Facebook ha trovato un compromesso con l’Australia sulla retribuzione delle news, ma ora la sfida si sposta in Europa.
Se la nazione dell’Oceania può finalmente tirare un sospiro di sollievo, così non è per l’Antico Continente, il quale si sta velocemente direzionando verso leggi che andranno proprio a toccare gli interessi dei grandi social network.
L’Australia ha infatti recentemente introdotto una legge che impone alle Big Tech la retribuzione ai giornali degli articoli condivisi sui vari portali, cosa che dovrebbe ribilanciare una situazione che viene percepita da molti come una prepotenza finanziaria perpetrata dalle industrie digitali.
Sebbene la teoria sia difficile da dimostrare, a oggi si crede infatti che le notizie stiano portando molte più risorse alle casse dei social network di quante non ne garantiscano effettivamente agli organi di stampa.
Quella dell’Australia non è stata una vittoria schiacciante, il Governo è dovuto scendere a patteggiamenti, tuttavia si tratta di una vittoria che ha intaccato l’impenetrabile resilienza economica delle Big Tech.
Consci di questo, gli europei sono al punto di dover decidere con urgenza come gestire una nuova legge incentrata sul tema del pagamento degli articoli. Per adesso, la normativa è stata effettivamente applicata solamente dalla Francia, ma entro l’estate anche tutti i Paesi dell’UE dovranno adeguarsi.
Questa legge, sotto certi versi, è meno efficiente di quella australiana. Nello specifico, il più grosso limite patito dall’Europa è che la cosiddetta Copyright Directive permetterà comunque a Facebook e omologhi di pubblicare pro bono i titoli e gli “snippet” delle news, contenuti che spesso bastano e avanzano al lettore medio.
Un simile difetto non è correggibile nell’immediato, ma le singole nazioni hanno ancora l’opportunità di dire la loro su un altro elemento assolutamente vitale, ovvero la gestione delle retribuzioni.
Per evitare che le Big Tech esercitino il loro strapotere a sfavore degli organi di stampa, l’Australia si è assicurata che le trattative siano seguite da un arbitrato che garantisca che tutto si svolga con equità. L’Europa ha invece optato per una soluzione più ambigua e ha delegato ai singoli Paesi Membri il compito di trovare “meccanismi di aggiustamento dei contratti” a cui Facebook, Google e tutti gli altri si dovranno adeguare.
Da più parti si chiede dunque che i governi calchino ora la mano, guadagnando quanto più terreno sia loro possibile, magari approfittando della breccia spalancata coraggiosamente dall’Australia.
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