2011, Phil Schiller, dirigente Apple che ha in carico la gestione dell’App Store, invia una mail a Steve Jobs e a Eddy Cue, rispettivamente CEO e capo dei servizi dell’azienda, per suggerire che fosse il caso di abbassare la percentuale delle commissioni imposte alle aziende presenti su iOS. La sua posizione è stata ignorata e, dieci anni dopo, la sua missiva finisce tra le carte processuali del caso Epic Games vs Apple.

In prospettiva puramente lucrativa, Schiller aveva torto – la Big Tech è riuscita ad accumulare introiti per anni, prima che qualcuno sollevasse perplessità -, tuttavia la sua obbiezione non rappresentava un approccio deontologico alla gestione dell’azienda, piuttosto mirava al prevenire eventuali contraccolpi. Schiller, a suo modo, avrebbe voluto proprio prevenire la situazione in cui si trova oggi Apple.

“Non dico che dovremmo fare le cose diversamente oggi”, scriveva il dirigente all’epoca, “suggerisco solamente che dovremmo effettuare il cambiamento quando saremo in una posizione di forza, piuttosto che di debolezza”.

L’uomo chiedeva che si definissero dei paletti su cui stabilire il futuro dell’App Store e l’eventuale calo delle relative commissioni. Nella mail aveva fissato il traguardo, puramente teorico, del miliardo di dollari: una volta raggiunta una simile cifra sarebbe stato il caso di iniziare a mollare la presa, ma solamente come stratagemma per mantenere il controllo.

Non è infatti insolito che, per evitare l’intervento della legge, le aziende decidano di autonormarsi non appena si avvicinano al baratro diplomatico e politico, tuttavia questa volta Apple non ha saputo muoversi per tempo e ora la sua sfida contro Epic Games ha raggiunto proporzioni tali che potrebbe stravolgere l’intera industria tecnologica.

L’azienda di Cupertino è stata infatti colpita direttamente dalla faccenda, ma al suo fianco c’è anche Google e, subito dietro, si sono aggiunte Microsoft Store e Steam: il primo decidendo di rivedere al ribasso le sue prospettive speculative, il secondo venendo coinvolto in una causa del tutto simile a quella che sta ora toccando Apple.

 

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