Se l’avessi saputo, accidenti a me, non sarei morto! Immagino cosa stiate pensando in questo momento: tutti prima o poi dobbiamo morire, è un evento naturale, che prima o poi bisogna farci i conti e bla bla bla.
Per voi è facile giudicare, perchè siete ancora vivi! Oddio, vivi per modo di dire. Non fate altro che vivere giornate monotone, prive di significato, scandite dalla quotidianità più noiosa che per voi ha sostituito la vera essenza del vivere.
Volete davvero sapere cosa c’è dopo la morte, cosa c’è una volta superato il “tunnel di luce”?
Noia! Ecco a cosa andrete in contro una volta che tirerete le cuoia! Pura e stramaledetta noia.
Preferivo di gran lunga la mia vita da essere vivente!
Chi ero prima di diventare un ammasso di carne putrefatta e senza alcuna briciola di fascino? Ero IL re dei ladri e il più famoso casanova del Regno Orientale! Ma come?! non avete mai sentito parlare di me? di Elejad Dertoboild soprannominato “la mano di seta”?
Vedete è come vi dicevo prima; vivete vite monotone, senza sfumature, senza colori, senza avventure! Non sapete che mondo c’è al di fuori delle vostre mura domestiche o nel cubicolo del vostro ufficio dove vi rinchiudete ogni giorno!
<Sospira>
Va bene, d’accordo, sarò anche giù di morale e anche un pochetto nervoso per via di questa mia “condizione”, però non vedo il motivo di non raccontarvi le mie mirabolanti gesta che mi hanno reso la celebrità che sono tutt’ora, anche da morto!
Bene dove posso incominciare…allora. Ah si! La meravigliosa città di Baraji’hat, fulcro del commercio Orientale, la prima megalopoli del regno d’Oriente. Luogo dove le spezie più pregiate, l’oro e i gioielli, scorrevano come un fiume impetuoso, senza sosta. Giorno e notte. Abitato da più di 30 milioni di individui appartenenti ad ogni tipo di classe sociale, e io ovviamente, miravo alla punta della grande piramide: al sultano della città, colui che, oltre a detenere il potere assoluto sulla città, possedeva ogni tipo di ricchezza che l’uomo potesse immaginare.
Lo ammetto: ero stufo di rapinare gioiellerie o persone facoltose. Per una persona del mio calibro era un gioco da ragazzi. Volevo di più, volevo sentire il brivido di qualcosa di più pericoloso. Volevo compiere qualcosa di audace che mi potesse dare una grande fama! Non che non ne avessi, sia chiaro, ma rapinare il sultano di Baraji’hat è un’impresa da pochi e io ero il solo che potevo affrontarla con successo.
<Un centopiedi fuoriesce dall’orbita oculare per infilarsi nel’osso nasale. Sembra non accorgersene.>
La posta in gioco era molto alta, rischiavo la decapitazione o di essere tirato con quattro funi da dei cavalli nel mezzo del deserto per poi vedere i miei brandelli di carne sparsi qua e là, ma i tesori che si celavano nelle sue stanze erano immensi! Neanche Re Mida se avesse avuto 50 vite sarebbe riuscito ad ottenerne così tanto.
Avevo un’informatore a corte: Shazir si chiamava. Misteriosa come una rosa dei venti, sensuale come una Dea della primavera e aveva due seni talmente prosperosi che…bè avete capito.
Ci incontrammo una sera, in un vicolo poco distante dal palazzo reale. Mi disse che il mattino successivo sarebbero arrivate delle carovane dalle lontane terre del Nord, scortate da un plotone di guerrieri armati fino ai denti. Non sapeva che cosa trasportavano, ma la scorta mi fece pensare a qualcosa di grosso, molto grosso.
Il mattino successivo tutte le strade della città che portavano al palazzo imperiale vennero chiuse per il passaggio delle misteriose carovane. Mi mascherai tra la folla che era accorsa curiosa: erano sette enormi carri, alti più di tre metri con giganteschi intarsi di metallo che raffiguravano strane creature che si azzannavano tra loro, trainate da grosse bestie simili a dei tori con delle lunghe corna bianche affusolate. Le guardie erano compeltamente corazzate della testa ai piedi.
Dal loro elmo un ciuffo rosso cremisi sventolava mosso dal vento.
Come abbiano fatto ad attraversare il deserto così conciati non sono riuscito a comprenderlo tutt’ora.
Di tutte quelle carovane una in particolare mi colpii: era la quinta, un po’ più piccola rispetto le altre. Delle pesanti tende coprivano il suo interno ma una folata di vento ne scoprì il contenuto; un baule e una statua di marmo bianchissimo che reggeva una piccola daga d’oro, dal manico costellato di diamanti, rubini e smeraldi.
E’ stato amore a prima vista! Quella daga doveva essere mia!
Arrivò la sera.
Una enorme luna era come adagiata sul tetto del palazzo imperiale. Non una notte perfetta per compiere una rapina ma dovevo agire prima che il carico fosse portato nelle segrete del palazzo ed essere poi successivamente sigillato al suo interno.
Per scavalcare le alte mura di cinta raggiunsi il tetto di un palazzo adiacente al palazzo imperiale. Lanciai un rampino su di una palma che si trovava al di là delle alte mura e con l’aiuto di una piccola ruota, che posizionai sopra la fune, scivolai silenziosamente all’interno delle mura.
Atterrai come un felino sopra il soffice prato fiorito del cortile che inaspettatamente era deserto.
In sottofondo si sentivano le risate e i brindisi dei commensali provenire dalla grande sale dei ricevimenti.
Quatto quatto mi diressi verso una porta posteriore che dava per le cucine e…e poi. Si poi…non era la porta del bagno? No aspettate, fatemi fare mente locale.
Allora lancio la fune, mi ci arrampico, finisco in giardino e poi vado verso una porta. Si ma quale? Ce ne sono tante in un palazzo imperiale.
Che io ricordo quella della cucina dava proprio nel giardino Est, ma io ero a Sud, quindi non poteva essere quella della cucina.
<Momento di silenzio e di considerazioni personali. Poi la rivelazione.>
Ora ricordo! All’improvviso non sentii più il braccio sinistro, anzi non c’era proprio era come scomparso. Ricordo anche una violenta fitta sulla testa. Poi…più nulla. Solo una vaga sensazione di essere caduto a terra e un’alta figura scura davanti a me.
<Un’altro momento di silenzio. Si osserva in giro attonito.>
Dannazione! Ecco come sono finito in questo posto dimenticato da Dio!
Se l’avessi saputo, accidenti a me, non sarei morto!
Immagino cosa stiate pensando in questo momento: tutti prima o poi dobbiamo morire, è […]
- Tratto da Biografia di un morto polemico, rozzo e smemorato (lunsu.wordpress.com)