Oggi mi sono svegliata con una strana sensazione in corpo.
Assomiglia allo scazzo totale per la vita, con un pizzico di ribellione manco avessi sedici anni… sa anche di rifiuto per l’umanità intera.
Che strano.
Spengo la sveglia e torno a dormire, non ho chiuso occhio tutta notte. Il piumone è incredibilmente caldo e il gatto fa le fusa vicino al mio orecchio.
Non me ne frega niente oggi. Di impegni, scadenze, treni, lavoro.
Cazzo.
Per dieci memorabili minuti mi sono scordata di essere un adulto responsabile e salariato. Stupida ribellione adolescenziale.
Sono ufficialmente in ritardo.
Bagno, vestiti, trucco, specchio. Oddio cosa mi sono messa? Ancora vestiti, caos, pantofole e caffè. E in un attimo prendo il treno.
Con le persone.
Li guardo e li odio. Tutti.
Sì ragazzino con le cuffie, odio pure te… ma mai quanto la coppietta che intravedo alle tue spalle. Alle ore 8 già ci tengono a far sapere al mondo che si amano.
Fanculo a voi e al vostro amore.
Tanto vi lasciate.
E se vi sposate divorziate.
(e lei si piglia tutto, anche le mutande).
Tu con l’iPad poi, non ne parliamo: con i soldi che hai speso per quel coso ci pago due mesi di mutuo. E lo usi per giocare a Candyschifo… l’evoluzione ha ufficialmente fallito con te.
Ho la musica così alta nelle cuffie che il ragazzino mi lancia uno sguardo di approvazione: tra sedicenni ci si capisce. Sono tentata di chiedergli il profilo di Snapchat.
E invece no, sono arrivata. Cammino lenta verso la mia destinazione e penso.
Penso.
E ci arrivo.
Sono solo un po’ lenta a carburare alla mattina.
All’improvviso ricordo il perché di questa sensazione di sfiducia verso l’intero universo… e mi odio.
Ieri ho perso l’altra metà della mia anima. Ma come, era qui un attimo fa…
O sono forse già passati anni?
L’ho lasciata uscire dalla porta, forse non tornerà mai più. Ho pianto e le ho detto addio,non realizzando per davvero quali sarebbero state le conseguenze:
vuoto
rabbia
dolore
Un ultimo ricordo: lui. Eccolo lì che se ne va, insieme alla mia anima, alle mie speranze, al futuro che davo per scontato. Sguardo triste, spalle curve; l’ho mai amato di più?
Dio, gli ho donato così tanto…senza mai chiedere nulla, perché in fondo non mi serviva: vivevo di lui e per lui.
Triste, non è vero?
Potrei andare a riprendermelo, quel pezzo della mia anima… potrei certo, ma non sarebbe lo stesso che gli ho donato anni fa. Ormai è rovinato per sempre, non si adatterebbe più a quella che sono oggi; che se lo tenga pure, quell’egoista.
Ma torniamo al presente… Oggi non sono depressa. Ve lo aspettereste da una che ha appena passato la notte peggiore della sua vita, no? Eppure, sono scazzata, un po’ ribelle e insonnolita; sì insomma l’ho già detto.
E gelata fin nelle ossa… cazzo se fa freddo a Milano a Novembre…
No, non potete capirlo davvero: è quel gelo infido che si accompagna alla nebbia ricca di smog, che si infila sotto il giubbetto e arrossa il naso. È quello che ti fa ghiacciare la macchina e fare le scintille ai cavi dei tram.
È quello che ti ricorda tanto le cioccolate nel tuo bar preferito, la vista mozzafiato dal tetto del duomo inframmezzata da respiri condensati sincronizzati; quello che ti fa tornare in mente la fiera dell’artigianato mano per mano, i mercatini con i cappellini di lana imbarazzanti. Ti riporta il sapore delle castagne tardive, il rumore delle giacche che si sfregano tra loro, il colore del cielo così azzurro contro i rami secchi di Parco Sempione…
No mi rifiuto. Fa troppo male, anche con solo mezza anima.
Una bici mi sfiora, quasi mi investe: sale l’istinto omicida.
Questo è nuovo!
Il profumo di brioche si mescola ai gas di scarico, mi si appannano gli occhiali perché sto respirando contro la sciarpa che nasconde metà del mio viso.
Mioddio, il semaforo pedonale non diventerà mai verde. Sono in ritardo, ho i geloni alle mani e ho dimenticato i guanti (mi pare di averli intravisti nel caotico lancio di vestiti di stamane).
Evito una pozzanghera e la scia di fumo lasciata da un passante.
