La recensione di Alice in Borderland, serie TV originale Netflix tratta dall’omonimo manga scritto e disegnato da Haro Aso. Misterioso e sanguinario survival game ambientato in una Tokyo deserta.
Dal novembre del 2010 a marzo 2015 sulla rivista Shōnen Sunday S e poi da aprile 2015 a marzo 2016 su Weekly Shōnen Sunday, è stato serializzato Alice in Borderland (今際の国のアリス Imawa no Kuni no Alice), manga scritto e disegnato da Haro Aso. Visto il successo del manga, arriva la trasposizione anime con tre OAV (Original Anime Video).
Un successo quello dell’opera che ha stregato Netflix tanto che ha deciso di produrre la serie live action basata sul manga. Nella recensione di Alice in Borderland seguiremo l’inizio dell’avventura di un giovane disoccupato appassionato di videogame e del mortale gioco in cui si trova intrappolato suo malgrado.
Protagonista della storia è Arisu, il più classico neet. Il ragazzo infatti non studia e non cerca neanche un lavoro, nonostante suo fratello si impegni per farlo assumere nell’azienda in cui lavora. Arisu preferisce passare il tempo a giocare ai videogame e ad andare a zonzo senza meta con i suoi due migliori amici Chōta e Daikichi.
La città di Tokyo è improvvisamente svuotata
La vita per i tre procede come sempre, finché un giorno la città di Tokyo è improvvisamente svuotata di tutti i suoi abitanti. In questo strano e nuovo mondo inizierà per Arisu, i suoi amici e per gli altri abitanti della città sopravvissuti, una vita fatta di giochi mortali a cui è necessario partecipare per allungare sempre di più la durata del “visto” e non essere così uccisi. Durante i game Arisu incontrerà Usagi, ragazza con cui farà squadra per capire cosa si nasconde dietro questa nuova realtà e magari riuscire a tornare alla vita di prima.
Diabolico Paese delle Meraviglie
Il mondo dell’entertainment è pieno di storie ambientate in una società distopica. Non fanno eccezione i manga e proprio in questo filone – e in quello dei survival game – si può tranquillamente inserire Alice in Borderland. L’opera di Haro Aso, e quindi la sua trasposizione televisiva, raccontano di un mondo che cambia completamente nel giro di un istante. Un battito di ciglia in cui nulla è come prima e dove gli ignari ed innocenti abitanti di Tokyo si ritrovano ad essere i partecipanti di un gioco brutale e sanguinario che ne testa le qualità.
Il manga e la serie tv si inseriscono nel filone del survival game
La storia inizia nel più classico dei modi, con la presentazione del protagonista e della descrizione della sua vita. Nel caso specifico fatta di svogliatezza, videogame e uscite senza un vero scopo con gli amici di sempre. Una vita monotona e sempre uguale in cui Arisu si trova benissimo. Una vita in qualche modo spensierata che però vera interrotta in maniera brusca e inaspettata.
In breve tempo passiamo dal vedere la routine del protagonista in una città caotica come Tokyo ad un desolante e inquietante paesaggio urbano. Un vuoto che lascia personaggi (e spettatori) attoniti ed increduli, ma anche eccitati dall’idea di poter fare tutto quello che si vuole. Sensazioni che però presto lasceranno il posto allo sgomento e al terrore.
Il protagonista si ritrova suo malgrado nella sanguinaria tana del bianconiglio
Arisu – traslitterazione giapponese di Alice – si ritrova così suo malgrado nella tana del bianconiglio, che qui però invece che in un mondo fantastico lo conduce in uno fatto di morte, paura e tradimenti. Un mondo crudele in cui sopravvivono solo coloro capaci di superare le molte difficoltà che gli si pareranno davanti. Una realtà fatta di prove mortali in cui contano la forza, l’intelligenza, l’agilità, il lavoro di gruppo e tanto altro.
Le prove a cui i sopravvissuti vengono sottoposti sono dei veri e propri giochi di sopravvivenza. Prove mortali caratterizzate da una difficoltà ed una tipologia specifica, identificate con le carte da gioco francesi. Ad ogni seme quindi corrisponde un determinato genere di gioco, la cui complessità è decretata dal numero presente sulla carta. Più il numero è alto più il test è arduo. Le prove più complicate e crudeli sono quelle di cuore, che mettono alla prova l’emotività dei partecipanti. Giochi che testano la durezza del loro animo, per la cui riuscita serve un cuore di pietra e una volontà di ferro.
