Davanti a noi abbiamo ancora una lunga strada per la macchina fotografica che sarà, beh, come il telefono… qualcosa che useremo sempre nell’arco della giornata, non solo in occasioni come feste, viaggi o quando i nipoti verranno a trovarci, ma una macchina fotografica che useremo spesso quanto la nostra penna o i nostri occhiali.
Chissà se i membri della troupe hanno realmente capito quello che Edwin Herbert Land stava dicendo all’obbiettivo delle loro telecamere nel 1970.
Qualcosa che sarà sempre con Voi.
Leggendo oggi queste parole sembra quasi che il co-fondatore di Polaroid stia descrivendo lo smartphone non credete?
Scienziato, inventore ed imprenditore, Edwin Land merita di sicuro un articolo tutto suo (se non una serie di articoli) per poter contenere tutte le intuizioni ed invenzioni che ancora oggi partecipano alle nostre vite. In questo articolo però vi parlerò di quella che probabilmente ha segnato più di tutte la carriera di Land e la storia della fotografia.
Nel 1960 la Polaroid era già una delle aziende tecnologicamente più all’avanguardia e di maggior successo, nel 1947 la presentazione della prima pellicola istantanea aveva stupito il mondo intero, ma perfino questa meraviglia non era esente da difetti.
Le macchine fotografiche erano ingombranti difficili da usare, soprattutto per quanto riguardava la messa a fuoco, ed era necessaria una certa pratica anche per lo sviluppo della foto stessa.
Le pellicole istantanee di allora erano molto diverse da quelle che ci vengono in mente quando parliamo di Polaroid oggi. Erano composte essenzialmente da due strati attaccati, dopo che la foto veniva scattata, la pellicola doveva essere estratta e separata in due: “negativo” da buttare e “positivo” la fotografia vera e propria.
Estrarre troppo velocemente o troppo lentamente la pellicola poteva rovinare l’immagine, sabbia o polvere potevano entrare tra i meccanismi troppo esposti della macchina e peggiorare ulteriormente la situazione. Infine la parte in “negativo” da buttare della pellicola era appiccicosa e ricoperta da una sostanza irritante che non doveva venire a contatto con la pelle.
il Progetto Aladdin
Per risolvere questi ed altri problemi a metà del 1960 partì il Progetto “Aladdin”, ma già nel 1944 Land aveva condiviso con uno dei suoi più stretti collaboratori cosa volesse realizzare: una macchina fotografica comoda, di dimensioni compatte e che facesse uscire una fotografia sviluppata e a colori premendo un solo pulsante.
Subito il progetto fu ribattezzato SX-70, una sigla che stava molto a cuore a Land e che identificava un vecchio progetto ormai abortito.
Il gruppo di ricerca non aveva molto su cui basarsi se non le idee di Land, ma il 31 dicembre del 1965 Alfred Bellows e Leonard Dionne arrivarono a sviluppare il primo prototipo di pellicola SX-70 istantanea a colori.
Ora che la pellicola del futuro era ben avviata mancava una macchina fotografica all’altezza e per l’ennesima volta il genio di Land indicò alla squadra di sviluppo la via da seguire. Egli si presentò da Dick Wareham, uno dei suoi migliori ingegneri, con una scatola di legno di quelle usate per contenere penne pregiate dicendo:
la macchina dovrà avere queste dimensioni, il fotografo la terrà in mano verticalmente e spingerà l’otturatore; perché di queste dimensioni? Perché entra nella tasca del cappotto, e così la potrai portare sempre con te.
L’intuizione di Land non fu digerita subito dal gruppo di lavoro. A quel tempo l’unico modo di impressionare una pellicola istantanea dentro una scatola così piccola era la scansione. Quindi le lenti dovevano scorrere di fronte alla pellicola o viceversa.
I problemi con questa soluzione però erano insormontabili: per permettere il movimento del meccanismo erano necessari lunghissimi tempi di esposizione, il più piccolo movimento del fotografo durante l’esposizione portava risultati disastrosi sulle foto, le luci fluorescenti lasciavano strisce sulle foto sviluppate e nemmeno i tradizionali flash lavoravano a dovere.
Ci lavorarono per un anno e mezzo prima di rinunciare.
Land però non perdeva mai il buon umore e la fiducia nelle sue idee che per l’ennesima volta lo portarono sulla strada giusta. Decise di cambiare tutto e creare una single lens reflex camera o SLR in un corpo macchina pieghevole.
Si avete letto bene, una reflex! Proprio come le macchine fotografiche amate dai professionisti questa permette al fotografo di vedere direttamente attraverso l’obiettivo per comporre al meglio la fotografia che ha in mente.
Realizzare questo non fu certo facile e portò a soluzioni tecniche innovative, come sostituire il pesante ed ingombrante prisma presente nelle tradizionali reflex con un leggerissimo sistema di 4 lenti ottiche in vetro, uno specchio e una lente Fresnel.
Completavano il sistema ottico due feritoie per correggere l’astigmatismo, uno specchio sferico in plastica, un oculare anch’esso sferico e un altro specchio grande quanto la pellicola da impressionare. Il tutto era articolato in modo da seguire il movimento del telaio della macchina quando veniva chiusa o aperta.
Quando viene scattata una fotografia la lente Fresnel si solleva portando con se il secondo specchio che riflette la luce direttamente sulla pellicola sottostante impressionandola.
Dato che l’esposizione e tutti i meccanismi interni vengono controllati da un’elettronica interna molto sofisticata composta tra le altre cose da 200 transistor e altrettanti resistori, decisero di garantire una fonte di energia affidabile per ogni fotografia, quindi apportarono un’altra novità assoluta.
Aggiunsero un batteria a 4 celle da 6 volts integrata nella cartuccia delle pellicole, in tal modo con ogni cambio del pacco pellicole si ha energia elettrica fresca e pronta all’uso per la macchina.
Una volta che l’immagine viene impressionata, la pellicola è espulsa attraverso due rulli che comprimono una “tasca” contenente l’emulsione a base gelatinosa che viene spalmata su tutta la superficie della pellicola costituita da 13 strati diversi.
A questo punto il fotografo avrà una pellicola che come per magia si svilupperà tra le sue mani in meno di 60 secondi rivelando la foto appena scattata a colori.
Premendo solo un pulsante
La prima macchina fotografica reflex pieghevole e la prima macchina ad usare le pellicole istantanee Polaroid integrali.
Il capolavoro di Edwin Land
L’idea di Land divenne realtà 25 Aprile 1972 quando, durante l’annuale meeting Polaroid in un’entusiasmante presentazione, egli stesso diede prova del duro lavoro dietro a quell’oggetto. Estrasse la macchina dalla tasca del cappotto, l’aprì e scattò 5 fotografie istantanee in meno di 10 secondi lasciando tutti stupefatti, nulla venne lasciato al caso.
Per il design a Wareham venne affiancata la Henry Dreyfuss Associates ed insieme crearono un oggetto che ancora oggi è un’icona. Da chiusa attira lo sguardo con la sua eleganza ingannando gli osservatori sulla sua reale funzione, mentre da aperta meraviglia con le sue linee non convenzionali trascendendo la sua natura di macchina fotografica e diventando opera d’arte del design.
Per la promozione il design del packaging venne affidato a Paul Giambarba, già membro della famiglia Polaroid da anni, che creò il suo capolavoro minimalista, mentre per uno spot televisivo venne reclutato addirittura Laurence Olivier, il più noto attore inglese del periodo, che fece la sua prima ed unica apparizione in una campagna pubblicitaria.
La Polariod SX-70 Land camera venne immessa sul mercato verso la fine del 1972 con un prezzo di 180$ (circa 950$ attuali) e di 6,90$ per una cartuccia da 10 fotografie, una cifra molto importante che non impedì a Polaroid di venderne 700.000 unità in un anno e mezzo.
Non fu solo un successo commerciale, ma diede il via ad una rivoluzione culturale. Artisti in svariati campi intuirono il potenziale dietro alle nuove pellicole istantanee e le usarono per i loro progetti rendendo Polaroid ancora più famosa nel mondo.
Tra gli acquirenti vi erano artisti come Andy Warhol, Chuck Close e Dash Snow.
Fotografi come Walker Evans, Ansel Adams, Helmut Newton, Peter Beard e Robert Frank.
La NASA equipaggiò i suoi astronauti di Skylab 3 e 4 con la SX-70 per eseguire esperimenti sulle caratteristiche della luce solare a differenti orbite.
Negli anni successivi la macchina fu riproposta i versioni rivedute, aggiornate e migliorate tra le quali la più sorprendente per il periodo fu la autofocus che grazie ad un vero e proprio sonar misura la distanza del soggetto fotografato e regola la messa a fuoco in automatico.
Alle fine del 1977 l’uscita della Polaroid Model 1000 OneStep con un prezzo di 39,95$ (macchina che usava le stesse pellicole SX-70) rese accessibile le fotografie istantanee ad un pubblico ancora più vasto tanto da diventare in assoluto la macchina fotografica più venduta del periodo natalizio di quell’anno.
Oggi è ancora possibile usare questa meraviglia della fotografia grazie ad un imprenditore appassionato e visionario forse quanto Land stesso, che ha acquisito una delle ultime fabbriche di pellicole polaroid ad Enschede in Olanda e ha avviato “The Impossible Project” con l’obbiettivo di riportare in produzione l’impianto e offrire alle nuove generazioni l’emozione di scattare ancora fotografie istantanee con macchine fotografiche Polaroid.
- Instant, the story of Polaroid di Christopher Buonanos, Princeton Architectural Press (amazon.it)
- The Branding of Polaroid di Paul Giambarba (amazon.it)
- Polaroid SX-70 (wikipedia.org)
- The SX-70 Family (George’s Polaroid SX-70 pages)
- Polaroid SX-70: the Art and Science of the Nearly Impossible (technologizer.com)
- The Impossible Project (the-impossible-project.com)