Inspiro, espiro. Inspiro, espiro. Inspiro e… ma perché cazzo c’è una scolaresca che occupa un intero marciapiede?!
A questo punto, l’illuminazione.
Il gesto viene spontaneo: infilo la mano nel giubbetto. Un gruppo di madri apprensive mi prende sicuramente per una terrorista: sarà la sciarpa, sarà lo sguardo, non so.
Niente bomba, afferro il telefono e digito.
Sì pronto. Oggi non vengo. Cof coff, non mi sento per nulla bene. Cosa? Oh no, non sono per strada… ho la tivvù accesa… sìsì molto bene, arrivederci.
Fanculo pure tu che mi paghi una miseria. Oggi trovati un’altra assistente abbastanza idiota da starti a sentire.
Retrofront.
E dove vado adesso?
Al parco forse…ah no giusto, i ricordi felici. Evitiamo.
Il museo di storia naturale, uno dei luoghi che amo di più al mondo?
… dove ci andavo sempre insieme a lui, quando ero ancora intera.Magari no.
La fiera? I mercatini? I negozi? Le librerie?
Niente, i piedi mi portano in centro mi ritrovo a fissare i piccioni in Piazza Duomo e a riflettere su come sia riuscita a permettere ad un uomo di ridurmi così.
Cosa mi rimane senza ciò che mi rendeva felice?
Tanti direbbero “l’infelicità”; è quello che dicono tutti, sì insomma quante canzoni hanno scritto sul tema? Quanti libri?
E invece no… la risposta giusta è “il vuoto”.
Il nulla.
È troppo facile essere tristi, è liberatorio piangere. Ma vivere senza una parte di sé ti toglie dei mattoncini portanti dalla struttura della tua intera persona: ti senti traballare, la tua vita è improvvisamente instabile.
E, inspiegabilmente, ti senti anche un po’ ribelle.
Chissà che forse non stia riscoprendo anche la mia libertà?
Potrei fare tanto oggi…
O forse ancora meglio, potrei non farlo.
E in un attimo sono sul treno…
Con le persone, che odio in un modo più sviscerale adesso (sarà mica l’istinto omicida che mette radici?)
Corro a casa, mi rimetto il pigiama, lascio i vestiti abbandonati ovunque, anche sul lampadario, e mi rimetto a letto.
Fanculo al mondo, fanculo a te che te ne sei andato, fanculo a questa piccola voglia di ricominciare.
Chiudo gli occhi ostinata e la stanchezza che mi ha lasciato la notte insonne ha la meglio.
Mi addormento per un poco, ma mi risveglio all’improvviso. Epifania.
Sorrido.
Sì perché una piccola soddisfazione mi rimane.
Eccolo qui, un pezzo della sua anima… è piccolo e splendente. Gliel’ho rubato mentre non guardava, mentre era distrattamente perso nei miei occhi.
Ho preso il meglio di lui, tutto ciò che più ho amato.
Andate a riferirglielo spioni, non mi importa.
Lui, tanto, non lo ammetterà mai.
Lui, con gli scudi così spessi e le difese sempre alzate, non ammetterà che una persona al mondo è riuscita laddove nessuno aveva mai nemmeno tentato: l’impresa incredibile di farlo innamorare, di permettere che qualcuno intravedesse oltre la sua apparenza così ostile.
L’ho scalfito e ho lasciato il segno.
Adesso la sua anima ha un buco. Piccolo, tanto che forse non ne sentirà nemmeno la mancanza. O forse sì e verrà a richiedere indietro quel pezzetto del suo essere.
Beh, di certo non lo riavrà mai. E’ l’unica soddisfazione che mi rimane.
La strana sensazione sta allentando un poco la presa su di me… il vuoto è ancora lì, che mi guarda invitante. Ma per oggi non cederò, per oggi ci dormirò sopra.
Forse domani vi odierò tutti un po’ meno, forse permetterò alla vita che scorre di riempire quello squarcio interiore. No, non lo sostituirò mai con un’altra anima, non diventerò mai per qualcuno altro ciò che lui è stato per me…
Forse rimarrò per sempre incompleta, scazzata e un poco ribelle.
Non lo so. Punto la sveglia. Vi farò sapere domani mattina.
Mi rimane mezza anima, lasciatemela cullare stretta… lasciatemi odiare la mia vita, soltanto per oggi.
Domani sorriderò e mi alzerò; esistono persone che vivono per anni senza un polmone o un occhio…Posso di certo vivere senza un’anima completa.
E scusate se sarò scazzata, se odierò l’umanità, se mi sentirò ribelle a volte.
In fondo, e ora me ne rendo conto, sono solo effetti collaterali di un amore andato di traverso.
Buongiorno là fuori, buonanotte qui dentro.