AMD non ha intenzione di seguire l’esempio di Nvidia, ovvero non si assicurerà che le GPU della sua famiglia RDNA2 siano dotate di sistemi pensati per renderle poco appetibili al mercato del “mining” di valute digitali.

Intervistato sull’eventualità di un simile intervente, Nish Neelalojanan, product manager della sezione gaming di AMD, ha infatti risposto lapidariamente, dichiarando che l’azienda non abbia alcuna intenzione di bloccare il carico di lavoro, che questo sia far girare un videogame sul PC di casa, ricavare Bitcoin in un magazzino cinese o addestrare intelligenze artificiali tra le mura di una start-up.

Un’informazione che da una parte rassicura – i blocchi sono sempre rischiosi -, ma che allo stesso tempo preoccupa tutti coloro che non vedono l’ora di prendersi un computer di ultimissima generazione. Con il mercato del mining attivo come non mai, infatti, le schede AMD rischieranno di scomparire dagli scaffali nello stesso momento in cui verranno messe in vendita, senza che il consumatore medio possa neppure adocchiarle.

Il mercato delle GPU si muove infatti a rilento, con una scarsità di componenti che incrocia una domanda altissima. I prezzi delle schede si sono gonfiati in maniera spropositata e bisognerà aspettare diversi mesi, prima che i costi tornino nella norma.

Per evitare che i “minatori” facessero incetta delle schede RTX 3060, Nvidia le aveva distribuite con debolezze che ne andavano a sminuirne le prestazioni nei confronti della filiera delle criptovalute. La cosa è andata anche bene, fino a quando l’azienda non ha pubblicato una patch che ha annullato del tutto le limitazioni.

 

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