiamo a produrre inquinamento nel disperato tentativo di tenere a galla la situazione economica, preservando un circolo vizioso da cui è difficile tirarsi indietro.
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