La certificazione verde, meglio nota come Green Pass, dovrebbe attivarsi il primo del luglio prossimo venturo, tuttavia gli attivisti e gli esperti dell’Institute for Technology In The Public Interest, associazione che si è occupata anche di contact tracing, chiedono che prima della fatidica implementazione l’Europa si metta all’opera per effettuare una ricerca che possa prevederne l’impatto sul tessuto sociale e sulla dimensione sanitaria.

Lo scopo della certificazione in questione è chiaro fino a essere abbagliante: fornire una documentazione attestante le vaccinazioni, i tamponi e i passati contagi da coronavirus così da alleggerire i controlli che altrimenti affliggerebbero i viaggiatori internazionali.

Il modello, condiviso tra i Paesi Membri dell’Unione Europea e, presumibilmente, dalla Gran Bretagna, dovrebbe quindi creare un condotto preferenziale con cui tenere vive le vacanze estive e, pertanto, l’economia turistica.

Ma che effetti avrà il fomentare gli spostamenti sulla circolazione della pandemia e che conseguenze svilupperà il creare una scissione tra coloro che sono già stati vaccinati e le persone che, magari, non vogliono o non possono accettare il medicinale?

Riteniamo necessario che la Commissione europea intraprenda una ‘valutazione d’impatto’, un passaggio che è stato pericolosamente omesso nel tempo record in cui la proposta di regolamento del Green Pass digitale dell’Ue è stata concordata dalle diverse istituzioni europee. […]

L’UE ha poi una storia terribile quando si tratta di gestire i regimi di frontiera, i diritti umani e le diseguaglianze globali. Cosa si sta facendo per prevenire che il certificato contribuisca ulteriormente a consolidare il razzismo e il classismo, ad una società a più livelli e nella quale v’è sempre più violenza? In che modo il regolamento [europeo] considera le persone che provengono da fuori l’UE e il modo in cui i loro diritti umani possano essere influenzati dai certificati digitali?,

chiedono gli attivisti, accusando l’Unione Europea di star adottando acriticamente la strategia del “move fast and break things“.

 

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