La recensione dell’ottavo episodio di WandaVision: un momento di pausa per approfondire le origini di Agatha Harkness e celebrare l’investitura ufficiale di Scarlet Witch. Il vero cuore pulsante della puntata è però l’enorme dolore di Wanda, che trasforma la serie nel prodotto più complesso e stratificato del MCU. Su Disney Plus.
Con uno strano liquido salato a inumidirci gli occhi guardiamo il foglio bianco che deve contenere la recensione dell’ottavo episodio di WandaVision. L’emozione è tanta: manca solo una puntata di questa meraviglia, che ormai, anche se dovesse buttare nel caos quanto di buono fatto in precedenza, si conferma come il prodotto più complesso, stratificato e coraggioso del Marvel Cinematic Universe fino a ora.
Colpi di scena, easter eggs ed effetti speciali sono solo la glassa su una torta dal sapore sofisticato e perfettamente equilibrato: come avevamo intuito già da qualche settimana, WandaVision è in realtà una grande metafora del lutto, una lunga seduta di psicoterapia che ci ha toccato tutti, quasi come se l’Hex, l’incantesimo di Wanda che ricopre WestView, avesse davvero abbracciato ogni persona che la sta seguendo.
In questo ottavo episodio fin dal titolo è chiaro che qualcosa è cambiato nel Marvel Cinematic Universe: il classico rosso del logo della Marvel cede il posto a un misterioso viola, quello della magia di Agatha Harkness. In “Previously On”, questo il titolo della puntata, gli autori si prendono un momento di pausa dalla storia principale per approfondire il passato della strega interpretata da Kathryn Hahn. Siamo a Salem, Massachusetts, nel 1693: Agnes/Agatha è sempre stata una strega e, a quanto pare, piuttosto incline al lato oscuro. Perfino sua madre non la crede capace di poter fare del bene. Questo flashback è importante per farci capire che nel MCU la magia non solo esiste, ma è potentissima e di diversi tipi. Quella di Wanda è così forte da aver attirato proprio Agatha a WestView, desiderosa di scoprire il suo segreto. E di segreti Wanda Maximoff ne ha molti, quasi tutti estremamente dolorosi.
WandaVision: “È tutto un brutto sogno”
Le streghe del ‘600 sono solo un amuse-bouche: la recensione dell’ottavo episodio di WandaVision non può che essere un guardare al passato perché, come dice la stessa Agatha “il solo modo per andare avanti è indietro”. Mettetevi quindi comodi e circondatevi delle vostre fonti di conforto preferite, perché questi 45 minuti (non un’ora, come ci avevano fatto credere, ma fortunatamente tutti intensissimi) sono una pugnalata continua al cuore. Ripercorriamo il passato di Wanda Maximoff, dall’infanzia a Sokovia dove, insieme al fratello Pietro e ai genitori, Irina e Oleg, guardava ogni sera le sitcom americane per imparare l’inglese (I love lucy, Dyck Van Dyke Show, Malcom in the middle ci sono tutte quelle citate negli episodi precedenti), fino alla sua adesione volontaria all’Hydra per vendicarsi delle Stark Industries (in un modo o nell’altro è sempre colpa di Tony Stark!). Ci aspettavamo un cameo di Loki e possiamo dire che, più o meno, in effetti appare: Wanda è l’unica in grado di sostenere i poteri della Gemma della Mente.
Proprio la mente è il vero campo di battaglia del personaggio e quindi della serie:
con un’incredibile capacità e consapevolezza di scrittura, Jac Schaeffer e i suoi sono riusciti a far assumere al titolo stesso della serie, WandaVision, diversi significati e in questo episodio assume un’ulteriore sfumatura. Vi lasciamo scoprire quale. Gli autori continuano a depistarci, a confonderci e allo stesso tempo a darci tutte le chiavi di lettura per decodificare ciò che stiamo vedendo. La piccola Wanda dice al fratello Pietro “per la fine dell’episodio ti renderai conto che era tutto un brutto sogno”. E in effetti è proprio così.
WandaVision: “Non può essere tutta sofferenza, no?”
Se per Wanda è tutta una questione di mente, non poteva esserci compagno più adatto per lei di Visione (Paul Bettany), il sintetizoide che ha (aveva) incastonato proprio nella testa la Gemma della Mente. Grazie al suo sguardo puro e al sorriso innocente Wanda scopre per un momento la felicità: è proprio quando si ritrovano insieme all’Avengers compound che i due si avvicinano e si scoprono affini. È incredibile come due esseri totalmente all’opposto – lui senza nessuna esperienza di dolore e perdita, lei devastata dal lutto – siano in realtà così complementari.
Proprio da un ultimo saluto negato deriva tutta la rabbia della donna: scopriamo che Hayward (Josh Stamberg), il capo della S.W.O.R.D., ha mentito su più fronti, mentre Wanda ancora una volta si è ritrovata a guardare in faccia la morte, ancora una volta ha dovuto fare esperienza dell’incapacità di riconoscere i suoi cari in un corpo freddo. “Non riesco a sentirti”: e in quel non sentire più niente, in quel momento di vuoto, tutto il suo dolore si è trasformato in un potere senza precedenti. Perché succede davvero così: quando perdi qualcuno che ami perdi una parte di te, niente ha più senso, tutto si confonde e, anche se il mondo va avanti, tu rimani lì. È il caos. E nel caso di Wanda è un caos magico.
Proprio Hayward si chiedeva come mai Wanda Maximoff non avesse un nickname. Ora non solo ce l’ha, ma è ufficiale: è Scarlet Whitch.
WandaVision e la colazione per cena
Questo viaggio negli abissi del dolore sembra diventare un tema universale: Agatha è affascinata dal potere di Wanda, ma allo stesso tempo le fa quasi rabbia. “Non hai idea di quanto tu sia pericolosa!” dice alla “collega” stupendosi della sua esistenza, che dovrebbe essere quasi un mito. Un potere così grande, così incontenibile eppure la donna lo usa per “preparare la colazione per cena”. Gli autori qui vanno oltre, raccontando una storia che è quella di tutte quelle persone dalle potenzialità e capacità fuori dal comune schiacciate dall’oppressione, dalla mortificazione continua, da quella voce indistinta della società che fa credere loro di essere sbagliati e da cancellare. La rabbia di Agatha sembra quella di tutti coloro che si battono per preservare la propria unicità e non riescono a credere ai loro occhi quando vedono il talento sprecato.
Un talento sfruttato al meglio e da premiare è invece quello di Elizabeth Olsen: l’attrice si merita ogni statuetta possibile per questa interpretazione, una delle più potenti viste in tv negli ultimi anni. Così come la sua compagna di scena, Kathryn Hahn, sparring partner ideale. Da sottolineare anche il comparto scenografia: ogni episodio di WandaVision è costato più o meno 20 milioni e qui si vedono davvero tutti. Questo viaggio nei ricordi è anche un percorso attraverso un set più bello dell’altro, veri e propri personaggi che raccontano a loro volta una storia. Non vergognatevi se vi ritroverete commossi: è assolutamente normale.
Come la scorsa settimana non saltate i titoli di coda: è di nuovo tempo di scena post credits.