Alibaba, giudicata colpevole di aver violato le norme anti-monopolistiche, riceve dalla Cina una multa da 2,8 miliardi di dollari (18,2 miliardi di yuan), multa che batte il record delle sanzioni assegnate dall’antitrust cinese. Una penale che certamente non affosserà il gigante dell’e-commerce, ma che certamente gli ricorda di essere sotto osservazione del governo.
Che la potenza orientale e la Big Tech non fossero in buoni rapporti era risaputo e l’indagine lanciata appena a dicembre sembrerebbe voler proprio rafforzare l’idea che l’azienda si stia muovendo su un territorio estremamente friabile.
Nel formulare la multa, i giudici hanno infatti sottolineato come Alibaba adoperi i propri algoritmi per ritagliarsi un “vantaggio competitivo improprio” e ha chiesto che la ditta tech cambi rotta quanto prima, modificando radicalmente il proprio modo di fare affari.
Provvederemo a rinforzare la nostra attenzione nel sostenere la creazione di valore e l’esperienza dei nostri clienti, così come continueremo ad aggiungere misure che siano in grado di abbattere le barriere d’ingresso e i costi per le imprese che lavorano sulle nostre piattaforme.
Siamo pronti ad assicurare un ambiente operativo che sia per i nostri mercanti e per i nostri partner più aperto, più equo, più efficiente e più inclusivo nel condividere i frutti della crescita,
ha subito dichiarato l’azienda attraverso uno statement.
2,8 miliardi di dollari non sono che una piccola fetta del giro d’affari dell’azienda, ancor meno dei cinque miliardi “simbolici” che la FTC aveva chiesto a Facebook nel 2019. Una simile decisione giuridica non danneggia quindi la posizione economico-finanziaria del gigante tech, tuttavia manifesta le chiare intenzioni politiche dell’establishment: inviare un ammonimento che risuona nelle orecchie di Alibaba, ma anche di tutte le aziende omologhe.
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