Informatori del The Washington Post hanno rivelato nuovi interessanti risvolti sullo scontro che Apple e FBI avevano intrattenuto ai tempi degli attentati di San Bernardino: ad aiutare le indagini dell’antiterrorismo è stata una sconosciuta azienda australiana di cybersicurezza, la quale avrebbe sbloccato l’iPhone di uno dei terroristi, finendo di conseguenza in causa con la Big Tech di Cupertino.
In un panorama digitale in cui il Governo USA ha accuratamente fomentato la raccolta dei dati privati dei privati cittadini, Apple si è ritagliata pian piano un ruolo in controtendenza, quello della ditta digitale che garantisce ai propri utenti una totale difesa della privacy. Almeno per quanto riguarda i suoi clienti occidentali.
In linea con questa narrazione commerciale, l’azienda si è sempre rifiutata di cedere alle sollecitazione dell’intelligence statunitense, la quale ha chiesto a più riprese che iOS fosse dotato di backdoor capaci di consentire l’accesso agli smartphone di terroristi e malviventi.
Ecco dunque che, in piena crisi, l’FBI si era appoggiata ad Azimuth per risolvere l’impasse di San Bernardino. I programmatori sono riusciti a circumnavigare il sistema che limita i tentativi di inserimento password e a craccarne l’accesso con un software che ha provato in rapida successione un’infinità di codici di accesso, fino a incappare in quello corretto.
L’azienda di cybersiecurezza è nel frattempo stata acquistata da L3 Harris, ditta appaltatrice del Governo a stelle e strisce, mentre i principali componenti di Azimuth si sono distaccati per fondare Correlium, la quale ha immesso sul mercato software capaci di virtualizzare iOS.
Proprio a quel punto, nel 2019, Apple ha fatto per la prima volta causa alla nuova azienda, accusandola di fare copie perfette dei sistemi operativi su cui si sorreggono gli iPhone. La Big Tech è uscita dal tribunale sconfitta, tuttavia il The Washington Post suggerisce che il suo vero obiettivo non fosse tanto quello di abbattere Correlium, quanto quello di ottenere informazioni sensibili inerenti i clienti di Azimuth.
Nel pieno dello scontro legislativo, infatti, Apple avrebbe avanzato domande mirate a forzare gli hacker in fallo, così da fargli confessare di aver effettivamente violato la sicurezza di iOS per favorire le indagini dell’FBI. La Big Tech può ora appellarsi alla decisione del giudice, ma probabilmente non ne avrà bisogno: quanto ha ottenuto è stato sufficiente a convincerla della responsabilità dei fondatori di Correlium e ora li ha coinvolti in una causa interamente focalizzata sul caso di San Bernardino.
Potrebbe anche interessarti: