La paura patologica di bambole e giocattoli con fattezze umane è molto più di una sciocca paura infantile, colpisce anche gli adulti e ha a che fare col funzionamento del cervello umano.

Mai avuto paura delle bambole? Scommetto di sì, almeno una volta tutti abbiamo provato il senso di inquietudine, principalmente da bambini, dell’osservare un bambolotto, magari in una stanza buia e con qualche cigolio di sottofondo. Potete negare, ma so che è così e lo sapete anche voi. Lo sa bene anche Hollywood, che da questa fobia ha creato uno dei filoni di maggior successo del cinema horror.

Basti pensare alla pellicola del 1988 La Bambola Assassina (la prima della fortunata saga di Chucky) o al più recente Annabelle del 2014, diretto da John R. Leonetti, fino all’ultimo arrivato proprio quest’anno, La casa delle bambole – Ghostland di Pascal Laugier, che uscirà nelle sale italiane il prossimo 6 dicembre. Ma che cos’è che ci disturba tanto delle bambole, talvolta anche da adulti?

La pediofobia è una situazione patologica che porta la nostra mente a provare una paura irrazionale e persistente verso le bambole.

 

La pediofobia parte quasi sempre dall’infanzia.

Ma entriamo più nel dettaglio, e partiamo dalla definizione di Pediofobia: si tratta di una paura che ha spesso origine nei bambini, ma anche nei soggetti adulti.

Può capitare che i bambini rivelino di avere paura di determinate bambole, che tentino di nasconderle, o che piangano nel vederle. In questo caso non bisogna forzare il bambino a vederle come un gioco, ma lasciare che il tutto si risolva naturalmente.

Tra i sintomi più comuni nei soggetti pediofobici ci sono battito del cuore e respirazione accelerati, secchezza delle fauci, tremori e brividi, e finanche paralisi nervosa, pianti, urla e il cercare di fuggire ogniqualvolta si vede una bambola.

 

 

Il comportamento del bambino può essere dovuto a una leggera immaturità emotiva destinata a passare con il tempo.

Il comportamento del bambino può essere dovuto a una leggera immaturità emotiva che nella maggior parte dei casi passerà con il tempo. Tale paura infantile può riflettersi non solo nei confronti dell’oggetto fisico, ma anche nella sua rappresentazione come in tv, ad esempio, con bambolotti come Topo Gigio piuttosto che dei Teletubbies, e in età infantile si può associare questa fobia anche alla Coulrofobia (ovvero la paura di clown, paggliacci, in generale di soggetti travestiti alla circense, persino giocolieri. Etimologicamente questo disturbo di difficile pronuncia deriva dal greco e fa riferimento alla paura per chi cammina su trampoli).

Capita molto spesso però che anche gli adulti, soprattutto se affetti da questa paura fin da piccoli, temano ancora le bambole, con paure legate soprattutto al loro movimento o classicamente alla sensazione di essere osservati da esse. Nonostante molti degli adulti affetti da questa fobia capiscano che è infondata, non riescono a metterla mai da parte del tutto, e spesso devono ricorrere persino a terapie per combattere questo fenomeno.

 

 

 

 

È una patologia che viene trattata con mezzi di esposizione graduale.

Questa patologia che viene trattata con mezzi di esposizione graduale, usando una serie di bambole fino ad arrivare a quelle che impauriscono maggiormente il paziente.

Alla fine del trattamento è possibile che il paziente (adulto, s’intende) perda la paura al punto di riuscire a portare a casa una di queste bambole e giocare con essa senza inconvenienti. Nei casi più estremi si può ricorrere persino all’ipnosi o alla terapia comportamentale cognitiva, che aiutano il paziente a razionalizzare i pensieri da cui scaturisce la paura, aiutandoli a capire quale sia la sua vera origine e a non associarli più a nessun oggetto.

La Pediofobia è comunque parte di un disturbo più ampio, l’Automatonofobia.

Facciamo dunque un ulteriore passo, soprattutto in relazione al persistere di tale fobia in soggetti adulti; la Pediofobia è infatti parte di un disturbo più ampio, l’Automatonofobia, ovvero la repulsione per tutto ciò che è realizzato a imitazione di un essere umano.

Se si volesse ricercare un punto d’inizio della Pediofobia in senso moderno (considerando che la macro categoria più ampia esiste probabilmente da che l’uomo primitivo abbia visto l’ombra di un albero i cui rami parevano braccia umane) sarebbe da collocare nel XIX° secolo, quando l’innovazione dell’industria dei giocattoli ha permesso per la prima volta di creare figure davvero somiglianti a una persona in carne e ossa.

I nostri cervelli sono abituati a passare in rassegna un enorme numero di volti in cerca di micro informazioni che ci permettano di dedurre emozioni, intenzioni, e anche eventuali pericoli.

L’essere umano è talmente abituato e pronto a vedere facce e a reagire ad esse che le vede ovunque, anche in oggetti inanimati (vi è mai capitato di intravedere come un volto in un albero, nella forma delle nuvole o all’interno di macchie?).

Gli individui maggiormente affetti da nevrosi sono anche quelli più predisposti a riconoscere volti umani ed esserne spaventati, ma attingendo da diverse suggestioni presenti bene o male in tutti gli esseri umani, soprattutto nella società moderna, la Pediofobia può colpire davvero chiunque.

 

 

 

La casa delle bambole – Ghostland dal 6 dicembre al cinema