Space Bandits è il più recente capitolo della corsa a folle velocità di Mark Millar dopo il matrimonio Netflix-Millarword. Matteo Scalera lo accompagna ai disegni per raccontare le due fuorilegge spaziali Thena Cole e Cody Blue in una space adventure dal gusto anni ’80.

Aspettavo con ansia questo Space Bandits, nuovo fumetto dello scozzese Mark Millar per Millarworld e quindi con buone probabilità già destinato a diventare una serie TV o un film (più probabile) per il colosso dello streaming Netflix.

Lo aspettavo perché per la seconda volta di seguito (cronologicamente e in assoluto) Millar ha scelto di coinvolgere ai disegni un talento italiano ovvero Matteo Scalera, dopo che per Sharkey aveva ingaggiato il grande Simone Bianchi.

Diciamo che questa cosa di Turbo Millar l’ho presa un pochino come missione personale.

 

 

Vi ho già espresso le mie perplessità su titoli come Magic Order, The Prodigy e il già citato Sharkey Il Cacciatore di Taglie, titoli che presentano soggetti assolutamente accattivanti e stuzzicanti per il piccolo schermo (in termini di trasposizione), disegni spesso incredibilmente belli (d’altronde coi nomi coinvolti è impensabile ottenere risultati mediocri) ma costruzioni e narrazioni spesso appena abbozzate, non all’altezza di uno dei miei autori preferiti, nonché tra i più di successo della storia recente dei comics.

 

Per approfondire Sharkey il Cacciatore di Taglie ti può interessare:

 

Se poi a tutto questo ci aggiungiamo il calibro dei disegnatori coinvolti, era inevitabile che volessi quantomeno approfondire ogni dettaglio della cosa.

Space Bandits è un classico fumetto d’azione con ambientazione spaziale dai toni leggeri, veloci, votato totalmente al divertimento e privo di qualsiasi ambizione formativa o narrativa. Puro intrattenimento con grandi disegni insomma, alla portata di chiunque.

 

Space Banduits splash

L’ambientazione è la sua principale caratteristica visto che riprende molte atmosfere degli anni ’80 non solo nel mood ma anche nelle citazioni e nei riferimenti diretti,

cavalcando gli ultimi strascichi di questa moda retro che stiamo vivendo ormai da qualche anno.

Cody Blue e Thena Cole sono due criminali molto differenti tra loro, ma comunque accomunati per la passione per le truffe e le rapine.

La prima è una abilissima stratega, dal grande intuito e capace di elaborare piani molto complessi e dal risultato sempre positivo, la seconda è una rapinatrice molto fisica, propensa alle scazzottate e alle evasioni dalle carceri dei diversi sistemi stellari.

Cody, dopo molte truffe e rapine senza alcun ferito o morto, cade nel tranello dei suoi stessi compagni che cercano di farla fuori per liberarsene e impadronirsi anche della sua fetta di bottino.

Thena invece finisce tradita dal proprio uomo, mentre cercavano di intascare truffaldinamente i soldi della taglia sulla sua testa, fingendo le catture e architettando le successive fughe.

 

 

Entrambe sopravvivrano ai rispettivi tradimenti ma maturano un insaziabile desiderio di vendetta che le vedrà prima incontrarsi e poi unire le proprie capacità per riprendersi ciò che spetta loro, con qualunque mezzo, meglio se la cosa coincide con l’eliminazione fisica dei bastardi che le hanno imbrogliate.

E questo sarà il viaggio di Space Bandits, una action story a tutto gas, che non perde tempo nei dettagli e punta dritta al cuore della missione delle due ragazze, in un’atmosfera che spesso ricorda da vicino i recenti cicli de I Guardiani della Galassia (e i film di James Gunn stessi), con una gigantesca quantità di ammiccamenti, citazioni, riferimenti e look anni ’80.

Perché? Se lo chiedete a Millar probabilmente vi risponderebbe che è per omaggiare la grande epoca degli action movie, quelli di Terminator con Linda Hamilton e Aliens Scontro Finale con Sigourney Weaver, quelli della vapor wave, dei capelli cotonati e degli scalda muscoli.

Se lo chiedete a me, temo che la motivazione sia decisamente più banale, anche se non meno efficace di questi tempi: va di moda. E ancora per poco, pr fortuna, aggiungo io.

Il fatto che le astronavi si chiamino “Lionel Richie” (riprendendo anche le fattezze del famoso leader dei Commodores, che poi assomiglia tantissimo anche a Viggo Lust) o che i costumi sembrino tutti usciti da un video di Madonna dovrebbe essere la vera “differenza” con tante altre storie di questo tipo e invece diventano un mero accessorio, quasi un fan service. E ci sarebbe voluto davvero poco per rendere la cosa interessante, approfondendo le ragioni di questo exploit di pantacollant nell’universo di Space Bandits.

