Facebook usava i dati biometrici per identificare le persone nelle foto, ora “riconosce” agli utenti una cifra di milioni di dollari.

Il Giudice James Donato è soddisfatto di essere riuscito a coordinare un accordo tra la Big Tech e la massa di persone che hanno mosso la class action. Stando all’uomo di legge, la cifra sborsata è assolutamente da record, attestandosi a 350 dollari a persona.

In effetti, andando a vedere il risarcimento per singolo individuo la somma è decisamente meno impressionante, soprattutto considerando che l’accusa aveva inviato le prime carte nel lontano 2015 e che l’azienda non sia stata giudicata colpevole di alcun torto.

Come succede spesso in questi casi, la ditta sotto accusa ha deciso, dopo lunghi temporeggiamenti, di prevenire che il giudice formalizzasse una sentenza negativa, cosa che avrebbe finito con il creare una macchia indelebile sul pedigree aziendale.

La posizione del social era d’altronde difficile da difendere: cinque anni fa aveva introdotto nei propri algoritmi un sistema di riconoscimento facciale che suggeriva l’identità delle persone presenti nelle fotografie caricate sul portale, così da suggerirne immediatamente il tag.

A questo scopo aveva creato un database biometrico, ma apparentemente lo aveva fatto senza il consenso informato degli iscritti, con il risultato che 1,6 milioni di utenti dell’Illinois si sono mossi per vie legali.

Per stessa ammissione di Facebook, silenziare la questione con qualche milione è tutto sommato una soluzione accettabile. Una soluzione che da una parte fa felice la community, che si intasca qualche soldo, e che dall’altra soddisfa gli azionisti, i quali sono ben lieti di vedere che la Big Tech abbia risolto questo fastidio.

 

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