Una storia quella di Alice in Bordeland intrigante ed affascinante, piena di azione e colpi di scena. Una vicenda cruenta dove non mancano sangue, morti, combattimenti corpo a corpo, doppi giochi e molto altro. Un surival game dalle forti tinte horror e thriller che, nonostante qualche ingenuità, riesce ad incuriosire.
Alice in Borderland è un survival game dalle forti tinte horror e thriller. Una storia intrigante ed affascinante.
Gli otto episodi della prima stagione di Alice in Borderland – a cui prossimamente seguirà una seconda – portano su Netflix un mondo cruento, cinico, completamente folle ed al momento inspiegabile. Una narrazione che scorre senza troppi intoppi e divisa nettamente in due. Nella prima metà assistiamo ai game a cui partecipano i personaggi. Una parte dove Arisu e gli altri sopravvissuti vengono messi alla prova, tra scelte di porte esatte, caccia all’uomo, nascondino e corse contro il tempo. Il tutto inframmezzato da flashback e brevi momenti di vita “normale”.
La narrazione è nettamente divisa in due. Dall’action fisico e cervellotico ad una narrazione più sociale.
Nei restanti quattro invece veniamo catapultati nelle dinamiche sociali della comunità de La spiaggia. “Oasi” in cui si sono riuniti i sopravvissuti dove vige una rigida gerarchia piramidale in cui il bene del gruppo viene prima di quella del singolo. Luogo di rifugio da una realtà troppo crudele in cui lo svago regna sovrano. Un’utopia basata sul desiderio e la libido, che però non riescono a nascondere la tensione che scorre tra i vertici dell’organizzazione. Un paradiso destinato però a durare poco, perché in ogni gioco che si rispetti nulla sfugge al controllo del game master.
Un passaggio quindi da un action fisico e cervellotico ad una narrazione più sociale. Da uno show in cui protagonisti sono i muscoli e il cervello ad uno antropologico, con chiari riferimenti e critica alla società giapponese. La Spiaggia non è altro che uno zoo ambientato dai più disparati esseri umani: dalle amiche inseparabili, agli scienziati, passando per i psicopatici e molto altro. Una nuova “società” in cui si ritrovano tutte le contraddizioni di quella odierna.
La struttura narrativa ricorda quella di un videogame.
Una struttura narrativa che ricorda in tutto e per tutto quella di un videogame, e non poteva essere altrimenti. Ogni episodio è un livello da superare e solo arrivando alla sua fine, o meglio sopravvivendo, si potrà continuare la partita e concludere così il gioco. Una narrazione prettamente verticale nella prima metà che diventa più orizzontale nella seconda, che somiglia molto ad un Cluedo umano che si trasforma ben presto in una caccia alle streghe senza pietà.
Un tutti contro tutti mortale in cui il dubbio e la follia prendono il sopravvento sulla ragione. Ogni persona diviene un sospettato e per questo meritevole di morte. Esecuzioni sommarie il cui unico scopo dei boia – che ovviamente si sono autoproclamati tali facendo gioco forza sul loro possedere armi – è dare sfogo al proprio squilibrio e alla propria sete di sangue e morte.
Personaggi stereotipati e situazioni già viste
Per quanto la serie riesca a intrattenere ed incuriosire, la verità è che riesce nel suo intento solo se lo spettatore ha poca familiarità con il cinema e le serie tv orientali. Per un fruitore generalista Alice in Borderland è una continua scoperta e le prove da superare ed i personaggi presentati risultano interessanti e pieni di sfumature. Chi non possiede grandi conoscenze di videogame o del genere survival quindi si godrà la storia e l’ambientazione pienamente, rimanendo piacevolmente sorpreso. Otto episodi di suspense da vivere intensamente e seguire con attenzione.
Lo show è una continua scoperta per gli spettatori poco avvezzi all’entertainment orientale. Per tutti gli altri è la sagra del già visto.
