Visto il crescere del numero di rifiuti elettronici generati dall’uomo, alcuni scienziati stanno studiando un metodo per ottimizzare il riciclo.
Ogni anno nel mondo vengono prodotti 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, scarti che non solo aumentano di anno in anno, ma che addirittura gettano al macello dai 50 ai 60 miliardi di euro. Ad oggi, solo il 20% di questi materiali viene riciclato con successo tramite processi certificati, mentre il restante 80% rimane nelle discariche. A peggiorare ulteriormente il tutto, c’è da sapere che solo oro, argento, platino, cobalto, stagno, rame, ferro, alluminio e piombo vengono recuperati, mentre i restanti 51 materiali presenti nei dispositivi di solito rimangono allo scarto.
Il processo necessario ad ottimizzare lo smaltimento dovrebbe andare ad influenzare la catena vitale del prodotto: i rifiuti elettronici infatti, una volta arrivati alla discarica, vengono spesso mescolati con altri rifiuti e diventa molto difficile recuperarli per riciclare componenti, composti chimici e quant’altro. Se quindi per recuperare questi materiali si dovrebbe andare ad anticipare il loro smaltimento, è sempre consigliato dare una vita più lunga al prodotto, magari riparandolo se danneggiato.
Per minimizzare la complessità di smaltimento dei prodotti, secondo questi scienziati come prima cosa questi rifiuti andrebbero smantellati in parti più piccole: separare batterie, circuiti stampati, involucri e tutto il resto da cavi, resistenze, capacitori, chip e ogni piccolo componente. Una volta separati i moduli elementari del prodotto, l’approccio consigliato (prima di ogni trattamento chimico) è separare le varie particelle fisicamente, attraverso l’utilizzo di magneti. Terminati questi processi, rimane solo da fare l’estrazione liquido-liquido, processo ripetuto più volte per raccogliere particelle di metalli (o ossidi) con un acido, per poi estrarli in seconda battuta.
In questo modo, soprattutto per materiali costosi e rari come quelli utilizzati per la produzione di smartphone, si potrebbe estrarre dagli scarti la materia necessaria per la produzione di nuovi dispositivi, andando a gravare molto meno sul costo generale.