 

Space Bandits Lionel Richie

 

Con una opportuna spiegazione si sarebbe potuto spiegare cosa ha portato la cultura e il costume degli anni ’80 terrestri a dilagare in tale maniera e si sarebbero potuti creare dei riferimenti ancora più divertenti e ricercati.

In Space Bandits, Thena e Cody non sono personaggi particolarmente originali; Thena fa la parte dei muscoli, Cody del cervello, in un classico abbinamento da buddy-movie e anche i “cattivi”, ovvero la ex gang della furba orcadiana e Viggo Lust, l’ex fidanzato dalla teppistella, ricalcano esattamente dei modelli già visti (il criminale folle e depravato, il Don Giovanni eterno traditore, il boss furbo e sempre con le spalle coperte).

Tuttavia si fa fatica ad affezionarsi alle due protagoniste; le loro battute non sono memorabili, non si vedono quasi mai applicare al massimo le loro speciali capacità (vale soprattutto per Thena, che fa un po’ da soprammobile) e in generale si ricordano più per i loro costumi “vintage” che non per le loro personalità esplosive.

Quindi ci risiamo?

In un certo senso si. Space Bandits è un fumetto veloce, sicuramente divertente nella sua leggerezza, anche al netto di una forte prevedibilità di trama, ma di nuovo ci troviamo di fronte ad un soggetto assolutamente interessante per la trasposizione televisiva (anni ’80, spazio, alieni, due protagoniste belle dure e tremende e location ultra esotiche e piene di colori, magari non dura due stagioni ma sicuramente fa parlare di sè), ma poco approfondito e originale.

Matteo Scalera è come sempre una garanzia. I suoi disegni hanno quella personalità in più che riesce sempre a fare la differenza. Forse non ci troviamo di fronte ai picchi di eccellenza raggiunti in opere come Black Science ad esempio e lo si nota anche dal minor dettaglio e costruzione dei fondali (complici anche i colori di Marcelo Maiolo, sicuramente buoni ma non all’altezza del lavoro pazzesco di Moreno Dinisio sulla citata serie Image), ma di certo il suo contributo è il primo motivo per cui voler comprare una copia di Space Bandits da riporre nella vostra libreria.

 

Cody Blue

 

Grandi disegni, grandi inquadrature cinematografiche, ottimo dinamismo, le caratteristiche che hanno reso grande Scalera ci sono tutte. Ma bastano?

Devo ammettere che la sensazione di delusione in questo fumetto è un pochino attenuata rispetto a quelle provate per Sharkey o The Prodigy. È un fumetto dalle aspettative basse, da leggere col cervello in modalità Barbara D’Urso, ma che proprio per queste caratteristiche sa essere a suo modo completo ed efficace nel suo ruolo.

Certo un’idea e un soggetto così accattivante avrebbero meritato maggior completezza e approfondimento, ci si poteva costruire un intero universo narrativo (e il tentativo c’è, lo capirete leggendo), ma ormai abbiamo capito che questo è il sistema Millar e temo che non sarò di certo io a fargli cambiare idea.

 

 

Almeno questa volta non si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un ricco e sfarzoso story board. Tra un po’ quindi ci troveremo a vedere su schermo parecchie trasposizioni tratte dai fumetti del Millarworld e di certo Space Bandits ha le potenzialità per essere tra queste.

Finora nel 99% dei casi abbiamo chiuso i discorsi dicendo “bella la serie ma il fumetto originale è meglio”. Ora a fronte di fumetti non memorabili o purtroppo riusciti in modo incompleto, cambierà questa statistica o ci troveremo serie tv ancora peggiori?

Sempre per rimanere in tema anni ’80, “lo scopriremo solo vivendo” (cit.).

 

 

69
Recensione Space Bandits: gli anni ’80 nello spazio secondo Mark Millar
Recensione di Giovanni Zaccaria
ME GUSTA
  • Grandi disegni di Matteo Scalera, sempre caratteristico e incisivo
  • È una storia divertente con una ambientazione spaziale piacevole
  • È un fumetto leggero e fa il suo dovere
FAIL
  • Come spesso è successo ci troviamo di fronte ad un soggetto poco più che sviluppato; ci sarebbe stato tanto da approfondire e caratterizzare
  • Protagoniste non memorabili, per personalità e dialoghi
  • L'atmosfera anni '80 è piuttosto gratuita: non c'è contestualizzazione e caratterizzazione, solo un bel po' di citazioni pop