Discorso completamente diverso per chi invece è appassionato di manga e tutto ciò che ha a che fare con la cultura giapponese e l’entertainment orientale in generale. Per loro Alice in Borderland risulterà un qualcosa di già visto e poco originale. Insomma la solita solfa, con giusto qualche spunto interessante, come ad esempio il duello presente nel settimo episodio tra il disadattato sociale armato di katana e l’esperto di arti marziali transgender. Con il procedere della storia è difficile non notare le somiglianze con film come The Cube, The Walking Dead – soprattutto per quanto concerne la dinamica all’interno de La Spiaggia -, Hunger Games, Gantz e storie simili.
Molte le opere a cui fa riferimento, su tutte il film cult Battle Royale.
La prima opera che però viene subito alla mente ai più avvezzi è senza dubbio il mediafranchise Battle Royale. Il romanzo di Koushun Takami, trasposto successivamente in manga e in un film nel 1997 con Takeshi Kitano, mostra ignari studenti delle medie costretti a partecipare ad un gioco mortale. Gli studenti sono indisciplinati e sprezzanti dell’autorità degli adulti. Un crimine per cui vanno puniti. Allo stesso modo Arisu ha la colpa di essere fin troppo apatico e di non volersi prendere le proprie responsabilità e crescere.
Un prodotto Alice in Borderland che non presenta novità neanche per quanto riguarda i personaggi presenti. Tutti i partecipanti ai game sono basati su stereotipi che non portano nulla di nuovo rispetto a quanto già visto in altri prodotti. Arisu è il tipico protagonista svogliato e annoiato. Un ragazzo che non sapendo che fare della sua vita la riempie con i videogame. Dalla personalità sensibile e dalla fine intelligenza, proprio grazie alla sua arguzia riesce a sopravvivere ad ogni prova. Tutte caratteristiche già viste in altri protagonisti prima di lui.
I personaggi sono tutti stereotipati
Discorso analogo per tutti i comprimari. Chōta e Daikichi sono i classici migliori amici del protagonista, pronti a tirarlo su di morale nel momento del bisogno e a sacrificarsi per lui. Usagi è lo stereotipo del personaggio solitario che deciderà di fare squadra con il personaggio principale della storia perché in qualche modo ne resta affascinato. Per quanto riguarda gli abitanti de La spiaggia invece si trovano i cliché del capo della comunità che scivola sempre più nella pazzia e capace di ammaliare il prossimo, del genio imperscrutabile con il sorrisetto sornione, lo yakuza tutto d’un pezzo ma dal cuore d’oro e il disadattato sociale che ha finalmente trovato la sua dimensione in un mondo in cui sfogare la sua violenza repressa per troppo tempo.
Menzione speciale per la regia e la fotografia.
Lo show però ha dalla sua una regia ed una fotografia che convincono senza riserve. La regia di Shinsuke Sato riesce a portare lo spettatore nel pieno della vicenda. Allo stesso modo la messa in scena ci restituisce un mondo allo sbando e irriconoscibile. Menzione speciale per la fotografia, che passa dai colori caldi della vita di tutti i giorni e dei flashback, a quelli freddi dei game. Proprio gli scorci sul passato dei personaggi ci aiutano a capire la loro indole e come non siano stati in grado di vivere tali momenti come avrebbero dovuto.
Nonostante i vari cliché la serie riesce comunque ad intrattenere e divertire portando lo spettatore in un terribile paese delle meraviglie.
In conclusione della recensione di Alice in Borderland, la serie diretta da Shinsuke Sato riesce pienamente nel suo intento di intrattenere, incuriosire e divertire solo lo spettatore che non ha familiarità con l’entertainment orientale. Per tutti gli altri è una sagra del già visto con qualche scena ben riuscita. Nonostante tutto però ci troviamo immersi in un terribile paese delle meraviglie in grado di catturare l’attenzione dello spettatore.
Una nuova società in cui regnano violenza e morte e in cui oltre alla forza fisica contano anche l’intelligenza, il coraggio e la forza di volontà. Un prodotto che farà la felicità degli amanti del genere e capace di riprendersi sul finale, mostrando una realtà più complessa e articolata di quanto ci si poteva aspettare e che porta tutti – personaggi e spettatori – su un nuovo livello tutto da scoprire.