Moltissimi americani di origine cinese stanno lamentando il fatto di essere stati silenziati o espulsi da WeChat dopo aver usato l’app per manifestare il loro sostegno alle proteste di Hong Kong.
WeChat è quella che in gergo viene definita una super-app, un unico portale che fa da social newtork, app di messaggistica, marketplace, news aggregator e metodo di pagamento. È di proprietà dell’azienda cinese Tencent.
Come per altri prodotti cinesi arrivati in occidente, esisterebbe un duplice livello di moderazione. Inflessibile, totalizzante e autoritario per gli utenti residenti in Cina, e più flebile e comparabile a quello degli altri social per gli utenti stranieri. È stata l’organizzazione Citizen Lab ad evidenziare il sistema duale all’interno di WeChat e altre app di questo tipo.
La notizia è che se sei originario della Cina, sei destinato a venire sottoposto al regime di moderazione totale anche quando hai preso la cittadinanza o la residenza di un altro Paese.
O almeno è quello che denunciano i sempre più numerosi membri della comunità cinese americana finiti vittima della scure di WeChat.
I came to the US for freedom and democracy. But over the last few years, I feel that even though I’m an American, I’m monitored. I can’t speak freely like I used to, even though I live in the US.
racconta un cittadino del Minnesota di origine cinese.
“I candidati pro-Cina hanno perso completamente“, aveva scritto Bin Xie, un’analista di sicurezza informatica cinese ora residente in Texas. Il messaggio era stato scritto in un gruppo presumibilmente privato, poche ore dopo il suo account è stato eliminato dall’app.
Molti dei cinesi finiti sotto la scure della censura cinese sono migrati su Whatsapp, di proprietà di Facebook (ma non poi così diffuso negli USA). Nel frattempo sono stati anche creati diversi gruppi dedicati ai membri della comunità di cinesi statunitensi bannati da WeChat.
Nel frattempo molti di loro hanno iniziato a fare lobby sui membri del Congresso cercando di convincerli a prendere una posizione netta contro la censura cinese. Ma fino ad adesso non si sono visti molti risultati, salvo per una lettera bipartisan promossa dal repubblicano Marco Rubio e dalla dem Alexandria Ocasio Cortez sul caso Blizzard.