Oltre a Christopher Nolan e Denis Villeneuve anche altri importanti registi di Hollywood hanno espresso la loro preoccupazione in merito all’accordo tra Warner Bros. e HBO Max.

Fin dall’annuncio del mastodontico ed epocale accordo tra Warner Bros. e HBO Max che prevede la distribuzione in contemporanea nelle sale e in streaming dell’intera prossima stagione cinematografica dello studio, si sono sollevate da più parti voci di preoccupazione e di vera e propria rabbia.

Tra le più autorevoli si sono registrate quelle di Legendary Pictures, che ha minacciato azioni legali, ma anche quelli di registi coinvolti, come Denis Villeneuve, e di altri molto vicini alla realtà Warner, come Christopher Nolan.

Ma c’è anche che non vede l’accordo tra i due colossi come la fine della distribuzione delle sale cinematografiche e del cinema per come lo conosciamo e lo abbiamo sempre conosciuto. È il caso di Aaron Sorkin e Patty Jenkins, i registi, rispettivamente, di Processo ai Chicago 7 e Wonder Woman 1984, che ne hanno discusso durante una conversazione con Variety per il Virtual FYC Fest.

 

Warner Bros. - HBO Max

 

Nello specifico, la Jenkins vede l’accordo, paradossalmente, come un’opportunità per altri studi di soddisfare le esigenze dei registi che vogliono uscire in sala e che spesso non sono stati ascoltati con l’attenzione adeguata.

Qualche studio sarà abbastanza intelligente da diventare un’eccezione rispetto agli altri e tutti i grandi registi in città andranno lì e le sale favoriranno i loro film. Perché in questo momento, se ci sono studi che annunciano che [far uscire i film in streaming] è ciò che inizieranno a fare, ogni regista si recherà nello studio che promette di non farlo.
L’opinione di Sorkin segue un percorso logico simile. L’accordo, ha detto, non segnerà la fine delle sale per il semplice motivo che esse offrono un’esperienza diversa rispetto allo streaming, avendo dalla loro la visione comune di un film, che permette un grado di coinvolgimento che nient’altro può eguagliare.
Penso che per 4.000 anni, niente abbia sostituito l’esperienza di far parte di un pubblico. Quell’esperienza condivisa: essere in un cinema quando le luci si abbassano, ridere con tutti gli altri nello stesso momento, rimanere col fiato sospeso nello stesso momento, tacendo allo stesso momento e assaporando il momento finale del film nello stesso momento.

Entrambi si sono detti infine soddisfatti per il fatto che film come i loro siano stati in grado di raggiungere gli spettatori, incontrandoli direttamente nelle loro case durante una pandemia sempre crescente.

Anche Judd Apatow ha detto la sua sull’accordo Warner Bros. – HBO Max, ma bypassando discorsi apocalittici e preferendo enfatizzare il fatto che uno studio così importante abbia, da quello che emerge, preso una decisione così importante tenendo per la maggior parte all’oscuro collaboratori e partner importanti.

 

Judd Apatow

 

Anche le dichiarazioni del regista sono state rilasciate durante una conversazione con Variety in vista dell’imminente FYC Fest in versione virtuale.

È un po’ scioccante che uno studio così prenda una decisione del genere riguardante l’intera lista dei suoi film senza, apparentemente, chiamare nessuno. È il tipo di mancanza di rispetto di cui si sente parlare nella storia dello spettacolo. Ma farlo a ogni singola persona con cui lavori è davvero sorprendente.

Anche l’ultimo film di Apatow, Il re di Staten Island, prodotto da Universal e uscito all’inizio di quest’anno, ha scelto un percorso di video-on-demand premium, evitando i cinema interamente a causa delle chiusure. La decisione però è stata presa di comune accordo tra il team creativo e lo studio e in più i pagamenti per gli addetti ai lavori che hanno partecipato alla realizzazione del film sono stati regolamentati in modo tale da renderli equi a quelli previsti per un’uscita “regolare”. Ci si riferisce probabilmente ai pagamenti basati sul successo della pellicola, che nel caso caso di un’uscita non in sala potrebbero essere penalizzati.